I santi chinati sui sofferenti si piegano su Cristo. lo vedono e amano nelle membra dolenti del prossimo. sono un prolungamento dell’incarnazione di Cristo e rispondono in sua vece alle domande di chi soffre.
Spesso l’uomo pone domande sul significato del male e del dolore. Ma quando poi viene egli stesso assoggettato alla sofferenza, allora s’accorge che è piuttosto il dolore ad interrogare lui. E più egli si sentirà accerchiato e sovrastato, più le domande si faranno urgenti e angosciose: «Ma io chi sono? Che cosa mi accadrà? Chi mi può salvare?». Potendolo, egli si volgerà allora verso le persone che lo amano per averne promessa di salvezza e di immortalità. Tale promessa («Tu non morirai mai!») è inclusa oggettivamente in ogni vero amore, anche se le creature sanno (ed è altro dolore!) di non poterla mantenere. E quando, alla fine, le sofferenze appaiono nella loro vera natura di prolixitas mortis (anticipo prolungato di morte), le promesse degli amanti giungono al bivio: o manifestano malinconicamente e tragicamente la loro impotenza o si svelano come invocazione al Grande Amore. Per questo ogni amore umano è domanda di «Incarnazione», attesa del Figlio di Dio che – per un prodigio di carità – si assuma il nostro patire e il nostro morire e ci apra la strada della Risurrezione.
Quando vediamo i Santi chinati con tenerezza a lenire i corpi e le anime doloranti dei feriti che incontrano sulla strada, ci viene spontaneo pensare che essi si piegano su Cristo, che essi Lo vedono e Lo amano nelle membra sofferenti del prossimo.
Ma i Santi non sono dei visionari, né trascurano l’irripetibile volto di ciascun malato che stringono tra le braccia. Semplicemente essi hanno offerto la propria umanità a Cristo, per un prolungamento di incarnazione, e si trovano perciò collocati là dove il Grande Amore risponde alle domande delle creature. I Santi sono là ad annunciare l’esaudimento che il Grande Amore dà a tutte le promesse di salvezza nascoste nei piccoli amori. Ancora di più: i Santi stessi, mentre sono occupati nelle loro opere di misericordia, si sentono “visitati” da Cristo che viene sotto le spoglie del sofferente, e ne provano un’infinita commozione.
«Doppia e misteriosa liturgia: il povero vede Cristo venire a lui sotto le specie di colui che lo soccorre, e il benefattore vede apparire nel povero il Cristo sofferente, sul quale egli si china. Ma, per ciò stesso, si tratta di un’unica liturgia. Da ambedue i lati c’è soltanto Cristo: il Cristo Salvatore viene verso il Cristo Sofferente, e ambedue si integrano nel Cristo Risorto». Cosi, contemplando il celebre “bacio” di San Francesco al lebbroso, non è facile dire chi dei due abbia meglio visto e accarezzato il volto di Cristo. Di Camillo de Lellis dicevano che «quando pigliava in braccio [qualche malato] per mutargli le lenzuola, lo faceva con tanto affetto e diligenza che pareva maneggiare la persona stessa di Gesù Cristo» e spesso gli parlava «con tanto affetto, che pareva fosse impazzito dall’amor suo, chiamandolo particolarmente: Signor mio, anima mia, che posso io fare per vostro servigio? Pensando che egli fosse l’amato suo Signore Gesù Cristo». A volte, si spingeva fino a raccontare al malato i suoi peccati per esserne ancora perdonato. S. Vincenzo de’ Paoli voleva che Cristo fosse onorato in tutte le categorie di miserabili che gli avveniva di incontrare, e sosteneva che la carità dovesse essere «creativa all’infinito». E potremmo continuare, di secolo in secolo, fino a rievocare l’immagine della Beata Madre Teresa di Calcutta che usava tenere (e tiene ancora) le sue figlie immobili in ore di adorazione davanti al Santissimo Sacramento, per educarle a toccare poi i malati «con la stessa tenerezza e rispetto con cui il sacerdote tratta le specie eucaristiche». E spiegava ai suoi ammiratori: «Tutto quel che facciamo lo facciamo per Gesù. Le nostre vite non hanno alcun senso, alcuna motivazione all’infuori di Lui, che ci ama fino in fondo. Gesù solo è la spiegazione della nostra vita».
Sentire queste parole e capire che esse parlano in maniera assolutamente «personalizzata» di ogni singolo povero incontrato e soccorso, è l’affascinante segreto della carità cristiana.
BIBLIOGRAFIA
Antonio Maria Sicari, Ritratti di Santi, in dieci volumi, Jaca Book.
Vladimir Ghika, La liturgie du Prochain, Beauchesne, Paris, 1952.
Dossier: Dio e il problema del male
IL TIMONE – N. 57 – ANNO VIII – Novembre 2006 – pag. 46