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15.12.2024

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La religiosità di Mario Luzi
31 Gennaio 2014

La religiosità di Mario Luzi

 

 

Tra i più grandi poeti italiani del ‘900, il suo cristianesimo (non esente da tinte panteistiche) è la strada per la ricerca del senso della vita. La poesia dev’essere fedele alla verità, connettere l’uomo e Dio, e farsi profeta di Cristo, che è il senso del mondo e la Parola di Dio.

 

 

Il 28 Febbraio 2005 all’età di 90 anni è morto a Firenze Mario Luzi (nato a Città di Castello nel 1914), uno dei più grandi poeti italiani del ‘900, a cui, per quasi unanime consenso, sarebbe spettato quel Nobel per la letteratura che indegnamente venne assegnato a Dario Fo (probabilmente per il suo anticattolicesimo militante).
In un secolo in cui è difficile per la letteratura dare risposte all’uomo, credo che Luzi possa essere un esempio del tentativo nobile di cercare il senso della vita. La figura del poeta Luzi non è scindibile da quella dell’uomo Luzi. La sua ricerca della parola poetica non è fine a se stessa, ma volta alla riscoperta della parola poetica come legame inscindibile tra l’uomo e la realtà, tra l’uomo e Dio e quindi, nell’ultimo Luzi, tra l’umanità e Dio.
Luzi entra in contatto nei primi anni ’30 con il gruppo degli Ermetici (Ungaretti, Bo, Macrì) con i quali condividerà una parte sostanziale della propria produzione poetica (basti pensare a La Barca, Avvento Notturno, Un Brindisi) ma soprattutto del proprio pensiero. Da questi si allontanerà nei primi anni ’40. Perché questo allontanamento? Luzi si rende conto che gli ermetici, legati all’esperienza simbolista francese e alla filosofia platonica (da lui stesso studiata ampiamente), optano per una poesia le cui parole evocano sensazioni, realtà poco definite e inaccessibili.
Negli anni ’50 la svolta: l’esperienza della guerra, la riscoperta di Dante e l’approfondimento del pensiero agostiniano sono le molle d’azione del «Secondo Luzi». Da Sant’Agostino Luzi ricava l’idea che l’uomo acquista la sua identità nei rapporti intersoggettivi.
Si va radicando in lui l’idea che la verità della realtà esista a prescindere dal pensiero umano «il tempo adduce e porta via le forme, / il tempo ci dà vita e ci distrugge / mentre immobile vigila l’essenza» e ancora «Non ha importanza chi sia / l’autore della vita, / la vita è anche il proprio autore. / La vita è». Anche il poeta acquista la sua identità in rapporto col mondo esterno. La parola poetica non crea la realtà ma la descrive fedelmente. Attraverso la grande esperienza di Dante, Luzi si addentra sempre più nella realtà. Il recupero di Dante e Sant’Agostino gli consente di ridefinire la sua concezione di cristianesimo. Questo, che nei primi anni della sua vita e su esempio della madre è definito come carità, cede il passo a un cristianesimo che invece sia «attesa», interrogazione, ricerca del senso della vita. Luzi si interroga sul significato della vita, del dolore, della sofferenza; egli sente viva la lotta tra bene e male, tra principio, fine e perennità. Egli si addentra nel magma, nella vita sondata in tutti i suoi aspetti perché proprio nella quotidianità è possibile recuperare il senso profondo della vita. E così anche la parola del poeta tende alla definizione della realtà: «vola alta parola, cresci in profondità, / tocca nadir e zenit della tua significazione». È emblematica l’interessante raccolta del 1985: Per il battesimo dei nostri frammenti. Il titolo dà immediatamente l’idea dell’ultimo Luzi: i molteplici aspetti della realtà sono ricomposti in unità dal battesimo del mondo operata da Cristo con la Sua Morte e Resurrezione: «la Resurrezione è la più travolgente risposta cristiana alle angosce dell’uomo». L’esergo della raccolta si apre con il passo del Vangelo di San Giovanni: «In lei [la parola] era la vita; e la / vita era la luce degli uomini». Riprendendo il significato etimologico della parola Logos, Luzi si rende conto che esso indica sia il senso del mondo, la ragion d’essere, sia la Parola. Chi, se non Cristo, ha potuto accogliere su
di sé entrambe le accezioni del termine? Cristo è il senso della storia, Egli è la parola del Padre, è il Verbo. In un interessante saggio del 1953, Gesù e la parola, Luzi sottolinea che Cristo mai ha usato la menzogna, strumento infatti del Maligno, ma si è servito della parola nel suo significato pieno: egli con parabole ammaestrava e mostrava le cose ultime. Inoltre anche il conflitto, la lotta, è superato da Cristo con la sua Morte e Resurrezione.
Solo riflettendo su Cristo, senso e Verbo, si può capire il ruolo dato al poeta all’interno della concezione luziana. La parola luziana si fa preghiera e il suo pensiero interrogazione sulla fede. Il poeta ha ormai perso i tratti del demiurgo poeta simbolista per riconoscersi profeta: la parola poetica e la parola dell’uomo devono farsi manifestazione del mistero del mondo, del mistero del Cristo. Il poeta si fa testimone, custode della realtà attraverso lo strumento della parola. Luzi riprende l’immagine paolina del profeta: il profeta parla agli uomini per la loro edificazione e conforto. Il profeta si riconosce dipendente dalla Voce di un Altro, dalla Verità del Cristo.
Detto questo, dobbiamo però sottolineare che Luzi rimane estraneo all’accettazione piena del cristianesimo. La sua ricerca incessante non lo porta a un approdo definitivo. Egli non si definisce pertanto poeta cattolico, ma solo poeta cristiano (del cristianesimo apprezza valori quali la carità, la ricerca di senso). Il suo cristianesimo inoltre subisce l’influsso del pensiero del filosofo francese Teilhard de Chardin, il quale ha su di lui un ruolo fondamentale. Luzi recupera l’idea panteista che lo porta inevitabilmente a considerare di pari natura la realtà e Dio, senza quindi vedere un rapporto di creaturalità della prima rispetto al Secondo. In Cristo riconosce la sintesi, l’evento sommo che ha dato significato alla storia, ma da qui non deriva un accettazione umile del proprio essere creatura e quindi del Suo messaggio globale.
Vediamo dunque che, in un periodo storico di grande relativismo, Luzi ha vissuto tutta la sua esistenza nella ricerca della verità e nell’accettazione di questa verità come apertura al Mistero. Egli, come disse l’Arcivescovo di Firenze Antonelli in occasione dei funerali del poeta fiorentino il 2 marzo scorso, «ha vissuto la sua esistenza come passaggio attraverso situazioni sempre nuove, viaggio spirituale in compenetrazione con la storia comune del genere umano e con tutto l’universo». Egli alla fine della sua vita ha riconosciuto che anche la sua morte ha senso perché «un altro, / solo un altro potrebbe fare il resto / e il più: consumare quelle spoglie, /mutarle in luce chiara, incorruttibile».

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«Pasqua, ora, nuovamente, / festosa pigolante / negli alberi del mondo, / fredda / ruvido-erbata / qui, ma erompe / in chiarità, / tempra in azzurro / ed ametista / la lontananza delle sue / colline.
Non è fuga quella / laggiù all’orizzonte / e neppure inseguimento. S’apre / a sé risorta / la terra dopo il gelo / e dopo il travaglio, / si corre incontro, da sé / a sé e si estende in un abbraccio / avido alla sua infinità / o corre in quella linea / l’onda / leggera e travolgente / della resurrezione, si propaga, / trabocca la sua vinta angoscia, / e la riconsacrata sua potenza?»
[Mario Luzi, da Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, in Idem, Opera Poetica, Meridiani, Mondadori 1998, p. 1121]

Bibliografia

Testi di Luzi
La passione di Cristo. Via crucis al Colosseo. Poema scritto per la via crucis celebrata dal s. Padre al Colosseo il venerdì santo 1999, Garzanti                                     1999.
Per il battesimo dei nostri frammenti, I Meridiani, Mondadori 1998.
L’inferno e il Limbo, Il Saggiatore 1964.
Guida all’interpretazione di Raffaello Sanzio, in Prima semina, Mursia 1999.
Il silenzio, la voce, Sansoni 1984.
Testi su Luzi
Giorgio Mazzanti, Dalla metamorfosi alla trasmutazione: destino umano e fede cristiana nell’ultima poesia di Mario Luzi, Bulzoni 1993.
Anna Maria Biscardi, Mario Luzi note di vita dall’archivio della memoria, Edizioni Polistampa 2005.

IL TIMONE – N. 45 – ANNO VII – Luglio-Agosto 2005 – pag. 54-55

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