La Sacra Scrittura e il papato sono all’origine della capacità del Credo cattolico di rimanere saldo nel tempo. E di affrontare anche le sfide più difficili. Con qualche “scossone” per la Chiesa, che tuttavia ne esce sempre, alla fine, più salda e forte
Sono sempre molto colpita, se appena osservo con un po’ di attenzione, dall’equilibrio che caratterizza il Credo cristiano, in particolare cattolico. Un equilibrio di fondo, che non sono mai riuscite a scardinare neanche le diverse accentuazioni che nel corso dei secoli ha assunto nella pratica il messaggio evangelico. Il quale è passato, tanto per fare qualche esempio, attraverso spiritualità spesso molto diverse tra loro come quelle che hanno caratterizzato, in ordine successivo, il Medioevo, il Rinascimento, l’epoca barocca. Ma anche (volgendo lo sguardo ai rapporti tra cristianesimo e resto del mondo) al difficile impatto, sempre alla fine superato, con realtà come il mondo barbarico, poi quello islamico, successivamente ancora con la cultura rinascimentale e infine con l’illuminismo moderno. E tutto questo mentre, periodicamente, eresie, scismi, conflitti teologici, scontri anche accesi con i poteri temporali creavano momenti difficili e causavano divisioni laceranti, alcune tuttora presenti.
Difficoltà, c’è da dirlo, che, a viste umane, avrebbero distrutto prima o poi qualunque complesso dottrinale e che, invece, il cristianesimo è riuscito a superare non sopravvivendo stentatamente, ma rigenerandosi di continuo attorno a quel suo nucleo forte che lo caratterizza. Ciò che infatti, pur nei cambiamenti, non è andato mai smarrito è sempre stata quell’esperienza profonda di Dio creatore ma anche Padre amoroso che, in quanto tale, illumina di una luce speciale l’uomo, il mondo in cui vive e il rapporto tra loro. Vediamo allora di capire che cosa permette al cristianesimo, ma in particolare al cattolicesimo, questa elasticità che gli consente di adattarsi alle diverse situazioni che si sviluppano nel tempo e nello spazio – cioè nel corso dei secoli e nei differenti paesi del mondo – e che, al contempo, lo rendono capace, al di là di qualche temporanea incertezza, di non rinnegarsi mai.
Il dato che per primo balza all’occhio è il fatto che il cristianesimo, proprio per sua natura, e a differenza di ogni altro Credo, sembra attrezzato per attraversare la storia. E questo perché è esso stesso una fede che non solo si traduce in storia, ma trae proprio da essa il suo sviluppo progressivo. Esso, infatti, è in realtà costituito non da un unico evento originario, ma da una serie di eventi che, partendo da una Rivelazione iniziale, si sono andati sviluppando nel tempo. Eventi che continueranno in questo loro movimento fino alla fine della storia stessa la quale coinciderà – ci è stato assicurato con chiarezza – proprio con lo svelamento totale del Mistero. Secondo la fede cristiana, dunque, Dio inizia a prendere per mano quell’uomo che ha creato libero, ma per questo anche estremamente fragile, conducendolo pazientemente, proprio attraverso una serie di eventi, a una coscienza sempre più profonda di sé, del rapporto con il suo Signore e dunque del proprio destino, già attraverso gli accadimenti dell’Antica Alleanza. Così, poco a poco, in mezzo agli alti e i bassi della sua storia, gli ispira quella Scrittura che resterà punto di riferimento fondamentale e che conterrà, tra molte altre cose, la Legge che lo aiuterà ad orientarsi. Poi, quando reputerà il tempo maturo, il Padre gli farà il dono di una Nuova Alleanza più grande ancora perché costituita dal Figlio stesso, il Verbo incarnato. Quel Gesù che fa conoscere con pienezza agli uomini quale sia la loro dignità, dal momento che Dio stesso ne ha assunto la natura portandola fino all’interno della sua vita trinitaria. Non solo: disvelando loro anche l’intensità del rapporto d’amore nel quale sono coinvolti. Un legame così forte da giungere fino al dono della vita del Figlio che offre se stesso per procurare agli uomini una figliolanza eterna e gioiosa, simile alla sua. Uno sviluppo certamente impensabile e imprevedibile a viste umane. Una possibilità concreta di autentica divinizzazione, un avvenire glorioso che attende ogni uomo che vedrà la vita nei secoli a venire.
Un tesoro, tuttavia, racchiuso in fragili vasi di creta che, per questo, viene sapientemente affidato alle cure di quella Chiesa prevista e voluta da Gesù stesso proprio come una “pietra” forte e sicura capace di offrire agli uomini gli aiuti che permettano ad ogni credente di tradurre nella pratica quella redenzione che il Cristo ha guadagnato. A cominciare da quella liturgia, nel corso della quale essa non solo interpreta e sbriciola la Scrittura per farne cibo facilmente commestibile a tutti, ma anche celebra quei sacramenti, primo tra essi l’eucaristia, che rendono in ogni istante Cristo vivo e operante in mezzo al popolo cristiano.
Il cristianesimo, dunque, riesce ad adattarsi facilmente alla storia proprio perché è esso stesso una fede che si alimenta di storia. Una fede che si impasta, come Gesù nell’incarnazione, con la storia del mondo, ma che al contempo in ogni istante la travalica perché punta continuamente il dito sul Mistero che la accompagna; perché mostra un orizzonte che è ben più ampio delle sole vicende umane. In effetti, il Dio in cui crede non è un Dio che sta nel suo empireo e guarda agli uomini con distacco ma, al contrario, è un Dio che ha voluto entrare egli stesso in quella storia che aveva creato, in quell’umanità a cui aveva dato vita, partecipandovi direttamente in un rapporto soggetto ad uno sviluppo continuo. Questa singolarità, unica tra le varie fedi, mantenuta viva nel tempo successivo agli eventi originari, anche grazie alla presenza della Chiesa, sta appunto alla base di quell’equilibrio cristiano cattolico di cui parlavamo, di quella capacità, nonostante tutte le difficoltà, di sopravvivere essendo se stessa e adattandosi al contempo al mutare degli eventi e delle culture.
Per questo il cristianesimo (pur soggetto anch’esso alla tentazione continua dei sommovimenti culturali mondani, delle filosofie e ideologie che si susseguono le une alle altre, pur talvolta sulle prime un po’ frastornato) alla fine riesce ad operare quel discernimento di cui parla san Paolo. Riesce, cioè, a scorgere le ricchezze che la vitalità umana realizza e ad approvarle, ma anche a rendersi conto delle insidie e dei pericoli che nascondono e a denunciarli, riproponendo così con chiarezza la verità su Dio, sull’uomo e sul mondo. Riesce, cioè, a riportare la barra al centro ogni qual volta la storia debordi in un senso o nell’altro: per esempio, soffocando troppo la dimensione verticale a favore di quella orizzontale o viceversa. E questo anche nei momenti più bui della storia, quando in questi sommovimenti diventano a rischio non solo la fede in Dio, ma anche la libertà o la dignità umana. Proprio oggi ne abbiamo un esempio lampante, perché la voce della Chiesa cattolica è spesso praticamente l’unica che si levi, contro tutti i conformismi del politicamente corretto, a vera difesa di una visione sacrale della vita. contro una cultura impazzita che ha smarrito il senso della vera libertà e dignità umane. Molti, è vero, si adirano per questo e tacciano la Chiesa di invadenza. Ma chissà che non siano gli stessi che – anche solo tra qualche anno – benediranno che qualcuno, nel generale annebbiamento, abbia saputo tenere duro e salvare ciò che si rischiava di perdere per sempre: la fede in Dio, il valore della vita umana e della famiglia, la sacrosanta eguaglianza e al contempo sacrosanta differenza tra i sessi?
Capacità di equilibrio, dunque. Ma, sottolineavamo, capacità propria in particolare della Chiesa cattolica. Perché proprio questa? Per una serie di motivi che attengono in particolare a due aspetti: e, cioè, il ruolo che nella Chiesa cattolica svolgono la Scrittura e il papato.
La Scrittura cristiana. È bene ricordare come essa, a differenza di altre – a cominciare dal Corano, che sarebbe stato dettato da Allah stesso a un intermediario passivo, Muhammad – sia il frutto di una collaborazione tra Dio e l’uomo. Collaborazione che sottolinea ancora una volta in quale dignità il Creatore abbia voluto porci. Nel cristianesimo, infatti, lo scrittore sacro non viene considerato un semplice trascrittore di parole che riceve sotto dettatura. Il cuore di ciò che egli scrive, il significato profondo di ciò che egli dice, è sì ispirato e dunque vero. Poiché tuttavia è un cuore che viene dall’eterno per entrare nel tempo e per accompagnare questo tempo stesso fino alla sua fine, è ammantato di tempo. È, cioè, debitore al momento, al luogo, alla personalità stessa che ha scritto. Proprio per queste sue caratteristiche quel cuore eterno potrà in seguito essere svestito del tempo in cui è stato scritto e ricoperto da un tempo nuovo. Tutto ciò è un elemento fondamentale per quella elasticità cristiana di cui parlavamo, perché consente una lettura della Scrittura adatta ad ogni situazione. Ma, come è facilmente comprensibile, è anche un aspetto delicato, che può dar vita ad abusi pericolosi. Da qui l’importanza della Chiesa e di quella interpretazione autentica della Scrittura che rientra tra i suoi compiti fondamentali. Essa infatti consente al contempo novità di applicazione e fedeltà all’essenziale.
Il ruolo del papato. Non vi è dubbio che esso sia assai importante, anzi decisivo al riguardo. E che, lungi dall’ingessare la fede e la dottrina come qualcuno pensa, in realtà sia proprio un elemento importantissimo per l’elasticità di cui parlavamo. Sappiamo bene come la sua origine sia nella Scrittura stessa per volontà chiara e precisa di Gesù. Ma sappiamo anche come, al di là di tutte le prove storiche possibili, sia stata proprio l’esperienza a dimostrarne la validità. A dimostrare cioè come, mentre nei momenti di cambiamento e di confronto con il mondo sia assai utile che opinioni tra loro contrapposte si misurino anche all’interno della Chiesa dando forma al nuovo, è indispensabile che qualcuno che abbia autorità e carisma sicuri sorvegli e, alla fine, tiri le fila. Garantendo così il necessario cambiamento ma insieme la fedeltà e l’unita necessaria a procedere saldamente nel tempo. Sino alla fine della storia.
IL TIMONE N. 102 – ANNO XIII – Aprile 2011 – pag. 56 – 57