Monsignor Suetta, vescovo di Ventimiglia-San Remo: «Il dogma, definito nel II Concilio di Costantinopoli del 553, secondo alcune correnti teologiche avrebbe solo valenza simbolica. Non è così: è una realtà concreta che fonda e rafforza la nostra fede»
«Il dogma della verginità di Maria per gli uomini d’oggi non solo conferma la divinità di Cristo come dato indispensabile per riconoscere in Lui il Figlio di Dio, ma corrisponde al cuore intimo della fede ed è essenziale per la salvezza». Parola di monsignor Antonio Suetta, mariologo, nonché il più giovane vescovo d’Italia. Classe 1962, da gennaio per volere di Papa Francesco guida la Diocesi di Ventimiglia- San Remo. Gli abbiamo chiesto come e perché è nato il dogma della Verginità perpetua.
«Il dogma ha radici sufficientemente esplicite nei testi evangelici, in particolare i cosiddetti “vangeli dell’infanzia”, che sono i primi capitoli di Matteo e di Luca; senza dimenticare riferimenti interessanti anche nel prologo del vangelo di Giovanni, dove almeno due passaggi sono riconducibili al concepimento verginale e pure alla modalità verginale del parto. Per questa ragione, la Chiesa ha ritenuto fin dal principio che Maria avesse concepito e partorito Gesù in condizioni di perfetta integrità fisica e che fosse rimasta vergine per tutta la sua vita, anche dopo il parto di Gesù. La verità di fede definita come dogma risale al II Concilio di Costantinopoli del 553, in cui Maria fu dichiarata la “sempre vergine”, dottrina ancora ribadita e precisata nel Concilio Lateranense del 649. La motivazione storica dell’esplicitazione magisteriale della verginità di Maria è da ricondurre alle controversie teologiche sulla dottrina trinitaria e cristologica dei primi secoli di vita della Chiesa. Il prezioso lavoro di quel periodo, così significativo per lo sviluppo dogmatico, ha avuto come tema principale la vera divinità e la vera umanità di Cristo in risposta a molteplici eresie sull’argomento. La Chiesa in quel travagliato e fecondo contesto ha imparato a trasferire il messaggio di fede dal tipico linguaggio biblico ed ebraico a un nuovo orizzonte culturale, segnato dalla filosofia e dalla lingua greca, e ha prodotto una magnifica sintesi, coniando anche una nuova terminologia per trasmettere integro, senza riduzioni o svisamenti, il deposito della fede. In questo passaggio risplende il vero concetto di “tradizione” che significa trasmettere appunto, senza tradire».
Il dogma afferma che Maria, madre di Gesù, è sempre rimasta vergine, prima, durante e anche dopo il concepimento del Figlio. Come si spiega?
Certamente il nucleo essenziale del dogma, che d’altronde risulta quello evangelicamente più evidente, è il concepimento verginale. Tanto Matteo quanto Luca affermano in modo inequivocabile che quello che è generato in Maria dipende dall’opera dello Spirito Santo; e tale incontrovertibile affermazione ha lo scopo principale di affermare la vera e piena divinità di Cristo. L’estensione della verginità all’evento del parto rappresenta un’ulteriore sottolineatura della divinità di Colui che è nato da Maria in vera carne umana con un riferimento particolare, sotto il profilo esegetico e teologico, alla risurrezione di Cristo, simbolicamente richiamata come mistero nel parto verginale. Anche la verginità “dopo il parto”, affermata nell’insegnamento magisteriale della Chiesa, contiene un importante riferimento alla divinità di Cristo, questa volta in prospettiva escatologica come realtà definitiva, assumendo una forte valenza esemplare sotto il profilo spirituale.
ll dogma comprende pure la Virginitas mentis e la Virginitas sensus: Cosa sono?
Accanto alla Virginitas corporis, che corrisponde all’affermazione dell’integrità fisica nei tre momenti (prima, durante e dopo il parto), troviamo nella tradizione ecclesiale e soprattutto patristica un riferimento abbastanza marcato e costante agli aspetti della Virginitas mentis et sensus. Tali termini suppongono una decisione volontaria di Maria di rimanere vergine e il suo essere preservata dagli impulsi disordinati della concupiscenza sessuale. Sant’Agostino, ad esempio, ipotizza un voto formale di verginità di Maria; e non è il solo nella tradizione più antica. I due ulteriori aspetti richiamati, oltre al singolare approfondimento antropologico e teologico, costituiscono uno sviluppo interessante del tema della verginità di Maria contestualizzato nella tradizione biblica e nel suo ambiente storico; ritengo però che non rientrino formalmente nella definizione dogmatica che ha come contenuto essenziale l’integrità fisica.
Il dogma della Verginità di Maria è fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, eppure alcune interpretazioni del Nuovo Testamento lo mettono in discussione. Come mai?
Credo dipenda dalla prospettiva con cui si accostano i testi evangelici e dal valore di storicità a esso attribuito. Se da un lato è pacifico che il carattere storico dei Vangeli non vada inteso secondo una visione contemporanea di storiografia e ancor meno di cronaca, dall’altro occorre riaffermare che i loro contenuti hanno una valenza realmente storica, che, come espressamente richiamato dallo stesso evangelista Luca, ha lo scopo di fondare e testare «la solidità degli insegnamenti» (Lc 1,4). Il genere letterario “vangelo” ha caratteristiche uniche, che vanno considerate nella loro specifica originalità soprattutto tenendo conto della formazione, del loro carattere tipicamente kerigmatico e del loro nucleo essenziale: i racconti della passione, morte e risurrezione di Gesù. Chiaramente il racconto evangelico, fondato sulla testimonianza diretta di chi ha incontrato Gesù o ha raccolto la testimonianza degli apostoli e degli altri discepoli, è sempre illuminato e caratterizzato dall’esperienza fondante e determinante della risurrezione, che ha dato nuova e definitiva comprensione agli avvenimenti accaduti in precedenza e narrati, secondo schemi teologici differenti, dai quattro evangelisti. La necessità di considerare doverosamente questi dati, e tutti gli aspetti ad essi correlati, hanno indotto alcuni esegeti o intere scuole di pensiero a ritenere puramente simbolici e inventati i racconti, in special modo quelli dell’infanzia di Gesù, piegando la vera natura del Vangelo a forme di preconcetto e precomprensione derivanti da presupposti ideologici riduttivi e teologicamente errati. In questo fuorviante contesto, l’affermazione della verginità di Maria è ridotta a semplice espressione simbolica, snaturando la portata dei testi e l’evidente intenzione dell’autore sacro che, pur nel linguaggio tipico evangelico, intende dare un riscontro fondato alle notizie.
Che cosa dice il dogma della Verginità di Maria ai cattolici di oggi?
Ribadito che le proposizioni dogmatiche, espressione tipica del magistero autorevole e infallibile della Chiesa, sono al servizio della verità e di quell’aspetto che riconduciamo alla indefettibilità della Chiesa, che per volontà di Cristo è innanzitutto infallibile nel credere, la conservazione e la trasmissione integra della dottrina della fede sono elementi essenziali e determinanti per la missione della Chiesa stessa: effettivamente, gli interventi del magistero infallibile garantiscono la vita della Chiesa nella fedeltà al suo Signore e al “deposito” ricevuto e lo fanno con quel carisma di infallibilità che la Chiesa possiede anche nell’insegnare da parte di coloro che ne hanno ricevuto il compito (Papa e Vescovi, nelle forme e modalità note e definite). Il dogma della verginità di Maria per gli uomini d’oggi non solo ribadisce ancora la divinità di Cristo come dato indispensabile per riconoscere in Lui il Figlio di Dio, Verbo incarnato e vero Salvatore; tale convinzione dottrinale corrisponde al cuore intimo della fede ed è essenziale per la salvezza. La verginità di Maria costituisce un imprescindibile riferimento di tipo antropologico che, assolutamente prezioso per i credenti, è di grande forza e impatto culturale per tutti. I temi spirituali legati alla concezione della vita come vocazione, missione e disegno di Dio; la prospettiva escatologica che riconduce l’uomo a dimensioni più profonde per comprendere il mistero dell’esistenza umana; le conseguenze di valore che ne derivano per il grande compito educativo a livello familiare e sociale; l’orizzonte interpretativo della vita umana, che va al di là della pura materialità e delle logiche consumistiche della nostra epoca, fanno di questa verità un punto di riferimento quanto mai utile ed efficace per una riflessione più approfondita su molteplici tematiche esistenziali e delineano una trama della vita intesa come risposta e affidamento.
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