Con una vasta opera riformatrice, Leone IX smentisce ancora una volta chi vede nella Chiesa solo una rigida struttura prigioniera della propria tradizione.
Papa Leone dà inizio alla riforma della Chiesa medievale che avrà il suo apogeo con il fulgido ponti?cato di Gregorio VII: elimina le numerose deviazioni morali del clero, soprattutto simonia e concubinato, recupera la centralità di Roma sulla base dottrinale del primato di Pietro e svincola il papato dall’in?uenza dell’imperatore, restituendogli nuova indipendenza.
Raduna attorno a sé i più stimati personaggi del tempo. Così troviamo il monaco Ildebrando, che una volta divenuto Papa con il nome di Gregorio VII proseguirà l’opera con la Riforma gregoriana, Ugo il Candido del monastero di Remiremont, Umberto da Silva Candida, l’arcidiacono Federico di Liegi, che sarà papa Stefano IX, Pier Damiani, priore di Fonte Avellana poi cardinale di Ostia, Anselmo da Baggio, vescovo di Lucca e in seguito papa Alessandro II, e in?ne l’abate Ugo di Cluny.
Da questo “gruppo di lavoro” prenderà forma l’istituto del collegio cardinalizio al diretto servizio del Papa non più solo per le funzioni liturgiche, ma anche per aiutarlo e consigliarlo nel governo della Chiesa.
Nella Dieta di Worms del dicembre 1048, l’imperatore Enrico III (1039-1056) designa il proprio cugino Brunone, del quale apprezza l’ardore riformistico già manifestato nella diocesi di Toul, come successore di papa Damaso II, prematuramente scomparso nel 1048.
Brunone, alsaziano e originario della famiglia dei conti di Dagsburg in cui nasce il 21 giugno 1002, non considera suf?ciente quest’investitura, ma sente il dovere di recarsi in pellegrinaggio a piedi dalla sua diocesi a Roma, vestito poveramente e senza sfarzo, per ricevere la consacrazione uf?ciale dal popolo e dal clero romano.
Il primo atto del ponti?cato di Leone IX è la convocazione in Laterano di un sinodo in cui è ribadita la severa condanna dei vescovi simoniaci e del matrimonio dei preti.
Viaggia spesso in Europa e in Italia, soprattutto nel meridione per controllare l’espansione dei Normanni. Convoca i sinodi di Pavia, Reims e Magonza, deplora costantemente la simonia, l’investitura laicale e il concubinato sacerdotale.
Nel sinodo di Vercelli nel 1050 censura la dottrina di Berengario di Tours, secondo la quale nella consacrazione dell’Eucaristia il pane e il vino non si trasformano realmente nel corpo e nel sangue di Gesù, ma rimangono ciò che sono assumendo solo un signi?cato simbolico.
A Reims riunisce nell’autunno del 1049 un altro concilio in cui ribadisce con nuovo vigore il primato del Papa, cui spetta in esclusiva il titolo di “Primate e Apostolo della Chiesa Universale”, sull’intera cristianità.
Nelle lettere e nelle bolle, redatte anche con l’ausilio di Umberto di Silva Candida e di Pier Damiani, sulla base della tradizione dottrinale tramandata ?no allora Leone sostiene che il Papa è il vertice della gerarchia ecclesiastica la cui preminenza assume valore di verità di fede a cui credere per conservare la piena comunione con Roma.
L’affermazione decisa di questa dottrina porta inevitabilmente allo scontro e alla successiva frattura del 1054 con il patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario.
A questo con?itto Leone giunge dopo essere stato liberato dalla prigionia dei Normanni. Da alcuni decenni, infatti, questi turbolenti cavalieri si erano installati nel meridione italiano vessando e saccheggiando costantemente sia la popolazione locale che i beni della Chiesa.
Leone IX decide di intervenire personalmente ma con un esercito modesto e male organizzato. Inevitabile la scon?tta e la prigionia nella battaglia del 1053 presso Civitate, a sud del Gargano.
Dopo nove mesi di reclusione si giunge a una paci?cazione nell’interesse di entrambi: al Papa l’appoggio dei Normanni conferisce maggior peso nel suo progetto di riforma; i Normanni, nella persona di Roberto d’Altavilla detto il Guiscardo, con l’accordo ottengono il riconoscimento delle loro conquiste al sud.
Leone IX lascia la prigionia di Benevento il 12 marzo 1054. Arrivato a Roma affronta il problema della Chiesa d’Oriente.
Già nel 863 si era creato uno scisma tra il patriarca Fozio e papa Niccolò I (858-867) per questioni sia “politiche” (la legittimità di Fozio al patriarcato di Costantinopoli) che dottrinali (la questione del Filioque), separando Oriente e Occidente anche per quanto riguarda il computo dei concili ecumenici: l’ottavo concilio ecumenico di Costantinopoli non è riconosciuto dalla Chiesa ortodossa, che invece identi?ca come VIII il concilio del 879-880 convocato da Fozio.
Michele Cerulario è intriso di odio per i latini e per le loro usanze, al punto da arrivare a calpestare più volte le ostie consacrate in spregio all’uso del pane azzimo, oltre a ri?utare la tradizione Quaresimale della Chiesa di Roma del digiuno del sabato e della sospensione dell’ “Alleluia”.
In realtà Michele Cerulario giunge al termine di un percorso plurisecolare in cui i diversi Patriarchi di Costantinopoli hanno cercato di allontanarsi sempre di più dalla supremazia del vescovo di Roma, riconoscendogli solo un primato di onore e non di giurisdizione, nel tentativo di introdurre la teoria della “pentarchia”, secondo cui la Chiesa universale è guidata dai cinque Patriarchi con identica dignità.
Leone IX invia a Costantinopoli per dirimere la questione il cardinale Umberto, che però assume un atteggiamento oltremodo intransigente che non favorisce la riconciliazione.
Il 16 luglio 1054, durante la S. Messa nella chiesa di S. So?a a Costantinopoli, i legati romani depongono la sentenza di scomunica sull’altare contro Michele Cerulario e i suoi seguaci. Subito dopo lasciano in tutta fretta Costantinopoli.
L’imperatore Costantino IX tenta un estremo tentativo di paci?cazione, ma Michele Cerulario brucia pubblicamente la bolla di condanna con un gesto di s?da e il 20 luglio convoca un sinodo in cui a sua volta “scomunica” il Papa.
Da quel momento la piena comunione tra le due Chiese non sarà più ristabilita. In realtà la condanna non raggiungerà mai il Papa perché il Ponte?ce è nel frattempo deceduto, il 19 aprile.
Una parziale soluzione al problema si avrà il 7 dicembre 1965, vigilia della chiusura del Concilio Vaticano II, con la lettura di Paolo VI e del patriarca di Costantinopoli Atenagora di una “dichiarazione congiunta” che sancisce l’annullamento delle rispettive scomuniche.
“Solo la chiesa romana, attraverso la cattedra di san Pietro, è stata a capo di tutta la religione cristiana, af?nché dirigesse tutte le altre chiese…
Colui che cerca di sottrarre alla chiesa di Roma il primato che le è stato dato da Cristo stesso, costui senza dubbio incorre nell’eresia…
Chi opera contro colei che è madre della fede, viola la fede; e dev’essere riconosciuto ribelle chi non antepone la chiesa di Roma a tutte le altre chiese”.
(Pier Damiani, Opuscolo 5, Lettera 65, 1059).
IL TIMONE – N. 32 – ANNO VI – Aprile 2004 – pag. 58 – 59