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14.12.2024

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L’anima? Esiste ed è spirituale
31 Gennaio 2014

L’anima? Esiste ed è spirituale


 

 

 

Molti pensano che le neuroscienze saranno in grado di spiegare tutte le attività che tradizionalmente vengono attribuite all’anima. Ma l’anima, che vivifica il corpo, è spirituale: lo dimostra per esempio l’intelligenza degli universali

 
 
Le neuroscienze sono un insieme di discipline scientifiche (biologia molecolare, fisiologia, psicologia cognitiva, eccetera), che lavorano in modo coordinato per spiegare il funzionamento del sistema nervoso, soprattutto di quello umano. Il sistema nervoso è costituito da un’enormità di cellule altamente specializzate che si chiamano neuroni e che formano principalmente il cervello, ma si ramificano anche in tutto il corpo. Proprio dai neuroni prendono il nome le discipline di cui stiamo parlando. Esse stanno ottenendo risultati sorprendenti: si scoprono continuamente nuovi aspetti dei complicatissimi meccanismi di attivazione di L’anima? Esiste ed è spirituale aree del cervello sottesi alle principali capacità umane, sia a quelle cognitive (percezione, memoria, immaginazione, pensiero), sia a quelle affettive (emozioni, desideri, fenomeni di simpatia e di relazione interpersonale).

Aristotele e san Tommaso
Di fronte a tali successi, ci si può chiedere se le neuroscienze potranno spingersi così in là da cambiare completamente il modo in cui abbiamo sempre concepito gli esseri umani. Gli esseri umani sono anche spirituali, hanno un’anima, o sono organismi puramente fisici e materiali? Oggigiorno, molti neuroscienziati e molti filosofi sono persuasi che i successi della scienza mostrino che l’uomo non sia che un meccanismo e pensano che le neuroscienze, un giorno non molto lontano, saranno in grado di spiegare tutte le attività che tradizionalmente vengono attribuite all’anima.
Ma i successi delle neuroscienze non giustificano questa conclusione. La concezione tradizionale, per la quale l’uomo ha l’anima, non è solo, né principalmente, un’affermazione religiosa. È in modo preponderante una tesi filosofica, che fu affermata in modo perentorio già dai filosofi dell’antica Grecia, per esempio da Platone e da Aristotele. Aristotele ritiene che quasi tutte le attività tipiche dell’anima, come il percepire, l’immaginare e il ricordare, non siano altro che attività degli organi di un corpo umano vivo, ossia dotato di anima. Questo significa che ritiene che tali attività siano attività di parti del corpo.
Ad Aristotele fa eco san Tommaso d’Aquino che a più riprese fa espresso riferimento al cervello quale organo nel quale avvengono le attività che costituiscono le funzioni cognitive legate alla sensazione. Certo, Aristotele e san Tommaso non conoscevano i dettagli del funzionamento del sistema nervoso, ma, per quanto ammirati, non sarebbero sorpresi dai risultati delle neuroscienze attuali. Vi troverebbero solo la conferma di quanto avevano loro stessi teorizzato.

Una facoltà che eccede i cinque sensi
Va detto però che per il pagano Aristotele e per il cristiano san Tommaso non tutte le attività dell’anima comportano l’attività di una parte del corpo: l’intelligenza degli universali (ossia la comprensione di che cosa siano le cose che si incontrano nell’esperienza) non può essere l’attività di alcun organo, perché nessun evento particolare, come un episodio d’attività del cervello, può avere un contenuto universale. Infatti, nella nostra mente si trovano concetti universali (ad esempio il concetto di libro, che raccoglie ciò che è comune a tutti i libri), e con i sensi corporei conosciamo solo oggetti particolari, ossia cose individuali e singolari, non universali. Ma per poter avere concetti universali dobbiamo possedere una facoltà che eccede l’attività dei cinque sensi, pur partendo da essi: perciò la facoltà dei concetti universali sarà un’attività noncorporea, cioè spirituale. Detto altrimenti: i concetti universali sono immateriali; ora, la materia non può agire su cose immateriali e solo ciò che è immateriale può operare su cose immateriali. E, poiché siamo noi che astraiamo gli universali dalle cose, vuol dire che in noi c’è qualcosa di immateriale. Così, per comprendere cos’è un cane, non deve accadere nulla nel cervello di chi comprende, anche se quando pensa al cane, anche in universale, egli visualizza normalmente qualche immagine di cane particolare e quindi si attiva anche il suo corpo (il suo cervello). Analogamente, quando io esercito la volontà e scelgo liberamente di agire in un certo modo piuttosto che in un altro, interpreto il modo di agire che ho prescelto come bene e quindi esercito un pensiero  che, essendo universale, non può coincidere con l’attività di alcuna parte del corpo, pur dando corso, con la mia azione, a processi che si realizzano nel corpo.

L’anima organizza e vivifica il corpo
Spiegando il pensiero astratto e la libertà del volere sulla falsariga di Aristotele, san Tommaso trae, dalle tesi del filosofo greco, alcune conseguenze a cui questi non aveva pensato: finisce, infatti, per concepire l’uomo non come un mero corpo, ma come un’anima sussistente che per sua natura organizza e vivifica un corpo umano, anche se esercita alcune delle sue attività senza l’operazione del corpo. Per questo motivo l’uomo è per lui un essere anche spirituale. Ripensando oggi ai suoi argomenti, si può inferire che dal suo punto di vista l’uomo non può essere compreso interamente e completamente con il metodo della scienza empirica, su cui si basano le neuroscienze. Per questo, per chi sostiene una prospettiva di questo tipo, i successi delle neuroscienze sono interessanti e importanti (per esempio per loro i risvolti medici), ma non esauriscono e non possono esaurire il discorso sull’uomo. Le neuroscienze osservano e approfondiscono alcune dimensioni dell’uomo, ma l’uomo ha altre dimensioni sulle quali esse non si esprimono. Non si pensi che gli argomenti di Aristotele e le articolazioni che ne ha dato san Tommaso siano ormai cimeli del passato. La filosofia contemporanea, fallendo nel tentativo di spiegare proprio l’intelligenza e la libertà del volere sulla base dell’ipotesi che l’uomo non sia altro che il suo corpo, induce oggi a riconsiderare il valore delle tesi aristoteliche.
Il riduzionismo è una corrente filosofica contemporanea che cerca, tra l’altro, di dar conto della nostra esperienza delle persone (ossia del fatto che gli uomini hanno desideri, intenzioni, volontà, credenze, eccetera) sulla base dell’ipotesi che l’uomo non sia altro che il suo corpo. Il tentativo si è rivelato fallimentare tanto che alcuni, i sostenitori dell’eliminativismo, hanno finito per affermare che il linguaggio con cui parliamo di persone (di uomini che credono, desiderano, intendono) è completamente erroneo, e che quando le neuroscienze saranno abbastanza evolute esso sarà abbandonato per sempre. Non si dirà più «desidero un bicchiere d’acqua», ma «sono in uno stato neurale del tipo XYZ». Per molti filosofi questa mossa è inaccettabile, e per buoni motivi: si voleva spiegare il fatto d’esperienza che ci sono persone, uomini che pensano e intendono, e si finisce, invece, per negare tale fatto. Ma come si può accettare una conoscenza che nega i fatti d’esperienza invece di darne conto? L’alternativa aristotelica, o una sua riformulazione contemporanea, prevede di non assumere che l’uomo sia solo il suo corpo, e costituisce oggi l’unico modo credibile per evitare questo problema.

Non siamo solo neuroni
Se accogliamo la nostra esperienza della realtà senza farci condizionare da pregiudizi materialisti o anti-spirituali, possiamo guardare con ottimismo e speranza al progresso delle neuroscienze. Infatti, esse promettono di aprire la strada a nuove cure per malattie neurologiche, e permettono di operare nel cervello compromettendo il meno possibile le facoltà cognitive ed affettive del paziente. Ma non abbiamo motivo di ritenere che il loro successo sia il preludio di una sconvolgente rivoluzione nel modo di concepire l’uomo, come non penseremmo che conoscere meglio la meccanica di un’auto da corsa potrebbe cambiare il nostro modo di concepire la guida sportiva. Certamente, l’uomo ha neuroni, ma non è solo i suoi neuroni. L’uomo è un’anima che ha formato i propri neuroni, nel processo di sviluppo durante il quale ha formato anche tutto il resto del proprio corpo, ed è quindi naturalmente e strettamente legata a quel corpo; con il suo corpo, compresi i neuroni, compie la gran parte – anche se non la totalità – delle attività che le sono proprie.

 
 
 
 

 
Per saperne di più…

Giovanni Boniolo, Gabriele De Anna, Umberto Vincenti, Individuo e persona. Tre saggi su chi siamo, Bompiani, 2007.
Cornelio Fabro, L’anima. Introduzione al problema dell’uomo, Editrice del Verbo Incarnato, 2005.
Robert Spaemann, Persone. Sulla differenza tra “qualcosa” e “qualcuno”, Laterza, 2007.

 
 
 
 

 

IL TIMONE  N. 103 – ANNO XIII – Maggio 2011 – pag. 30 – 31

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