Chi si attendeva dalla visita ad Assisi una messa in liquidazione della Chiesa è rimasto deluso. Il Papa ha messo tutti di fronte a un’alternativa: o il pensiero del mondo, che è il male, o Cristo, che da questo male è venuto a salvarci
Caro Gesù Bambino,
in questi giorni, in cui nella nostra società molti festeggiano il Natale, senza sapere chi è il festeggiato, da povero italiano non ho timore di rivolgermi a te, ben sapendo che solo tu sei in grado di concederci le grazie di cui abbiamo bisogno. A chi infatti dovremmo chiederle se non a te? Sei l’unico che è rimasto credibile in questo mondo, dove tutti promettono e nessuno mantiene. Non mi lascio ingannare dal modo umile e discreto con cui sei entrato in questo mondo. Apparentemente sei venuto a mani vuote, al freddo e al gelo di una grotta, a stento riscaldata da un bue e da un asinello. Deposto in una mangiatoia, non stavi meglio di tanti bambini che fuggono dalla fame e dalla guerra verso le nostre contrade. Eri privo di tutto, ma avevi vicino a te due persone meravigliose, come mai ce ne sono state: tua madre Maria e il tuo custode, Giuseppe, che ti guardavano incantati, ben sapendo quale dono in quel momento il Cielo aveva fatto alla terra. Sei nato povero fra i poveri, bisognoso di tutto, ma hai arricchito il mondo con la tua presenza. Venendo in mezzo a noi, ci hai fatto il regalo più grande che potessimo desiderare. Tu, Bambino Gesù, sei la nostra luce, la nostra salvezza, la nostra pace. A Natale hai dato al mondo in regalo te stesso. Lo ha annunciato l’angelo ai pastori assopiti, improvvisamente svegliati da una musica celestiale: «Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore».
Caro Gesù Bambino, sei tu il regalo di Natale che vorrei chiedere in primo luogo per il mio paese, per questa Italia che ha regalato il presepe al mondo, ma che adesso lo proibisce negli asili e nelle scuole e che si mostra sempre più insofferente per tutto ciò che ti riguarda. Qualcosa di strano e di pericoloso sta succedendo da qualche tempo. Proprio nelle nazioni dove il tuo Vangelo ha prodotto i frutti più belli di fede, di carità e di civiltà, è scesa una nebbia spessa che ti copre e ti oscura, come se la gente si fosse stancata di te. Sono sempre meno le persone che ti ricordano. Sono pochissimi quelli che sanno che il giorno di Natale è quello del tuo compleanno. Quando vado al supermercato, faccio fatica a trovare una scritta di “Buon Natale” da appendere sulla porta di casa. Pare che la nostra società ti abbia privato del permesso di soggiorno. Non puoi immaginare quanto ci rimanga male. Tu forse ci sei abituato perché, da quando hai posto la tua tenda in questo mondo, sei divenuto un perenne fuggiasco.
Non mi rassegno però al fatto che tu te ne debba andare anche dalla nostra bella Italia. Mi chiedo che cosa saremmo senza di te. Che cosa ne faremmo di decine di migliaia di chiese vuote, che verrebbero messe in vendita a prezzi stracciati, trasformate in moschee o in discoteche, o addirittura rase al suolo per non pagare la tassa sul fabbricato? Che ne sarebbe delle nostre meravigliose opere d’arte, che tutto il mondo ci invidia, dove Tu e tua Madre siete stati la scintilla che ha acceso il genio di innumerevoli pittori e scultori? Che ne sarebbe della nostra lingua e della nostra letteratura prive dell’anima cristiana che le ha alimentate, facendo di esse un patrimonio inestimabile dell’umanità? Senza di te, caro Gesù Bambino, la nostra Italia diventerebbe un cumulo di macerie, un deserto senza vita, infestato da serpenti e da scorpioni. Non te ne andare Bambino Gesù. Ti diamo la cittadinanza italiana, ti esentiamo dalle tasse, ti procuriamo una casa e un lavoro, ma non te ne andare.
Vedo che non ti lasci convincere. Vuoi qualcosa d’altro. Ho capito, non ti interessano le nostre cose, ma i nostri cuori. In questo Natale vorresti trovare un posticino nel cuore di ogni italiano. In fondo che cosa ci costa? Dovremmo solo fare un po’ di pulizia, tirare via il marcio, raccogliere la spazzatura e portare tutto in quel luogo benedetto dove il tuo amore tutto brucia e consuma. Questo è ciò che desideri, ciò che chiedi, ciò che ti aspetti da questa Italia che da due millenni ricolmi di doni. Vorresti che mettessimo da parte i pregiudizi, le cattiverie, le guerre che non ci stanchiamo di farti da ormai troppo tempo. Che cosa ci abbiamo guadagnato a mettere al tuo posto Babbo Natale, a sostituire le pecore con le renne, a chiamare festa d’inverno la tua venuta in mezzo a noi? Il bilancio è fallimentare. Siamo poveri e disperati. Ritorna Gesù Bambino. Senza di te siamo perduti. Vieni con il tuo sorriso a ridarci la speranza. Porta la tua famiglia in mezzo a noi, perché ci siamo dimenticati che cosa sia una famiglia. Porta la tua pace nei nostri cuori senza pace.
Ti prego, lasciati convincere. Lo so bene che non siamo moltissimi che desiderano la tua venuta. Anche oggi, come al tempo di Erode, quelli che abitano nei palazzi ti hanno in antipatia. Lo sanno che tu sei un rubacuori e sono invidiosi. Ma anche fuori dai palazzi già si preparano a trasformare il tuo Natale in una festa di carnevale. Cerca di accontentarti, come già facesti a Betlemme con pochi pastori che ti adoravano estasiati. Ci saranno anche quest’anno, te lo promettiamo. Al suono delle campane correremo alla Messa di mezzanotte, perché tu nasca nel nostro cuore.
Prima di chiudere questa letterina, forse un po’ impertinente, ti vorrei ricordare che in Italia c’è il tuo Vicario, il Vescovo di Roma. È un tipo forte e paterno, pieno di bontà e di misericordia. La gente lo ama e lo ascolta volentieri. Mi ricorda il tuo padre putativo, san Giuseppe. È un motivo in più perché tu resti fra noi, in questa Italia che con te è una Regina, senza di te una bandiera sgualcita.
Padre Livio
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