Chiese dedicate in ogni paese, città poste sotto la sua protezione, la sua femminilità come esempio del modello sociale: intorno alla figura della Madonna si è sviluppato il Vecchio Continente. E l’arte lo dimostra. Ma Cristo è sempre al centro anche quando non è raffigurato.
Mons. Verdon, perché possiamo definire “mariana”, femminile, l’identità europea?
«L’importanza della figura di Maria nella storia spirituale d’Europa risulta innegabile: non c’è città o villaggio del Vecchio Continente senza una o più chiese a lei dedicate, e dal V secolo in poi il pensiero cristiano non ha cessato di consacrarle ampli spazi di riflessione. Nell’arte, forse neanche Cristo ha un ruolo così eminente, e in certi periodi le raffigurazioni della Madre superano quelle del Figlio, sia in quantità che nell’inventiva poetica. L’identità storica degli europei – l’“immagine” che hanno di se stessi nel tempo – è legata ai modi in cui hanno venerato, pensato e raffigurato questa donna. Per due millenni la cultura europea è rimasta affascinata da questa fanciulla ebrea che, all’angelo che l’invitava a diventare madre di Dio, disse: “Ecce ancilla Domini”, “Ecco la serva del Signore”. Nelle arti visive, in particolare nelle splendide chiese dedicatele, negli innumerevoli dipinti che la raffigurano, in mosaici e sculture, vetrate, oggetti d’oreficeria e tessuti, l’Occidente cristiano non ha cessato di presentare Maria ai fedeli, come se continuasse a ripetere “Ecco la serva del Signore”: ecco una donna libera, capace di donarsi, colma di gioia, aperta alla vita. Ciò che ha determinato le modalità della rappresentazione di Maria nell’arte europea, sia “alta” sia popolare, è un rapporto collettivo ma anche personale, plasmato da familiarità con le Scritture giudeo-cristiane e con le tradizioni liturgiche, letterarie e devozionali della Chiesa. L’identità storica europea è fortemente venata di maternità, di femminilità. Il nome stesso “Europa”, nel mito greco, è il nome di una ninfa. Tra la fine dell’antichità e l’anno Mille emerge con evidenza un processo culturale su scala continentale in cui prevale l’identità femminile, in cui tutte le città si pongono, allegoricamente, sotto la protezione di Maria. Nell’arte carolingia e ottoniana, la città è sempre rappresentata come un donna. Più tardi, nel corso del ‘200 e ‘300, le città europee si concepiscono
come vere e proprie madri, sul modello della Madonna. In questa chiave va letta la straordinaria e capillare rete di opere di carità e di misericordia fiorite in quel periodo: ospedali, ostelli, orfanotrofi. L’incomprensione di questo fatto profondo è cosa recente, che risale all’illuminismo sette-ottocentesco».
Dunque le immagini mariane, che noi scorgiamo un po’ dovunque, nelle grandi cattedrali così come ai crocicchi delle strade e nelle case, non sono mere illustrazioni testuali, ma celebrano una lode.
«Facciamo un esempio per tutti, un esempio poco conosciuto ma molto significativo: l’affresco attribuito a Lippo Vanni in San Leonardo al Lago, una piccola chiesa conventuale situata a pochi chilometri da Siena. L’evento raffigurato, l’Annunciazione, occupa interamente la parete del presbiterio dietro l’altare, dominando l’interno dell’edificio, che consiste in una sola navata. I protagonisti del racconto – l’arcangelo Gabriele e Maria – sono sistemati in due loculi illusionistici, intercomunicanti grazie ad archi che si aprono su uno spazio intermedio che corrisponde allo sguancio di una finestra vera al centro del muro. L’artista ha saputo, cioè, organizzare la scena intorno a quest’elemento architettonico, incorporando la finestra nella composizione e soprattutto nel senso dell’evento rappresentato, obbligandoci a vedere l’angelo e la vergine nel contesto della luce che penetra dall’esterno sopra l’altare dove viene celebrata l’Eucaristia. Il messaggio simbolico non è difficile da capire: alla parola di assenso di Maria – la frase “Ecce ancilla Domini” che l’artista dipinge accanto alla sua bocca – la Parola di Dio entra nel mondo come luce (nel tondo all’apice della finestra, vediamo infatti Dio Padre che emana raggi di luce su Maria). Il lessico simbolico utilizzato dal Vanni deriva dal Nuovo Testamento, e specificamente dal Vangelo di Giovanni dove Cristo è presentato come “la luce vera, quella che illumina ogni uomo”, resasi visibile quando il divino “Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,1-14). Nell’affresco, lo scritto recato dall’angelo e il libro sotto la mano sinistra di Maria, sul leggio, alludono al “Verbo”; l’altare dove il pane diventa corpo di Cristo allude all’Incarnazione; e la finestra sopra l’altare comunica che il Verbo incarnato e realmente presente nell’Eucaristia è egli stesso illuminazione: “in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”, dice sempre san Giovanni (1,4).
Letta in questi termini, l’Annunciazione di San Leonardo al Lago permette di fare alcune osservazioni di tipo generale, che ci aiutano a leggere secoli e secoli di iconografia mariana in Europa. La prima riguarda la referenzialità cristologica delle immagini della Madonna: al cuore dell’iconografia di Maria c’è sempre suo Figlio, anche quando – come nell’affresco di Lippo Vanni – egli non viene raffigurato. Viceversa, ogni raffigurazione di Cristo presuppone sua madre, dal momento che la stessa visibilità del Figlio dipende dal corpo che egli prese da lei. Una seconda osservazione riguarda la funzione delle immagini mariane nel contesto liturgico che ne ha plasmato la maggior parte e quindi riguarda la chiesa come luogo e la Chiesa come istituzione o, meglio, mistero.
La celebrazione eucaristica che produce il corpus Christi, l’edificio in cui essa viene svolta e la misteriosa comunione tra persone che essa crea, rafforza e manifesta, sono realtà intimamente legate alla donna da cui Cristo prese il suo corpo: Maria, madre della Salvezza, in cui la comunità dei credenti si è sempre riconosciuta e rispecchiata».
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