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13.12.2024

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La Voce del Magistero. Pontefici santi
2 Aprile 2014

La Voce del Magistero. Pontefici santi

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sull’altare il 27 aprile, Domenica della Divina Misericordia. Canonizzati insieme, sulla scia di una enorme devozione del popolo cristiano

In questo mese vengono contemporaneamente canonizzati due Pontefici, relativamente recenti e vicini fra loro nel tempo, che hanno governato la Chiesa nel XX secolo con l’eccezione dei primi cinque anni del XXI secolo: Giovanni XXIII dal 1958 al 1963, Giovanni Paolo II dal 1978 al 2005. Un’analisi comparata dei due pontificati, molto diversi ma con tratti effettivamente molto simili, necessita un breve inquadramento storico, soprattutto a beneficio dei molti giovani cresciuti durante il lungo pontificato di Papa WojtyÅ‚a, che per evidenti ragioni poco conoscono del pontificato polacco e certamente non hanno coscienza del pontificato del “Papa buono”.
La Chiesa cattolica, e il suo Capo invisibile Gesù Cristo, svolge la sua opera per salvare le anime all’interno di specifici tempi storici, che la condizionano perché la costringono a indagare le caratteristiche del tempo per adeguare a esse i metodi dell’apostolato: una cosa, infatti, era evangelizzare un contadino del XIX secolo, altra è rivolgersi a un cittadino del secolo successivo. Entrambi sono persone, hanno un’anima immortale e identica natura, ma il modo di porgere loro il messaggio del Salvatore deve necessariamente tenere conto delle loro grandi differenze culturali.

Due Papi diversi
Giovanni XXIII diventa Papa il 4 novembre 1958 succedendo a Pio XII. Le diversità fra i due Pontefici sono evidenti, nello stile soprattutto, cioè nel modo di entrare in comunicazione con le persone. I media costruiranno leggende su questa diversità, dandole una lettura ideologica che non seppe mai tenere conto di che cosa è la Chiesa. Il modo di leggere le vicende interne alla Chiesa secondo questi schemi condizionò gli anni successivi, in particolare il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965), come ha ricordato Benedetto XVI in uno dei suoi ultimi discorsi prima del ritiro, il 14 febbraio 2013. C’è stato così il Concilio dei documenti approvati dai Padri e quello dei media, molto diversi fra loro, e la pressione dei mezzi di comunicazione è continuata fino a oggi, anzi è aumentata. È frequente incontrare persone, anche colte, che giudicano le vicende della Chiesa senza conoscere l’insegnamento dei Pontefici, o conoscendolo in modo approssimativo. Avviene così che si interpretano i discorsi del Papa attraverso gli articoli de la Repubblica o di qualche giornale di impronta laicista.
La prima enciclica di papa Giovanni Qualcosa del genere avvenne con il pontificato di Giovanni XXIII. Vorrei allora rileggere le parti salienti della prima enciclica (Ad Petri cathedram) di Papa Roncalli, quella che normalmente è considerata programmatica, e inviterei a farlo con molta semplicità, con l’atteggiamento che sempre dovrebbe avere il fedele nei confronti del Magistero pontificio, cioè di accoglierlo per poterlo trasmettere.
La prima preoccupazione del Papa è quella della verità: «Di tutti i mali che, per così dire, avvelenano gli individui, i popoli, le nazioni, e così spesso turbano l’animo di molti, causa e radice è l’ignoranza della verità. E non l’ignoranza soltanto, ma talvolta anche il disprezzo e uno sconsiderato disconoscimento del vero. Di qui errori d’ogni genere, che penetrano negli animi e si infiltrano nelle strutture sociali, tutto sconvolgendo con grave rovina dei singoli e dell’umana convivenza».
La battaglia per la verità, secondo il vescovo di Roma, deve avvenire anche per mezzo della stampa e forse, nell’ottica di quanto riferivo precedentemente, è proprio in questo settore su cui bisogna particolarmente insistere: «Alla stampa cattiva e menzognera bisogna contrapporre quella buona e verace. Alle trasmissioni della radio e agli spettacoli cinematografici e televisivi, fatti strumento di errori e di corruzione, bisogna contrapporne altri a difesa della verità e del buon costume» (ibidem).
La verità è la condizione, afferma il successore di Pietro, per raggiungere l’unità fra i cristiani, ma anche fra tutto il genere umano: «Tutti sanno che il divino Redentore ha fondato una società che dovrà conservare la sua unità fino alla fine dei secoli: “Ecco, io sono con voi fino alla consumazione dei secoli” (Mt 28,20)» (ibidem). La Chiesa cattolica, fondata per portare ogni uomo verso l’abbraccio finale con il Salvatore, coltiva anche «la dolce speranza che finalmente tutte quelle pecorelle che non sono di questo ovile sentano il desiderio di farvi ritorno» (ibidem).
Per questo fine, Giovanni XXIII ha voluto convocare il Concilio, il cui scopo principale «sarà di promuovere l’incremento della fede cattolica, e un salutare rinnovamento dei costumi del popolo cristiano e di aggiornare la disciplina ecclesiastica secondo le necessità dei nostri tempi» (ibidem).
Il Concilio, come ribadirà l’11 ottobre 1962 aprendone i lavori, ha lo scopo di fare penetrare nei fedeli un atteggiamento missionario nei confronti del mondo, invitandoli a rivolgersi anche a coloro che hanno perso la fede o non l’hanno mai avuta. Ma accanto alla prospettiva missionaria, vi è anche quella legata al ristabilimento dell’unità con le altre comunità cristiane, l’ecumenismo, come papa Giovanni ricorda sempre nell’enciclica: «Siffatta unità, venerabili fratelli e diletti figli, che, come abbiamo detto, non deve essere qualcosa di evanescente, incerto e labile, ma di solido, stabile e sicuro, se manca alle altre comunità di cristiani, non manca certo alla Chiesa cattolica, come può facilmente vedere chi attentamente la osservi. Infatti questa unità si fregia di tre note distintive: l’unità di dottrina, di regime e di culto» (ibidem).
La Chiesa, tuttavia, non è e non deve diventare una caserma; in essa rimangono ampi spazi di libertà su temi che non compromettono l’identità cristiana e sui quali il Magistero lascia libertà, perché «come notava il celebre scrittore inglese cardinale John Henry Newman, tali dispute non rompono l’unità della Chiesa».

La prima enciclica di Giovanni Paolo II
La prima enciclica di papa Giovanni sorprende per lo spirito missionario che la caratterizza, anticipando quello stile che entrerà nel modello pastorale della Chiesa latina con il pontificato di Giovanni Paolo II e la strategia della “nuova evangelizzazione”. Quando Papa WojtyÅ‚a viene eletto Pontefice, il 16 ottobre 1978, sono passati 20 anni dall’insediamento di papa Roncalli. Vent’anni ricchi di avvenimenti epocali, come il Concilio, la rivoluzione culturale del Sessantotto e la pubblicazione, proprio nel 1968, dell’Humanae vitae sotto il pontificato di Paolo VI e la conseguente contestazione dei contenuti del testo da parte sia del mondo esterno sia di molte comunità cattoliche, con relativi pastori.
Anche di Giovanni Paolo II probabilmente pochi ricordano la sua prima enciclica Redemptor hominis (4 marzo 1979). Essa esprime il desiderio dell’unità fra i cristiani, un punto irrinunciabile, come scrive il nuovo Pontefice in modo perentorio, affermando che non è lecito ai cristiani non perseguire la via indicata dal Concilio per ricomporre le ferite delle divisioni. Il Vaticano II, così come viene presentato in questa prima enciclica, appare subito molto diverso da come i media lo avevano presentato e ricalca invece quanto, in questa prospettiva, aveva fatto a Cracovia come arcivescovo. Un Concilio, quello di WojtyÅ‚a, che riflette le ambizioni e le speranze della prima enciclica di papa Roncalli, inteso anzitutto a restituire ai cristiani la fierezza di esserlo, aiutandoli a uscire dal complesso d’inferiorità verso la cultura dominante nel mondo contemporaneo. In questo soprattutto papa Giovanni Paolo II sarà un grande maestro.
Il missionario, spiega Giovanni Paolo II, non distrugge ma valorizza ciò che si trova di fronte, eliminando o criticando il falso, ma senza dimenticare che «La missione non è mai una distruzione, ma è una riassunzione di valori e una nuova costruzione, anche se nella pratica non sempre vi è stata piena corrispondenza a un ideale così elevato. E la conversione, che da essa deve prendere inizio, sappiamo bene che è opera della grazia, nella quale l’uomo deve pienamente ritrovare se stesso».
Consapevole degli ostacoli che le forze del male oppongono alla diffusione missionaria del Vangelo, anche per la sua terra di provenienza, Giovanni Paolo II imposterà la sfida ai regimi comunisti nei primi anni di pontificato sempre invitando i popoli soggiogati non a ribellarsi apertamente, ma a ritrovare le radici originarie della cultura che il regime aveva cercato di eliminare. Come si sa, darà un contributo importante alla caduta del Muro di Berlino nel 1989, così come contribuirà, nel periodo successivo, fino al 2005, a continuare la nuova evangelizzazione del mondo occidentale, liberato dall’incubo del comunismo, ma profondamente sottomesso alla seduzione del relativismo, cioè ostile a quella verità che, vent’anni prima, Giovanni XXIII aveva posto in cima alle priorità della sua enciclica.


DA NON PERDERE

Quando divenne Papa, nel 1978, pochi conoscevano questo cardinale polacco che riuscì a conquistare la simpatia di molti rivolgendosi alla folla di piazza San Pietro in modo molto diretto, ricordando come i cardinali avevano “chiamato il nuovo vescovo di Roma” da un paese lontano, quasi a segnare la novità, che tutti notarono, di un Pontefice non italiano e proveniente da un Paese oltre la Cortina di ferro.
Il mondo era allora nell’epoca della Guerra fredda, che contrapponeva il mondo comunista equello occidentale. La “Chiesa del silenzio” perseguitata nei Paesi comunisti adesso aveva chi parlava per lei e Giovanni Paolo II contribuì in modo importante alla caduta del Muro di Berlino, nel 1989, che segnò l’inizio della fine del socialismo reale.
Nella seconda parte del pontificato, dal 1989 al 2005, avrebbe concentrato l’azione della Chiesa nella nuova evangelizzazione, per restituire la speranza sia ai popoli “sazi e disperati” dell’Occidente, sia a quelli che uscivano dalla tragedia dell’esperienza del totalitarismo. Il libro di Marco Invernizzi non è una nuova biografia ma vuole introdurre il lettore nel Magistero del Papa, un insegnamento ampio e articolato, che aiuta il cattolico a comprendere e giudicare i diversi e complessi aspetti del mondo contemporaneo.


Per saperne di più…

Giovanni XXIII, Enciclica Ad Petri cathedram, 29 giugno 1959.
Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptor hominis, 4 marzo 1979.
Benedetto XVI, incontro con i Parroci e il clero di Roma, 14 febbraio 2013.

 IL TIMONE – Aprile 2014 (pag. 58-59)    

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