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15.12.2024

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L’essere, l’esistenza, la creazione e Dio
31 Gennaio 2014

L’essere, l’esistenza, la creazione e Dio


Una sintesi dell’eccellente repertorio di nozioni fondamentali con cui Tommaso apre concettualmente le porte della realtà e parla filosoficamente di Dio



Che cosa significa esistere? Che cos’è l’essere? Perché ci sono le cose invece che nulla? Qual è la causa dell’universo? Esiste Dio? A queste e ad altre domande risponde l’ontologia di Tommaso d’Aquino, che fornisce un eccellente repertorio di concetti per capire la realtà, una sorta di mazzo di chiavi per aprirne concettualmente le porte. L’ontologia è (semplificando) quella parte della filosofia che investiga sull’essere (in greco «on») di qualcosa, sulla natura di una cosa (cioè cerca di rispondere alla domanda: «che cos’è questa cosa?»), sulla sua possibilità/impossibilità di esistere e su questioni come quelle appena menzionate.

L’ente
Una cosa che abbia una qualche forma di esistenza si designa in filosofia con il termine «ente». Ora, per Tommaso ci sono due fondamentali tipi di ente:
l’ente reale (un albero realmente esistente, una casa effettivamente esistente, ecc);
l’ente mentale-ideale, cioè una qualche entità che esiste nella mente (per esempio l’idea di casa è un ente mentale, come pure l’idea di ippogrifo e di chimera).
Così, alla domanda «che cosa significa esistere? », si può rispondere che esistere significa avere una qualche consistenza, appunto reale o mentale.
Ogni ente reale ha sempre come correlato mentale almeno un’idea che si trova nella mente di Dio; può inoltre avere un ente mentale che gli corrisponde anche nella mente di un uomo (per es., la casa reale ha come correlato mentale il concetto di casa che si trova nella mente di un uomo) se un uomo conosce quell’ente.
Dal canto loro, gli enti mentali a volte hanno dei corrispondenti reali (il concetto intramentale di casa ha come correlato la casa reale), a volte no (l’ippogrifo e la chimera sono enti mentali senza corrispondenti reali).

Un ente può poi essere:
possibile, se può esistere (la casa);
impossibile, se non può esistere (il cerchio quadrato) perché assurdo, contraddittorio.

Nell’ontologia dell’Aquinate è molto importante rilevare la distinzione tra essere ed essenza:
l’essere è ciò che fa appunto essere un ente possibile, risponde alla domanda «esiste?»;
l’essenza è la natura di un certo ente, risponde alla domanda «che cos’è?», è ciò che fa sì che un ente sia (per es.) una casa e non un albero.

Per Tommaso, nella mente di Dio si trovano delle idee relative ad ogni ente possibile, dopodiché (in forza della sua decisione creativa, come vedremo) alcuni di questi enti possibili esistono anche nel mondo (ricevono l’essere) ed altri no.
Tutti gli enti reali sono composti (perlomeno) da due “elementi”, l’essenza e l’essere, tutti hanno una certa essenza ed hanno altresì l’essere, lo ricevono (da Dio, come vedremo fra poco); tutti tranne Dio, che è l’Essere Stesso Sussistente, in quanto Dio non ha l’essere bensì è l’essere.

Che cosa è l’essere?
Alla luce di questa distinzione, Tommaso risponde ad un’altra delle domande da cui siamo partiti, precisamente la domanda «che cos’è l’essere?», introducendo una concezione dell’essere decisamente innovativa (e tuttavia non compresa ed ignorata per molto tempo, anche da non pochi tomisti, fino alla riscoperta novecentesca da parte, sopratutto, di Étienne Gilson e Cornelio Fabro), quella per cui l’essere è atto (esse ut actus o actus essendi). Per comprendere questa nozione bisogna ricollegarla alla coppia di concetti che l’Aquinate riprende da Aristotele, quella di atto e di potenza.

La potenza passiva è la capacità-possibilità di subire (per questo motivo questa forma di potenza è detta passiva) una trasformazione, di ricevere un’attuazione da qualcun altro (il blocco di marmo è in potenza passiva a diventare statua nel senso che può subire una trasformazione da parte dello scultore; una parte di un motore è in potenza passiva ad essere messa in moto da un’altra parte del motore, ecc.).
L’atto è l’esito dello sviluppo, dell’espressione, della realizzazione, dell’attuazione di una potenza passiva (la statua è l’atto del blocco di marmo scolpito dallo scultore).
La potenza (attiva) è la capacità, posseduta da un ente in se stesso, di agire (ecco perché questa forma di potenza è detta attiva), di realizzare qualcosa (lo scultore ha la potenza attiva di scolpire la statua). Ebbene, la maggior parte delle cose ha un misto di potenza attiva e passiva.
Ora, l’essere è atto nel senso che attua, ciò realizza un ente che altrimenti non esisterebbe e sarebbe soltanto possibile (più a fondo: è la realizzazione di ogni atto, è l’«actualitas omnium actuum»: se la statua è l’atto del blocco di marmo, l’essere della statua è l’atto dell’atto del blocco di marmo), realizza un ente di cui ci sarebbe solo il concetto nella mente di Dio, ma non una realizzazione nel mondo.

Qual è la causa dell’universo?
Sulla scorta di questi concetti, Tommaso affronta un’altra delle nostre domande iniziali: «qual è la causa dell’universo?». Per rispondere svolge le sue famosissime «cinque vie»: cinque ragionamenti, cinque prove filosofiche dell’esistenza di Dio, che emerge (alla fine di questi argomenti) come Causa Prima di tutto l’universo, di tutto ciò che esiste.

Queste prove non le possiamo qui riformulare (sono costretto qui a rinviare: per una trattazione divulgativa della «seconda via» e della «quinta via» a miei scritti del 2001, 2004 e 2005 citati in bibliografia; per una trattazione scientifica di tutte le «vie» ai testi di S. Vanni Rovighi, A.L. Gonzalez e C. Vigna citati in bibliografia). Esse resistono (al riguardo cfr. i testi segnalati nella precedente parentesi), sia pur dopo una rigorizzazione, alle varie obiezioni che sono state loro rivolte, per esempio da Kant, nonché all’obiezione più insidiosa, quella del male (se c’è Dio, perché esiste il male? Per una risposta cfr. il mio articolo del 2006 citato in bibliografia).

Le cinque vie conducono ad affermare con la filosofia, senza bisogno della fede, l’esistenza di un Essere Indiveniente, di una Prima Causa Incausata, di un Essere Necessario, di un Essere Perfettissimo, di un Essere Intelligente Ordinatore e Finalizzatore del mondo. Ma Tommaso dimostra filosoficamente (devo rinviare al mio articolo del 2007 citato in bibliografia) che queste cinque entità in realtà sono la stessa entità, che ha tutte le precedenti caratteristiche. E questa entità la chiamiamo Dio nel linguaggio comune.
Sempre con la filosofia, l’Aquinate deduce (cfr. ibidem) altre caratteristiche di Dio. Riesce cioè a dimostrare che Dio è: Persona, Libero, Onnipotente, Onnisciente, Atto Puro, Sommamente Vivente, Sommamente Buono, Bello, Giusto, Essere Stesso Sussistente, Unico, Amore, Provvidente, Spirituale-Incorporeo, Eterno, Trascendente (cioè distinto) rispetto al mondo, Creatore, ecc.

Perché ci sono le cose invece che nulla?
Rimandando al mio articolo già citato per la ricostruzione degli argomenti di Tommaso che dimostrano le caratteristiche di Dio appena elencate, mi soffermo brevemente solo sugli ultimi due attributi di Dio appena menzionati: Trascendente e Creatore. Così facendo, veniamo ad un’altra delle nostre domande iniziali: «perché ci sono le cose invece che nulla?». Ci sono perché Dio le crea.
Infatti, Dio dev’essere Trascendente (distinto) rispetto al mondo e parimenti Immateriale, perché se Dio fosse coincidente col mondo sarebbe coinvolto nel divenire del mondo e della materia, in lui ci sarebbero cose che succedono nel mondo come il deterioramento, l’infezione, la putrefazione, ecc. ed egli inoltre sarebbe malvagio, perché nel mondo ci sono atti malvagi. Il che implica l’insostenibilità del panteismo, che afferma che Dio coincide col mondo (o, almeno, che dice che in ogni cosa c’è una parte di Dio).
Se Dio è Trascendente-Distinto dalle cose, ne segue che le cose esistono o perché lui le genera, o perché lui le crea. Ora, la generazione è la produzione di una cosa che scaturisce da un generante ed ogni generante genera qualcosa di simile a sé: ogni generato- figlio è simile al generante-padre. Ma Dio è Puro Spirito, dunque da lui non può scaturire per generazione la materia; ora, il mondo è fatto anche di materia, dunque non può derivare da Dio per generazione.
Pertanto, resta solo la possibilità che il mondo sia creato da Dio. E la creazione non è una trasformazione di qualcosa di preesistente (come era, per esempio, la plasmazione realizzata dal Demiurgo di cui parlava Platone), bensì la produzione totale di una cosa che non esisteva per nulla (quando diciamo che un artista crea la sua opera, usiamo la nozione di creazione in un senso un po’ depotenziato, perché in realtà l’artista presuppone qualcosa: per esempio il marmo per fare la statua), la produzione di una cosa che non ha nessun presupposto.

Perché Dio crea il mondo e l’uomo?
E, allora, possiamo fare un’ulteriore domanda: perché Dio crea il mondo e l’uomo?
Visto che Dio è da sempre sommamente perfetto ne segue che crea il mondo e l’uomo senza guadagnare nulla; visto che è Onnipotente, ne segue che è totalmente libero (altrimenti non sarebbe davvero Onnipotente né perfetto); visto che è assolutamente libero, ne segue che crea il mondo e l’uomo senza la minima costrizione.
Ma, allora, se Dio non crea per guadagnare qualcosa, né per costrizione bensì liberamente, resta solo questa possibilità (compresa solo dopo l’avvento del cristianesimo e già intravista nel mondo greco da Platone, che però parlava di plasmazione, non di creazione): Dio crea per amore e si interessa premurosamente all’uomo.

Ora, ribadiamolo, la creazione non è una trasformazione di qualcosa di preesistente, non è una mutazione di qualcosa di già dato (creatio non est mutatio, dice Tommaso), bensì fa essere una cosa che prima non esisteva per nulla. E la parola «nulla» non designa il vuoto, bensì il ni-ente, il non essere, che ha un’esistenza solo mentale (nel senso che c’è un concetto mentale che lo definisce) ma non reale: il nulla lo nominiamo, ma non esiste. Dio con la creazione realizza delle cose di cui egli ha il concetto nella sua mente, ma queste sue idee mentali sono distinte dalle cose che ci sono nel mondo (come la scultura di un atleta realizzata dallo scultore è distinta dall’idea di atleta che lo scultore ha nella sua mente), le quali prima dell’atto creativo non hanno nessuna esistenza fuori dalla mente di Dio: la creazione fa essere.

Più precisamente ancora, per Tommaso la creazione è una relazione tra il Creatore e la creatura, non è un atto che inizia e finisce, bensì un rapporto tra Dio e il mondo in forza di cui il mondo inizia ad esistere ed inoltre perdura, permane nell’essere. In altri termini, la creazione è anche conservazione: per usare un’immagine, Dio tiene ogni cosa ed ogni uomo sul palmo della sua mano, e sotto la sua mano c’è l’abisso del nulla. Noi scompariremmo in questo abisso se Dio non ci facesse perdurare. E Dio ci tiene sul palmo della sua mano anche quando, invece che cor-rispondere all’amore con cui lui ci crea e ci fa perdurare, piuttosto lo snobbiamo con indifferenza o (peggio ancora) quando lo vilipendiamo bestemmiandolo oppure devastando, o uccidendo le sue creature. Sì, ci tiene lo stesso sul palmo della sua mano: la cosa ci dovrebbe far riflettere a lungo ed agire di conseguenza…
Ovviamente abbiamo esposto solo a grandi linee l’ontologia di Tommaso (e per es. non abbiamo per nulla parlato dei trascendentali), e inoltre abbiamo fatto ricorso a molte semplificazioni (perciò chiediamo venia ad eventuali specialisti). Ma speriamo di aver almeno fatto lontanamente intuire la profondità e la capacità esplicativa dei ragionamenti di Tommaso d’Aquino, che è un grandissimo gigante della filosofia. Anzi, a parere dello scrivente (anche alla luce delle altre parti del pensiero tommasiano che il lettore può conoscere in questo dossier), è il più grande filosofo di sempre.



Per saperne di più…

G. Samek Lodovici, L’ultima via di san Tommaso, “il Timone”, 16 [2001], pp. 32- 34; ma si legga l’intero dossier di questo numero della rivista, cfr. www.iltimone.org
Idem, L’esistenza di Dio, Quaderni del Timone, 2004. Idem, La seconda via, “il Timone”, 47 [2005], pp. 36-38; ma si legga l’intero dossier di questo numero della rivista, cfr. www.iltimone.org
Idem, Se a soffrire è un innocente, “il Timone”, 57 [2006], pp. 36-38; ma si legga l’intero dossier di questo numero della rivista, cfr. www.iltimone.org
Idem, La filosofia e la natura di Dio, “il Timone”, 22 [2007], pp. 32-33, cfr. www.iltimone.org
Sofia Vanni Rovighi, Elementi di filosofia, La Scuola, varie edizioni, vol. II.
Angel Luis Gonzalez, Filosofia di Dio, Le Monnier, 1988.
Carmelo Vigna, Il Frammento e l’intero. Indagini sul senso dell’essere e sulla stabilità del sapere, Vita e Pensiero, 2000, pp. 135-182.

Dossier: SAN TOMMASO D’AQUINO IL PIÚ GRANDE TEOLOGO E FILOSOFO DI SEMPRE

IL TIMONE N. 110 – ANNO XIV – Febbraio 2012 – pag. 40 – 42

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