Non ponete limiti ai giovani: il sesso è un piacere. Così insegna il mondo d’oggi. Poi si paga un prezzo: stupri, violenze di gruppo sui minori, pedofilia, aborti di adolescenti.
Fatti di cronaca confermano quanto vale, anche a livello sociale, la castità prematrimoniale.
Tra le più pericolose malattie della nostra epoca c’è l’incapacità di collegare gli effetti alle cause, scrivevo tempo fa su iL Timone a proposito della famiglia. Il medesimo incipit vale, ancora di più, per il tema della sessualità. Sono molte le voci, anche insospettabili, che si sono levate preoccupate, ad esempio è il caso di Blair, per la piega che ha preso la nostra società in campo morale. Il premier inglese in un recente intervento si dimostrava turbato per l’elevato numero di aborti tra adolescenti.
Già, ma se non si capisce la radice di tutto questo, intervenire diventa impossibile. Dobbiamo capire quale sia l’origine di questa ondata di male che minaccia di travolgerci.
Si trova nel concetto di sessualità libera così diffusa nella nostra società. Vale a dire l’aver separato il momento genitivo dall’unione sessuale.
Partiamo proprio dalla funzione procreativa degli organi propriamente definiti “genitali”: se lo scopo di questi organi è quello di dare la vita, vuoi dire che ogni volta che questa potenzialità viene negata a priori si fa un uso errato degli stessi, come se bendassimo gli occhi o tappassimo le orecchie. Non è questa la sede per approfondire questo tema, diciamo che ciò che ci interessa nella nostra riflessione sono le conseguenze di questa riduzione.
Se infatti sottraiamo la funzione generativa all’unione sessuale, non resta a questa unione che quella che lo scopo del piacere personale.
Non che voglia affermare che l’unione tra coniugi debba essere arida e meccanica, voglio solo dire che privando il rapporto sessuale della sua finalità procreativa, ne snaturiamo completamente il senso.
Infatti, se ogni atto potenzialmente può trasmettere la vita, ne consegue che questa unione deve avvenire in un ambito che tuteli la vita generata: una famiglia capace di offrire amore e di educare il figlio che verrà. In assenza per definizione di questa possibilità, qualunque ambito è dunque ammissibile.
Se il rapporto sessuale ha come fine il solo piacere personale, è infatti ammissibile che esso avvenga tra chiunque lo desideri. Non ci sono più limiti: l’unica frontiera che rimane è il consenso tra le persone coinvolte. Il che spalanca la porta alle unioni omosessuali: infatti, se ciò che cerco nella conoscenza carnale è il mio piacere, secondo le mie inclinazioni, perché negare questa possibilità a chi è in grado di trovare questo piacere solo con persone del proprio sesso? Quale sarebbe la motivazione logica?
Dicevamo che l’unica barriera che sembra restare in piedi è quella del consenso. Ne siamo sicuri?
Che cos’è il consenso? E come viene dato? Recenti vicende di violenza giovanile hanno dimostrato che questo confine è davvero labile. Poiché ne conservo ancora i documenti, mi rifaccio ad un episodio avvenuto nel 1994 a Civitavecchia dove un gruppo di minorenni violentò alcune ragazzine di età inferiore ai 16 anni adducendo come motivazione: “La piccola non era tanto innocente come sua madre ha tentato di far credere. Insomma, il suo comportamento era provocante…. Sì, ho avuto rapporti con quella bambina, ma l’ho fatto senza minacce…Le ragazzine ce stavano, che dovevo fa’?”. Da qui alla pedofilia il passo è breve.
Mi colpì molto una notizia apparsa su il Giornale del 4 agosto 1993: vi veniva descritta un’operazione di polizia contro il Gruppo P, “un’organizzazione che forniva foto pornografiche, video-cassette e bambini con cui avere rapporti sessuali. Tutto avvalorato da intercettazioni telefoniche, pedinamenti e materiale pornografico sequestrato nel corso di perquisizioni”. Il mensile gay Babilonia li difese, sostenendo che “solo quattro delle undici persone arrestate avrebbero realmente adescato dei bambini, mentre gli altri (e fra questi il redattore di “Babilonia”) avrebbero studiato la pedofilia come fenomeno sociale della storia. […] Gli investigatori tendono volutamente a fare confusione tra gay e stupratori di bambini con il risultato di prendere clamorosi abbagli che non portano mai alla risoluzione dei casi. È quanto sta accadendo attorno al Gruppo P, reo di aver promosso un dibattito sull’abbassamento dell’età del consenso nei rapporti sessuali con i minori”.
Otto mesi dopo un aggiornamento della vicenda. È sempre Il Giornale ad occuparsene in data 10 aprile 1994. Accanto al resoconto del processo, che vede imputati i membri del Gruppo P per associazione a delinquere per violenza carnale e atti di libidine su minorenni, un’intervista a André Rioult, il latitante ses-santasettenne ideologo della pedofilia internazionale: “lo un violentatore di bambini? Sono gay, è vero, ma i miei rapporti con i ragazzini sono basati sul reciproco amore, sull’affetto, sul sano rispetto”.
Il problema sembra dunque aggirabile riducendo l’età alla quale una persona, non esito a dire un bambino, appare consensuale: siamo sicuri che il consenso dato da un dodicenne sia frutto di piena consapevolezza e accettazione?
E veniamo all’ultimo passo: la violenza. Se il rapporto sessuale appare essere produttore di piacere, e quello massimo, al punto che noti pediatri sostengono che è altamente sbagliato negarlo ai bambini, come la mettiamo con coloro che non riescono ad accedervi?
Come non comprendere chi questa soddisfazione carnale se la va a prendere anche a scapito del consenso? Il filo di follia, che ha incominciato a svolgersi nel momento in cui abbiamo separato la funzione procreativa da quella unitiva, trova qui il suo altro capo: è una spirale perversa inarrestabile.
Che provoca ricadute anche a livello di mentalità: la ricerca del piacere ad ogni costo, il divorzio, l’aborto, l’omosessualità, la pedofilia, la violenza come condizione “normale” della vita.
Sono filosofie che assorbiamo per osmosi, anche se riteniamo che noi non arriveremo mai a tanto.
A parte il fatto che non possiamo mai saperlo, siamo sicuri che gli altri abbiamo la nostra forza? Il dodicenne che, per dirla cruda, fa già sesso, che adulto sarà? Che mentalità trasmetterà? Con quale maturità crescerà?
“Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, cose tutte che attirano l’ira di Dio su coloro che disobbediscono”.
(Col 3, 5-6).
Dossier: La castità prematrimoniale
IL TIMONE N. 18 – ANNO IV – Marzo/Aprile 2002 – pag. 40 – 41