In Senato la legge sulla fecondazione in vitro. Consente di uccidere il 95% degli embrioni fecondati. Certi cattolici si arrendono ancor prima di combattere. Urge una indicazione dei nostri Pastori.
95 embrioni condannati a morte certa per riuscire a far nascere da tre a cinque bambini. È questo l’altissimo prezzo di vite umane innocenti che ogni Fivet, la fecondazione artificiale in vitro con embryo transfert, chiede di pagare. Proprio in queste settimane giunge in Senato il testo approvato dalla Camera dei Deputati il 26 maggio del 1999, che rappresenta una soluzione di compromesso, ben lontana dall’accogliere compiutamente le istanze dell’etica cristiana in materia di procreazione. Essa non tutela nemmeno quel “minimo etico” che, in base alla dottrina tomistica della legge naturale, dovrebbe caratterizzare le norme di uno Stato laico. Nel 1998 fu presentata alla Camera la proposta della diessina Marida Bolognesi, che avrebbe legalizzato quasi tutte le pratiche di Fivet esistenti. Fu allora che alla Camera si costituì una maggioranza trasversale, decisa a battersi per emendare il testo Bolognesi in senso restrittivo. Ne è venuta fuori una normativa assai diversa, che ha un nuovo relatore il leghista Alessandro Cé – e che introduce alcuni divieti: no alla Fivet eterologa, alla Fivet per i single, al congelamento degli embrioni. Tuttavia la proposta Cé contiene – come scrive Gino Concetti su L’Osservatore Romano alcuni elementi gravemente inaccettabili. Il più importante dei quali è l’ammissibilità della Fivet omologa, che è abortiva esattamente quanto l’eterologa. Come scrive la Donum vitae, “l’autorità politica non può approvare che degli esseri umani siano chiamati all’esistenza mediante procedure tali da esporti a gravissimi rischi”. Il fatto più grave è che nel 1998 la fondazione Nuovo Millennio, il Forum delle associazioni famigliari e degli operatori sanitari cattolici, e il Movimento per la Vita italiano si sono fatti promotori di un Manifesto e di una bozza di legge che ammettono la liceità della Fivet omologa. Sebbene animati dalle migliori intenzioni, questi organismi hanno commesso un grave errore. Dal punto di vista tattico: perché non si va ad una trattativa politica assumendo in partenza una posizione già mediata. E di principio: perché, essendo la Fivet abortigena, non è mai lecito farsi -come cattolici – promotori in prima persona di una legge iniqua e omicida. È invece possibile, stando alla Evangelium vitae, votare una legge che mira a “limitare i danni” quando “non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista” a patto che la posizione di principio del parlamentare sia “chiara e a tutti nota”. Tutto questo nella vicenda-Fivet è mancato.
Come lamentato da una agguerrita minoranza di consiglieri nazionali del Movimento per la Vita, le associazioni cattoliche avrebbero dovuto invece presentare una “proposta di bandiera”, che rendesse a tutti evidente la contrarietà di principio a ogni Fivet. Soltanto dopo avrebbe avuto legittimazione la ricerca di una mediazione. Perché tutto questo non è avvenuto? Forse qualcuno temeva che, assestando la “linea del Piave” contro ogni Fivet, il mondo cattolico si sarebbe rivelato diviso, visto che per alcuni teologi e per molti politici ex Dc la Fivet omologa non pone alcun problema di coscienza. Di più: in alcuni ospedali di ispirazione cristiana, come ad esempio il San Raffaele di Milano, da anni si pratica proprio la Fivet omologa. Insomma: una brutta storia sulla quale – c’è da augurarselo -dovrebbe intervenire al più presto la voce chiara e precisa della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il gregge dei credenti, confuso e frastornato, aspetta lumi dai suoi pastori.
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