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14.12.2024

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La vita soprannaturale
31 Gennaio 2014

La vita soprannaturale

 

 

Dio ha un unico disegno sulla persona umana: la santità. Crea e ama l’uomo per ammetterlo alla sua stessa vita divina. Per questo Gesù chiede ai suoi discepoli di «essere perfetti come il Padre»

 

Creazione e vita soprannaturale
«In Cristo il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo » (Ef 1,4-5). Questo passo è un piccolo stralcio di un inno liturgico, già in uso nelle prime comunità cristiane, con il quale l’apostolo Paolo inizia la sua Lettera agli Efesini. Ci viene rivelato in questo modo che Dio ha un unico disegno sulla persona umana: la crea perché sia santa.
Anche all’inizio della rivelazione biblica è scritto: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). Essere immagine di Dio significa, infatti, non solo conoscere e amare in modo simile a quello con cui Dio conosce e ama, ma anche partecipare alla sua stessa vita. E ciò vale non solo per Adamo ed Eva, ma anche per ognuno di noi, perché ognuno di noi oggi è creato da Dio. Infatti, dobbiamo evitare di pensare che l’attività creatrice di Dio riguardi un passato più o meno remoto: creare significa dare l’essere e sostenere nell’essere le realtà che sono e che altrimenti scomparirebbero, cessando di esistere. Quindi, Dio crea e crea in modo continuo. La condizione per la quale io adesso sto scrivendo e tu stai leggendo consiste nel fatto che adesso Dio ci sta sostenendo nell’essere, cioè ci sta creando.
Ora, l’obiettivo in vista del quale Dio ci crea non può essere diverso da se stesso. Infatti, Dio non può agire per raggiungere un obiettivo diverso da sé: infatti, se Dio agisse per raggiungere un obiettivo distinto da sé, dopo la realizzazione di tale obiettivo sarebbe migliore rispetto alla sua condizione precedente, e ciò significherebbe che Dio è perfettibile, ma questo è in contrasto con la natura di Dio, che è assoluta e completa perfezione. Quindi, l’obiettivo per il quale Dio oggi ci crea è Dio stesso, cioè rendere noi partecipi di lui, della sua vita e delle sue perfezioni. È quanto abbiamo letto prima: ci crea «per essere santi» (Ef 1,4) perché la santità significa l’identità propria di Dio. Lo stesso Gesù chiama i suoi discepoli ad essere perfetti: «Voi siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48).
Nel Vangelo secondo Giovanni questo disegno di amore che Dio ha sull’uomo è espresso con il concetto di vita. Gesù dice apertamente di sé: «Io sono la vita» (Gv 14,6). E dice anche: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza » (Gv 10,10). Questa vita inizia credendo, cioè professando la fede in Gesù Cristo (Gv 11,23-26; 20,31) ed è alimentata e irrobustita dal pane di vita, cioè dall’eucaristia (Gv 6,35.51).

Dono soprannaturale, unica meta dell’esistenza
In altri termini, la vita, la perfezione o la santità in vista della quale Dio ci crea consiste nel partecipare alla sua stessa vita, cioè consiste nella grazia santificante. La vita soprannaturale è proprio questa. Ed è soprannaturale perché l’uomo non se la può acquistare con i suoi sforzi o le sue abilità. Conoscere che «2+3 è uguale a 5» è una conquista “naturale” dell’intelligenza umana, cioè proporzionata alle capacità umane. Mentre credere che «Gesù è vero uomo e vero Dio» è una conoscenza che supera le capacità umane (anche se non è un salto nel buio e ci sono motivi di credibilità), proprio come Gesù dice a Pietro: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né sangue né carne te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16,17). La fede in Cristo, con cui prende inizio in noi la vita soprannaturale, supera le nostre forze ed è unicamente un dono ricevuto dal Padre. E perché questo dono raggiunga la sua pienezza, cioè la gloria eterna, è necessario che io riceva e viva il dono con una consapevolezza e un amore, riconoscente e operoso, che siano proporzionati alle mie condizioni soggettive.
Per quanto sia un dono ricevuto unicamente da Dio, la vita di grazia o la santità è anche l’unico obiettivo dell’esistere. Dio crea e ama l’uomo per ammetterlo alla sua stessa vita divina. Dio non dà all’uomo un altro fine, alternativo alla vita divina, eppure tale vita divina resta sempre un dono puramente gratuito. Se l’uomo fallisce, perché non corrisponde al dono di Dio (rifiutando Dio o disprezzando i suoi doni), al termine del suo episodio terrestre entra in quella condizione di vita che abitualmente chiamiamo inferno, condizione di fallimento totale, quindi di tristezza e infelicità somma. Se invece corrisponde al dono di Dio e vi è amorevolmente fedele, allora al termine dell’esistenza storica entra in quella condizione di vita pienamente felice, che è la gloria eterna, e che abitualmente chiamiamo paradiso.
Sembra paradossale: la grazia e la gloria sono da un lato realtà che eccedono le capacità naturali dell’uomo, ma ogni uomo non sarà mai completo e perfetto senza di esse. È quello che i mistici chiamano nostalgia di Dio. Ed è quello a cui sant’Agostino alludeva nelle Confessioni: «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non riposa se non in te». Dio crea ogni uomo perché partecipi alla vita soprannaturale e l’uomo che non vi partecipa è come un pesce fuori dell’acqua, come scriveva santa Caterina da Siena. L’unico obiettivo che nell’attuale realtà storica e concreta è messo a nostra disposizione è la vita soprannaturale. La sua privazione si chiama o stato di peccato, se è in questa vita presente, o inferno, se si tratta della vita dopo la morte. Mentre il pieno sbocciare della vita soprannaturale non è altro che la gloria eterna.

Chiamata universale
La chiamata alla vita soprannaturale è universale, cioè riguarda tutti gli uomini di tutte le generazioni umane: «È piaciuto a Dio che per mezzo di Cristo e in vista di Cristo siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,19-20). Lo stesso apostolo Pietro nel suo discorso al sinedrio, cioè davanti alle stesse persone che avevano ordinato la crocefissione di Gesù, afferma l’unicità di Cristo: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4,12). Sì, stiamo dicendo che la chiamata riguarda proprio tutti gli uomini, anche i musulmani e i buddisti, anche quelli che sono vissuti prima di Cristo, perché tutti sono creati da Dio in Cristo che è «primogenito delle creature» (Col 1,15) e tutti sono chiamati alla riconciliazione con Dio, sono chiamati alla Chiesa corpo mistico di Cristo, alla salvezza eterna in Cristo che è il salvatore di tutti.
La chiamata alla vita soprannaturale riguarda ogni uomo perché la relazione di conoscenza e di amore verso Dio è costitutiva della stessa persona umana. E Dio darà a tutti la possibilità di rispondere a questa chiamata. A coloro che non hanno conosciuto Gesù Cristo – perché ad esempio sono vissuti prima o non sono stati raggiunti dalla predicazione del Vangelo e dalla vita della Chiesa – Dio dà dei mezzi di salvezza a noi ignoti, ma li dà sicuramente vista la sua volontà di ricapitolare tutto in Cristo (Ef 1,10). A noi che abbiamo la “fortuna” di conoscere Gesù Cristo e di essere la sua Chiesa, Dio dà dei mezzi infallibili che sono i sacramenti, che comunicano all’uomo la stessa vita di Gesù.

RICORDA

«La solennità di Tutti i Santi, che oggi celebriamo, ci invita ad innalzare lo sguardo al Cielo e a meditare sulla pienezza della vita divina che ci attende. “Siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato” (1Gv 3,2): con queste parole l’apostolo Giovanni ci assicura la realtà del nostro profondo legame con Dio, come pure la certezza della nostra sorte futura. Come figli amati, perciò, riceviamo anche la grazia per sopportare le prove di questa esistenza terrena – la fame e sete di giustizia, le incomprensioni, le persecuzioni (cfr. Mt 5,3-11) – e, nel contempo, ereditiamo fin da ora ciò che è promesso nelle beatitudini evangeliche, “nelle quali risplende la nuova immagine del mondo e dell’uomo che Gesù inaugura”». (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Milano 2007, 95). La santità, imprimere Cristo in sé stessi, è lo scopo di vita del cristiano». (Benedetto XVI, Solennità di Tutti Santi, 1 novembre 2010).

PER SAPERNE DI PIÚ…

Giacomo Biffi, Il primo e l’ultimo: estremo invito al cristocentrismo, Piemme, 2003.
Giorgio Maria Carbone, L’uomo immagine e somiglianza di Dio, ESD, 2003.

IL TIMONE  N. 107 – ANNO XIII – Novembre 2011 – pag. 50 – 51

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