Come è strutturata la celebrazione eucaristica? Qual è l’origine delle parti che la compongono?
Ecco, in sintesi, le risposte.
Le parti che costituiscono in certo modo la Messa, cioè la liturgia della parola e la liturgia eucaristica, sono congiunte tra loro così strettamente da formare un solo atto di culto” (Sacrosanctum Concilium,n. 56). Come indica il Concilio Vaticano II, le due parti principali della celebrazione eucaristica sono certamente distinte come due mense da cui cibarsi, ma sono unite così strettamente che non potrebbero essere separate: liturgia della parola e liturgia eucaristica, parola di Dio e segni sacramentali del pane e del vino, che sono Carne e Sangue di Gesù. Illuminante è sant’Agostino quando commenta la richiesta nel Padre Nostro “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: “L’Eucaristia è il nostro pane quotidiano… ma anche ciò che vi spiego è pane quotidiano e così anche le letture che ascoltate ogni giorno in chiesa è pane quotidiano e l’ascoltare e recitare inni è pane quotidiano” (Sermo 57,7). Questo Pane quotidiano è il Signore: è Cristo che parla quando la liturgia proclama le letture sacre, è Cristo he si dona a noi nel suo Corpo dato e nel suo Sangue versato quando nella liturgia si ricevono il pane e il vino consacrati.
Se il sacrificio eucaristico è “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (Lumen Gentium, n .11) diventa importante conoscere e comprendere come è nata la santa Messa e come si sono formate le parti della fractio panis (frazione del pane, come anticamente veniva chiamata la Messa insieme a Cena del Signore e ad altri nomi che si danno a tale sacramento: cf. CCC n.1328-1332). Certamente il punto di partenza è il gesto di Gesù nell’Ultima Cena dove il Signore ha istituito l’Eucaristia e il sacramento dell’Ordine per perpetuare nella storia il suo unico Sacrificio sul Calvario. I Vangeli descrivono il fatto in diverse redazioni (Mt 26,26-29; Mc 14,22-25; Lc 22,14-20) e anche s. Paolo (1 Cor 11,23-25) e l’importante è che la Cena di Gesù con i discepoli avviene all’interno della cornice celebrativa della Pasqua ebraica, dove veniva immolato e mangiato l’agnello per la festività: ora questo agnello è Cristo stesso, che si immolerà sulla croce per la salvezza di tutti gli uomini e per costituire la nuova Alleanza nell’amore.
L’invito di Gesù a continuare il suo gesto (“Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me” – Lc 22,19) è il segno della volontà di Cristo di essere presente nell’Eucaristia fino alla consumazione dei secoli.
La liturgia cristiana ebbe quindi il suo fondamento nella liturgia ebraica che a sua volta richiama il momento della Pasqua storica dell’Esodo, la liberazione dalla schiavitù egiziana e l’Alleanza con Dio. Presto, però, la liturgia cristiana si stacca da quella ebraica e anche il giarno di culto significativamente nan è più il sabato: “Soprattutto ‘il primo giorno della settimana’ cioè la domenica, il giarno della Risurreziane di Gesù i cristiani si riunivano ‘per spezzare il pane’ (At 20,7). Da quei tempi la celebrazione dell’Eucaristia si è perpetuata fino ai nostri giorni, così che oggi la ritroviamo ovunque nella Chiesa, con la stessa struttura fondamentale.
Essa rimane il centro della vita della Chiesa” (CCC n. 1343). Qual’è dunque questa struttura?
Riti di ingresso
Si comincia dai riti di ingresso a di introduzione. Anticamente non c’erano perché si iniziava, dopo l’essersi radunati, dalle lettere degli Apostoli e dai Profeti (cf s.Giustina, Apologiae, 1,65.67 cito in CCC n.1345). Poi, quando il clero si fece numeroso, si organizzò la processione accompagnata dal canto (siamo nel V-VI secolo), fino all’altare. La processione iniziale, come le altre previste nel corso della Messa (per esempio la presentazione delle offerte e la comunione), sono accompagnate dal canto perché nell’unione delle voci sia assicurata l’unione dei cuori. I riti di ingresso comprendono il saluto del celebrante, l’atto penitenziale, il Kyrie eleison,il Gloria e l’orazione o Colletta.
Il sacerdote saluta anzitutto Cristo tramite il bacio dell’altare che rappresenta il Signore, quindi con il segno di croce inizia la celebrazione nel ricordo di Dio Trinità e del Battesimo con cui siamo stati inseriti in Cristo e nella Chiesa suo Corpo. L’atto penitenziale è la richiesta di perdono a Dio da parte della comunità per essere nella disposizione di cuore più giusta al fine di accedere ai divini misteri. Deriva da formule di preghiera medievali chiamate apologie con cui il sacerdote confessava la propria colpevolezza in forma privata (risalgono al IX secolo). Segue l’acclamazione del Kyrie eleison (Signore pietà) e l’antichissimo inno del Gloria in excelsis Deo che era presente nella liturgia fin dal IV-V secolo: è un inno di glorificazione e di lode. I riti di ingresso sono conclusi dalla Colletta, chiamata anche oratio nella liturgia romana. È difficile determinarne l’epoca di ingresso nella Messa. È la preghiera con cui il sacerdote raccoglieva (da colligere=raccogliere) le intenzioni personali dei fedeli nella pausa di silenzio prima della preghiéra stessa ed inoltre il contenuto della Colletta commenta anche la Messa del giorno.
Liturgia della parola
Dopo i riti di ingresso comincia la liturgia della parola che insieme alla liturgia eucaristica è come il doppio vertice della Messa. La parola di Dio non può mai mancare nella celebrazione dei sacramenti perché essa illumina il sacramento stesso e rende visibile l’efficacia di salvezza. S. Cesario di Arles (470-542) diceva: “Colui che avrà ascoltato con negligenza la parola di Dio non sarà meno colpevole di colui che, per la propria negligenza, avrà fatto cadere a terra il Corpo di Cristo” (Sermo 78,2).
La liturgia della Parola comprende le seguenti parti: prima lettura o profezia, salmo responsoriale, seconda lettura o Apostolo, Canto al Vangelo, Vangelo, Omelia, Il Credo o professione di fede, la preghiera universale o dei fedeli. Le letture sono tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento. Come nel dialogo tra due persone è presente l’ascolto e la risposta così avviene nel rapporto con Dio: il salmo responsoriale e il canto al Vangelo sono le risposte dei fedeli all’annuncio di salvezza proferito. Il Vangelo è il momento più alto di questo dialogo. Da sempre la sua proclamazione è circondata da rispetto e venerazione: la benedizione chiesta dal ministro incaricato, l’incensazione, la processione prima della lettura, la posizione in piedi dei fedeli. È Cristo che parla e che ci annuncia la Buona Novella: ecco perché occorre alzarsi in segno di rispetto e orientarsi verso l’ambone o il pulpito da dove viene letto (o cantato) il Vangelo.
Liturgia eucaristica
Con la liturgia eucaristica viène reso presente il sacrificio di Cristo sulla croce ma non ripetuto, perché il sacrificio è unico. Questa parte della Messa comprende la presentazione dei doni, con cui sono portati all’altare pane e vino con acqua, gli stessi elementi usati da Gesù nell’Ultima Cena. Fin dall’antichità i cristiani portavano i propri doni all’altare per condividerli con chi era nel bisogno. Tale è l’antico significato dell’odierna raccolta delle offerte. Con la preghiera eucaristica o anafora siamo al culmine della celebrazione.
Anticamente le parole venivano affidate alla spontaneità e alla preparazione del sacerdote che presiedeva l’Eucaristia. Ma già all’inizio del III secolo Ippolito Romano compose uno schema fisso. La preghiera Eucaristica è formata dal prefazio, in cui la Chiesa rende grazie al Padre, per mezzo di Cristo nello Spirito Santo, per tutte le sue meraviglie. Il prefazio termina con il Sanctus, lode incessante che la chiesa celeste canta al Dio tre volte Santo (cf Is 6,3). Quindi l’epiclesi, cioè la richiesta al Padre di inviare lo Spirito Santo affinché il pane e il vino diventino Corpo e Sangue di Cristo e perché i fedeli siano una cosa sola in un unico Spirito. Il racconto dell’istituzione ripete le parole efficaci di Gesù che rendono presente l’unico sacrificio del Calvario (Questo è il mio Corpo; questo è il mio Sangue).
Infine l’anamnesi, con cui la Chiesa fa memoria della Passione, Risurrezione e Glorificazione di Cristo, e le intercessioni per i vivi e per i defunti. La preghiera eucaristica è una grande sintesi del disegno di salvezza di Dio e del suo amore per gli uomini perché “non viviamo più per noi stessi ma per Lui che è morto e risorto per noi” (preghiera eucaristica IV). In questa parte della Messa il fedele si inginocchia perché Cristo è realmente presente dopo la consacrazione e perché “nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2, 10).
Riti di comunione
Al termine abbiamo i riti di comunione che comprendono il Padre Nostro, la preghiera della pace che è presente fin dai primissimi tempi della Chiesa e collocata prima della liturgia eucaristica (come nell’attuale rito ambrosiano), la fractio panis e l’Agnus Dei: l’unico Pane viene spezzato e diviso fra tutti e indicato come il vero Agnello che è morto e risuscitato per noi. Quindi la comunione sacramentale, auspicata e raccomandata per una partecipazione piena al mistero celebrato perché “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” (Gv 6,54).
Riti di conclusione
I riti di conclusione, con la benedizione del celebrante ed il congedo terminano la celebrazione eucaristica. Ora occorre vivere ciò che si è celebrato nella fede.
La Messa deve diventare vita, amore, missione. La vita di Cristo viene “spezzata” per noi e anche noi dobbiamo offrirla, donarla, “spezzarla” per gli altri.
Senza questa risposta personale non possiamo direi pienamente e consapevolmente cristiani.
Giovanni Paolo II ripete spesso che la Messa è il cuore della sua giornata. É così anche per noi? Se non amo la Messa vuoi dire che non amo veramente il Signore. I santi lo insegnano: “È più facile che la terra si regga senza sole che senza Messa” ripeteva san Pio da Pietrelcina.
LA MESSA
“In forza del suo intimo rapporto con il sacrificio del Golgota, l’Eucaristia è sacrificio in senso proprio e non solo in senso generico, come se si trattasse del semplice offrirsi di Cristo quale cibo spirituale ai fedeli”.
(Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 13).
La Santa Messa
La Messa è sostanzialmente lo stesso sacrificio della croce. E’ diverso soltanto il modo dell’offerta.
La Messa essendo un vero sacrificio ne realizza in modo proprio le finalità: adorazione, ringraziamento, riparazione e petizione.
Il valore della Messa è in se stesso rigorosamente infinito. Però i suoi effetti in quanto dipendono da noi non ci vengono applicati se non nella misura delle nostre interne disposizioni.
Fini ed effetti della Santa Messa
La Messa ha gli stessi fini e produce gli stessi effetti del sacrificio della croce, che sono quelli del sacrificio in generale come atto supremo di religione, però in grado incomparabilmente superiore.
Adorazione. Il sacrificio della Messa rende a Dio un’adorazione degna di Lui, rigorosamente infinita. […] Con la Messa possiamo dare a Dio tutto l’onore che gli è dovuto in riconoscimento della sua infinita maestà e del suo supremo dominio, nella maniera più perfetta possibile e in grado rigorosamente infinito. Una sola Messa glorifica più Iddio di quanto lo glorificheranno in Cielo, per tutta l’eternità, tutti gli angeli, i santi e i beati insieme, compresa Maria SS. Dio risponde a questa incomparabile glorificazione curvandosi amorevolmente verso le sue creature. Di qui l’immenso valore che racchiude per noi il sacrificio della Messa.
Ringraziamento. Gli immensi benefici di ordine naturale e soprannaturale che abbiamo ricevuto da Dio ci hanno fatto contrarre verso di Lui un debito infinito di gratitudine che possiamo saldare soltanto con la Messa. Infatti per mezzo di essa offriamo al Padre un sacrificio eucaristico, cioè di ringraziamento, che supera infinitamente il nostro debito; perché è Cristo stesso che, immolandosi per noi, ringrazia Iddio dei benefici che ci concede.
Riparazione. Dopo l’orazione e il ringraziamento non c’e dovere più urgente verso il Creatore che la riparazione delle offese che da noi ha ricevuto. Anche sotto questo aspetto il valore della santa Messa è assolutamente incomparabile, giacché con essa offriamo al Padre l’infinita riparazione di Cristo con tutta la sua efficacia redentrice. .
Petizione. La Messa di per sé, ex opere operato, muove infallibilmente Dio a concedere agli uomini tutte le grazie di cui hanno bisogno, ma il dono effettivo di queste grazie dipende dalle nostre disposizioni, la mancanza delle quali può impedire completamente che queste grazie giungano fino a noi.
(tratto da: A. Royo Marin, Teologia della perfezione cristiana, Paoline, Roma 19656, pp. 548-552).
BIBLIOGRAFIA
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Righetti Mario, Manuale di storia Liturgica. La Messa, voI. 111, Editrice Ancora, Milano 1966-1998 (ed.anastatica).
Schnitzler Theodor, Il significato della Messa. Storia e valori spirituali, Città Nuova Editrice, Roma 1993. Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), nn. 1345-1355.
Dossier: La Messa
IL TIMONE N. 27 – ANNO V – Settembre/Ottobre 2003 – pag. 35 – 37