Per san Tommaso, la ragione umana è in grado di cogliere certe verità fondamentali. Sulla esistenza di Dio e sull’uomo. Tutto il contrario della “dittatura del relativismo” che oggi, purtroppo, impera
A Gesù che diceva di essere venuto «a rendere testimonianza alla verità», Ponzio Pilato rispose dicendo che non c’è alcuna verità. Noi oggi dobbiamo essere scettici come Pilato, oppure possiamo essere certi di qualcosa? E, soprattutto, possiamo riconoscere come vera la parola di Dio?
A queste e altre domande risponde in modo illuminante la dottrina di san Tommaso sulla conoscenza, che svolge una originalissima e coerente speculazione filosofica al servizio della fede. San Tommaso, infatti, è un teologo (il più grande e autorevole teologo della Chiesa), ma la sua filosofia non perde per questo il suo carattere di autentica ricerca scientifica e razionale. Le ragioni filosofiche che Tommaso espone a favore delle verità della fede cattolica servono alla fede e alla teologia proprio per il fatto che sono consistenti in se stesse, ossia colgono adeguatamente quegli aspetti della verità (sul mondo, sull’uomo, su Dio, sul bene/male, ecc.) che l’uomo riesce a “vedere” con gli “occhi” della ragione naturale. Come ha riconosciuto anche il teologo Chenu, la grandezza teologicadi san Tommaso sta soprattutto nell’aver stabilito in modo definitivo il metodo specifico della teologia come scienza. Egli ha chiarito che la teologia consiste nell’impegno e nell’attività attraverso cui l’uomo cerca di capire tutto ciò che è possibile capire dei misteri soprannaturali rivelati da Dio e accolti dalla Chiesa con la fede.
Grazie alla sua opera teologica, basata sia sulla fede soprannaturale sia sull’uso corretto della ragione naturale, Tommaso d’Aquino è stato riconosciuto dalla Chiesa come “doctor communis” (maestro universale di dottrina cattolica). Io penso che lo si potrebbe anche designare come il “doctor veritatis” (maestro di verità), e questo per i due seguenti motivi.
1. Perché ha saputo definire in modo insuperabile che cosa sia la percezione della verità da parte dell’uomo con la formula «adaequatio intellectus ad rem», adeguazione dell’intelletto alla cosa conosciuta, alla realtà: infatti, dire che «l’affermazione di Tizio è vera» significa dire che quello che Tizio ha in mente è conforme alla realtà, ossia c’è perfetta corrispondenza tra ciò che egli pensa e dice di una certa cosa e ciò che quella cosa effettivamente è.
E Tommaso dimostra che ogni uomo può avere una ragionevole certezza almeno riguardo alle cose della sua esperienza immediata e a quelle che può dedurre con il ragionamento. Lo scetticismo è dunque irragionevole: nello stesso momento in cui afferma che l’uomo non può conoscere nulla con certezza, lo scettico sta affermando di aver conosciuto con certezza la reale situazione dell’uomo, quindi si contraddice.
2. Perché ha chiarito in modo altrettanto insuperabile il rapporto tra la ragione naturale e la fede soprannaturale. Tommaso dice che le verità fondamentali della ragione umana sono denominate «praeambula fidei», ossia condizioni di possibilità, ossia presupposti, perché l’uomo possa accettare i misteri soprannaturali rivelati (per esempio la Trinità e l’Incarnazione). La più importante di queste verità accessibili alla ragione senza bisogno della fede è la verità sull’esistenza di Dio, dato che nessuno può credere in un Dio Uno e Trino se previamente non è convinto dell’esistenza di Dio, e dato che nessuno può credere che Dio si è fatto Uomo e che ci ha rivelato i misteri della nostra salvezza se non è già previamente convinto (indipendentemente dalla rivelazione divina) che Dio esiste. Per chi è convintamente ateo e materialista, per chi è convinto che Dio non esiste e che l’uomo non ha altra vita da vivere dopo quella biologica attuale, l’annuncio della «buona novella» di Cristo salvatore dell’uomo risulta una favola.
Ma la verità sull’esistenza di Dio non è l’unico preambolo della fede accessibile alla ragione attraverso argomenti (questi argomenti sono le cosiddette «cinque vie» che qui non posso ovviamente riportare), ma ce ne sono altri: ci sono anche le verità riguardanti l’uomo stesso, la prima delle quali è che ogni uomo ha un futuro dopo la morte corporale, e durante questa vita è libero di scegliere tra il bene e il male, motivo per cui ognuno avverte la propria responsabilità per il male commesso, si riconosce cioè peccatore e incapace di redimersi da solo, incapace soprattutto di ottenere da solo la salvezza eterna. Questa verità è un preambolo della fede perché ci porta ad accogliere Cristo come Colui che può liberare veramente l’uomo dal peccato e aprirgli le porte della vita eterna.
Così, il teologo, riflettendo sulla fede cristiana, deve saper riconoscere che essa ha dei presupposti accessibili alla ragione naturale, perché altrimenti l’atto di fede sarebbe illogico, irrazionale, non umano: o meglio, sarebbe una semplice accettazione esteriore. Questa dottrina tommasiana è sommamente utile per i credenti e addirittura indispensabile nel dialogo con i non credenti. Per i primi, Tommaso ha scritto quel capolavoro che è la monumentale Summa theologiae; per i secondi ha scritto il Libro sulla verità della fede cattolica, che alcuni malamente intitolano Summa contra Gentiles, come se si trattase di un libro polemico, mentre è solo il dialogo apostolico con chi ancora non crede al Vangelo però è in possesso di quelle verità naturali che sono appunto i «praeambula fidei», ossia le premesse logiche per riconoscere la razionalità delle affermazioni della fede cristiana.
Non è giusto dire che questa dottrina di Tommaso sia oggi “superata”: essa è invece fondamentale per comprendere anche oggi le ragioni e la verità della fede. Tutte le teorie teologiche che vorrebbero metterla da parte si basano su falsi presupposti filosofici e inoltre finiscono per riproporre dottrine eretiche più volte condannate dalla Chiesa. Non si dimentichi infatti che il Magistero ecclesiastico ha convalidato, a volte anche in modo solenne, la dottrina di Tommaso sui rapporti tra la ragione umana e la fede: con il Concilio ecumenico Vaticano I (1870), che ha formulato il dogma della conoscibilità razionale dell’esistenza di Dio e ha condannato sia il razionalismo che il fideismo teologico; con l’enciclica Aeterni Patris di Leone XIII (1879), e con l’enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II (1998). Il che significa che la Chiesa – unica interprete autorevole della Rivelazione e della Fede – ha riconosciuto che il modo con cui Tommaso d’Aquino ha illustrato teologicamente il rapporto tra verità naturale e verità soprannaturale è quello giusto, il solo che salvaguardi il dogma dalle false interpretazioni.
La dottrina tommasiana della conoscenza naturale ha come principio primo la verità che nasce in ogni uomo dall’esperienza (il “senso comune”). La prima verità dell’uomo è infatti l’esistenza delle cose del mondo, con la loro evidente finitezza e precarietà, e questa verità porta l’intelletto a intuire l’esistenza di Dio come fondamento (causa prima, fine ultimo) di tutto: infatti la filosofia convalida la certezza spontanea dell’esistenza di Dio attraverso un ragionamento rigoroso che san Tommaso ha formulato con le sue celebri «cinque vie». Il valore di questo ragionamento sta tutto nella solidità del punto di partenza, che per Tommaso è l’essere attuale delle cose, innegabilmente presenti alla nostra coscienza.
Questa saggia impostazione tommasiana del criterio della verità, che modernamente è stata chiamata “realismo”, costituisce anche oggi quella sapienza filosofica che smentisce i sofismi dello scetticismo (dal quale deriva, secondo Benedetto XVI, la «dittatura del relativismo»). Contro tutte le teorie (false) della conoscenza che negano la possibilità di qualsiasi certezza, occorre rivalutare quelle verità umane fondamentali che servono da “segni” per riconoscere la verità divina. Dio infatti, per dialogare con noi, ha fatto uso di parole umane: parole imperfette, certamente, ma ugualmente vere, e pertanto idonee a farci “vedere” Dio stesso, sia pure «come in uno specchio, nel mistero».
Antonio Livi, Tommaso d’Aquino. Il futuro del pensiero cristiano, Mondadori, 1997.
Antonio Livi, La ricerca della verità. Dal senso comune alla dialettica, Leonardo da Vinci, 2005.
Dossier: SAN TOMMASO D’AQUINO IL PIÚ GRANDE TEOLOGO E FILOSOFO DI SEMPRE
IL TIMONE N. 110 – ANNO XIV – Febbraio 2012 – pag. 36 – 37
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl