Dalla provetta all’aborto, passando per i matrimoni gay: ecco le nazioni che si oppongono alla diffusione planetaria delle leggi ingiuste. Ci sono ancora Stati che vogliono smarcarsi dal liberalismo relativista delle nazioni “moderne”. Sperando che anche il mondo cattolico riscopra la dottrina della legge ingiusta
Forse non tutti sanno che vietare per legge la fecondazione artificiale, o l’aborto procurato, o i matrimoni gay, è tecnicamente tuttora possibile. Nel 2013 esistono ancora nazioni il cui ordinamento giuridico stabilisce che produrre bambini in provetta è proibito. Sempre. È il caso ad esempio del Costa Rica, dove la fecondazione in vitro non si può proprio fare, né nella sua versione omologa né in quella eterologa. Non sono ammesse eccezioni. Ovviamente, poiché viviamo in un mondo alla rovescia, le leggi giuste sono oggetto di persecuzioni e reazioni rabbiose da parte di organismi internazionali nati per difendere i cosiddetti “diritti dell’uomo”. La Corte Interamericana dei diritti umani, ad esempio, il 28 novembre del 2012 ha condannato il Costa Rica proprio per aver tutelato i diritti umani dei nascituri. I solerti giudici interamericani se la sono presa con la sentenza della Corte Suprema del Costa Rica, la quale il 15 marzo del 2000 aveva dichiarato incostituzionale il decreto con cui erano regolamentate le tecniche in provetta, sancendone quindi il divieto. In Costa Rica la posizione della Chiesa sulla fivet è stata di totale chiusura alla sua legalizzazione. Secondo il presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di San José, monsignor Hugo Barrantes Ureña, la fecondazione artificiale «è una tecnica che, per raggiungere le sue finalità, elimina, nel suo processo, un grande numero di embrioni fecondati, cioè vite umane nascenti».
Nazioni contro l’aborto
Sempre nella stessa area geografica, in Centro America, spiccano alcune nazioni nelle quali l’aborto volontario è vietato sempre, senza eccezioni: è il caso del Nicaragua e di El Salvador, Paesi in cui vivono complessivamente 12 milioni di persone. Stessa normativa è in vigore in Cile. Tutte queste nazioni sono costantemente sotto attacco da parte di organismi “umanitari” internazionali – come Amnesty International – e subiscono pressioni fortissime da lobby e nazioni “sviluppate e democratiche” affinché liberalizzino l’aborto. Secondo Kate Gilmore, vice Segretaria generale di Amnesty International, «il divieto di aborto terapeutico in Nicaragua rappresenta una disgrazia ed è uno scandalo dei diritti umani che ridicolizza la scienza medica e trasforma la legge in un’arma contro la somministrazione di cure mediche alle donne e alle ragazze incinte».
Anche in Africa permangono numerose nazioni con leggi che vietano l’aborto in ogni caso: ad esempio l’Angola, la Somalia, la Nigeria. In Europa, rimangono per ora solo cinque le nazioni che vietano l’aborto sempre: l’Irlanda, Malta, Andorra, lo Stato Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino.
Alcune sorprese
Quando si considerano le nazioni sotto il profilo delle leggi sull’aborto, non mancano le sorprese. L’uccisione dei nascituri è vietata senza eccezioni nella Siria di Re Assad, ed era vietata nella Libia di Gheddafi e nell’Egitto di Mubarak. In Turchia, il premier Recep Tayyip Erdogan ha annunciato da tempo che intende modificare in senso restrittivo la legge che dal 1983 ha reso lecito l’aborto. Il partito conservatore e islamista al governo, Giustizia e Sviluppo, vuole limitare alle prime quattro settimane di gravidanza la liceità dell’intervento, ma si ipotizza anche di vietare del tutto l’aborto legale. Tra i Paesi che vogliono rivedere in senso restrittivo l’aborto si è segnalata di recente la Lituania, che vuole modificare la legge di stampo sovietico ancora in vigore. Sempre dall’Est vengono notizie incoraggianti e insieme sorprendenti. La Russia di Vladimir Putin, ad esempio, ha rivisto anni fa la legislazione sull’aborto in senso restrittivo. E in tempi più recenti, la terra che fu in balia di Lenin e di Stalin non ha esitato a prendere le distanze dal mondo occidentale, di fronte all’imponente offensiva omosessualista in atto. Così, la Corte Suprema ha emanato una sentenza storica, nella quale si è stabilito che per 100 anni in Russia sarà vietata ogni manifestazione del tipo “Gay pride” o in generale promotrice dell’ideologia omosessuale. Del resto, quando iniziative del genere sono state tentate in Russia, la reazione delle forze dell’ordine e dei cristiani ortodossi è stata indubbiamente immediata ed energica.
Un faro nella notte: il caso ungherese
Una citazione speciale merita l’Ungheria del premier Viktor Orban. I magiari si sono dati una nuova costituzione che esordisce invocando la benedizione divina: «Dio protegga gli Ungheresi ». Già questo ha fatto montare su tutte le furie la nomenclatura europea, laicista e in odore di massoneria. Gli ungheresi hanno anche solennemente proclamato che «ognuno ha diritto alla vita e alla dignità umana» e che «la vita del feto è protetta fin dal concepimento ». Ma non basta: per la carta fondamentale ungherese la famiglia è una sola, quella fra un uomo e una donna legati dal vincolo del matrimonio. Come ciliegina sulla torta, la nuova costituzione pone fuori legge il vecchio Partito comunista, dichiarandolo organizzazione criminale. La cosa affascinante è che tutti questi emendamenti – che hanno scatenato le reazioni furibonde dell’Unione europea – sono stati votati a larghissima maggioranza dal parlamento ungherese, e inoltre il partito di Orban ha il 52% dei consensi nel Paese. È stato sempre lui, Orban, a promuovere in Ungheria una campagna di manifesti per le adozioni, i quali descrivono un embrione che parla alla madre e dice «Capisco, mamma, che tu non sia pronta per me, ma ti prego dammi in adozione, lasciami vivere».
Lezioni da imparare
Questa serie di fatti ci dice alcune cose molto interessanti. Proviamo a riassumerle in ordine di importanza.
a. Approvare delle leggi giuste nel campo dei principi non negoziabili è tecnicamente possibile. Sia chiaro: è diventato molto difficile, addirittura arduo in gran parte delle nazioni europee e occidentali. Tuttavia ci sono delle eccezioni, spiegabili con la caparbietà di alcuni uomini di buona volontà. È chiaro che se un politico nemmeno ci prova, sicuramente non ci riuscirà.
b. Quando una classe politica, o gli intellettuali, o i pastori, smettono di battersi contro le leggi ingiuste, si condannano a dimenticare che cosa sia giusto e ingiusto nel diritto. Emblematico il caso dello Zambia, dove il governo vuole introdurre nella costituzione il principio che lo Stato si fonda sul cristianesimo, ma la conferenza episcopale di quel Paese si oppone a tale decisione, perché – sostiene – si deve difendere la laicità dello stato.
c. Battersi a favore di leggi giuste implica riconoscere che la categoria “leggi giuste” esiste e ha carattere oggettivo. Nello stesso mondo cattolico questa certezza va evaporando di giorno in giorno. Alcuni teorizzano che non esistono leggi giuste o ingiuste in senso assoluto, ma che esiste solo “la miglior legge possibile in questo determinato contesto”. Si abbandona così la millenaria dottrina del diritto naturale – che lega fra loro i giuristi pagani di Roma antica e il dottore angelico Tommaso D’Aquino – e si scivola verso un relativismo giuridico che seppellisce definitivamente ogni battaglia di principio.
d. Bisogna saper riconoscere i contenuti di una legge ingiusta. Una legge che permette e non sanziona l’aborto, la fecondazione artificiale, l’eutanasia, è una legge ingiusta. Una legge che ammette la fecondazione artificiale omologa rimane una legge gravemente ingiusta. Come tale, essa non è più una vera legge e cessa di essere vincolante in coscienza. Nell’impossibilità politica di abolire una legge simile, rimane l’obbligo costante di denunciarla pubblicamente come ingiusta e di combatterla senza tregua per abolirla o almeno migliorarla.
e. I criteri di giudizio sugli Stati e sulle loro legislazioni devono “smarcarsi” dai parametri del mondo. Da decenni siamo abituati a considerare le democrazie occidentali come fari di giustizia e di libertà, ma sui grandi temi della vita e della famiglia si sta verificando una clamorosa inversione: le nazioni con sistemi meno liberali sono talvolta decisamente migliori delle democrazie “progredite”. Paradossalmente, potremmo trovarci di fronte a un nuovo elenco di “Stati canaglia”, stilato dagli organismi sovrannazionali per mettere alla berlina le nazioni che non vogliono sottostare al politicamente corretto e all’epidemia di leggi contro la vita e frutto dell’ideologia omosessualista.
IL TIMONE N. 125 – ANNO XV – Luglio/Agosto 2013 – pag. 16 – 17
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