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12.12.2024

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L’apologetica? Ha duemila anni
31 Gennaio 2014

L’apologetica? Ha duemila anni

Le tappe storiche di un’apologetica bimillenaria. Che comincia dal Nuovo Testamento. Per mostrare ad ogni uomo la credibilità della fede cattolica

La condizione umana dopo il peccato originale impedisce una ferma adesione a ogni verità, sia naturale che soprannaturale. Perciò si richiede la difesa di ogni verità non solo dall’errore, ma anche dal dubbio — nato anch’esso nel singolo per la ferita dell’intelligenza e/o in lui alimentato dal “mondo” in qualcuna o in diverse sue articolazioni approfittando pure della ferita della volontà — e dalla sottovalutazione, quando non dalla diffamazione, della verità in questione.
In altri termini, s’impone l’applicazione a ogni verità della versione culturale della virtù della vigilanza, cioè di un’apologetica come difesa in senso stretto, cioè come protezione, ma anche come esaltazione, cioè come enunciazione del “vantaggio” prodotto dal fatto stesso dell’esistenza di tale verità. Questo quadro permette d’identificare una letteratura, che assolve alle funzioni segnalate.
Alla condizione descritta non si sottrae la verità rivelata e la fede nel Rivelatore e nella Rivelazione. Così, in relazione alla fede cattolica e alla sua credibilità — così si indica il fatto che non si tratta dell’esito obbligato di un teorema, ma dell’oggetto di una scelta possibile e libera —, alle sue premesse, ai suoi preamboli, e alle sue conseguenze per la vita dei singoli e delle comunità, questa letteratura reagisce sulla base dell’attacco congiunturalmente, storicamente portato alla verità. Su questa base tale letteratura si periodizza in consonanza con la periodizzazione della storia della Chiesa.
La prima apologetica — una sorta di protoapologetica — è interna alla stessa rivelazione neotestamentaria e si propone — anche se non ne è la funzione primaria — di mostrare che Gesù Cristo, in quanto messia promesso, è morto e risuscitato “secondo le Scritture”, sottolineando il valore di prova costituito dalla risurrezione, così fornendo ai primi cristiani elementi per non ricadere nel giudaismo e per sentire la loro fede come solidamente fondata. A partire dal secolo II si sviluppa la letteratura propriamente apologetica, costituita per una parte da scritti destinati ad autorità civili per ottenerne la tolleranza verso i cristiani, per un’altra parte diretti ai giudei o ai pagani, perché abbandonino i loro errori, per un’ultima parte — infine — indirizzati ai cristiani stessi, perché non siano messi in difficoltà radicali dalle obiezioni e professino con coraggio la loro fede. Fra gli autori di questi scritti si annoverano — fra altri — nel secolo II san Giustino, Atenagora, l’Anonimo della Lettera a Diogneto; quindi, nel secolo III, Tertulliano, san Clemente Alessandrino e Origene; poi, nel secolo IV, in Occidente scrivono Arnobio e Lattanzio, in Oriente Eusebio di Cesarea; finalmente, nel secolo V, Teodoreto di Ciro e sant’Agostino, continuato dai discepoli Orosio e Salviano e, nel secolo VI, dai papi san Leone Magno e san Gregorio Magno.
Dal secolo VII gli scritti apologetici hanno presenti non solo i giudei e i pagani, cioè gli uomini di cultura ellenistica, ma anche i musulmani. Operano così, in Oriente, san Giovanni Damasceno e Teodoro Abu Qurrah, mentre in Occidente vedono la luce, nello stesso secolo, gli scritti di sant’Isidoro di Siviglia, nel secolo XI quelli di san Pier Damiani e nel secolo XII di Ruperto di Deutz e di Pietro il Venerabile. Del secolo XIII è l’opera di san Tommaso d’Aquino Summa contra gentiles, nota anche come Sulla verità della fede cristiana contro gli errori dei non credenti. Nello stesso secolo sono prodotti scritti apologetici contro musulmani e giudei da Raimondo Martini, dal beato Raimondo Lullo e da Ricoldo da Montecroce. La tradizione continua nel secolo XV con Georgios di Propezon, Juan Torquemada e da Dionigi Certosino. Conclude, in un certo senso, la produzione del secolo XV — caratterizzato soprattutto dall’Umanesimo paganeggiante — Il trionfo della croce, di Gerolamo Savonarola. Fra i cattolici del secolo XVI, pur impegnati in dispute teologiche contro i protestanti, vengono prodotti scritti apologetici come Sulla verità della fede cristiana, dell’umanista Juan Luis Vives. Nel secolo XVII compone un quadro d’insieme antirazionalistico Pierre Charron che, ne Les trois verités, affronta atei, non cristiani e protestanti. Lo stesso antirazionalismo caratterizza Blaise Pascal, mentre una serena razionalità, benché tentata di razionalismo, pervade l’opera del predicatore di corte Jacques Benigne Bossuet, e una deriva razionalistica si produce nel gesuita Miguel de Elizalde, che tenta una dimostrazione quasi matematica della rivelazione. Nel secolo XVIII opera sant’Alfonso Maria de’ Liguori e, dalla reazione all’ateismo sempre più virulento e diffuso, nasce il metodo dell’approccio graduale, che sostiene in primo luogo le verità della teologia naturale, poi la possibilità e la necessità della rivelazione, infine il fatto stesso della rivelazione, metodo iniziato in Francia, poi sviluppato in Germania, quindi portato ad alto grado di elaborazione dal domenicano Pietro Maria Gazzaniga.
Nel secolo XIX contro il razionalismo illuministico si levano in Francia Joseph de Maistre, Louis de Bonald e Francois Renée de Chateaubriand, ai quali si affiancano in Spagna Jaime Balmes e Juan Donoso Cortes, in Germania Bruno Liebermann e Johann Sebastian Drey, in Italia il gesuita Giovanni Perrone ed Emiliano Avogadro della Motta, in Inghilterra il cardinale John Henry Newman, negli Stati Uniti d’America Orestes Brownson e il cardinale James Gibbons, e in Belgio il cardinale Victor Deschamps.
Il ritrovato equilibrio dottrinale fra razionalismo e fideismo a opera del Concilio Ecumenico Vaticano I permette il riproporsi dell’apologetica in veste neoscolastica, ma non ne impedisce la crisi, quando non il discredito, in corso di faticosa, indispensabile rimonta — per esempio, quanto ai preamboli della fede, attraverso il ricupero della nozione di senso comune da parte di don Antonio Livi, dell’Opus Dei, e quanto al miracolo nell’accurata verifica storica di Vittorio Messori — come strumento di base nella prospettiva della Nuova Evangelizzazione, avendo presente — l’affermazione è di Papa Giovanni Paolo II — che il problema dell’esistenza di Dio, e quanto ne consegue, “non è soltanto una questione che tocca l’intelletto; è, al tempo stesso, una questione che investe tutta l’esistenza umana”.

BIBLIOGRAFIA

Vedi elementi di storia e di dottrina alla voce Apologetica, in Rene Latourelle S.J. e monsignor Rino Fisichella (a cura di), Dizionario di Teologia Fondamentale, Cittadella Editrice, Roma 1990, pp. 60-74, redatta per la parte storica da Avery Dulles S.J., per la parte dottrinale dallo stesso padre Latourelle.
Per la problematica, vedi Michael Paul Gal-lagher S.J., Verso un’apologetica rinnovata, in La Civiltà Cattolica, anno 147, n. 3493, 6-1-1996, pp. 40-48.

Dossier: La via dell’apologetica nel terzo millennio

IL TIMONE – N. 10 – ANNO II – Novembre/Dicembre 2000 – pag. 35-37

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