Nelle sentenze dei magistrati, in Italia e nel mondo, c’è ormai il concetto di «nascita sbagliata». È sottinteso che per i disabili è meglio non nascere, che è un danno ricevere la vita. E medici e ginecologi devono risarcirli
«La cosa più saggia del mondo è gridare prima del danno. Gridare dopo che il danno è avvenuto non serve a nulla, specie se il danno è una ferita mortale ». Quando, nel 1922, il grande autore inglese Gilbert K. Chesterton scriveva queste parole all’inizio del libro Eugenetica e altri malanni, non poteva certo immaginare che, 90 anni dopo, il senso di quanto scritto potesse essere completamente ribaltato. Allora, era proprio il pensiero eugenista che Chesterton intendeva indicare quale danno da prevenire.
Un danno da risarcire
Oggi, è la nascita di un disabile ad essere giudicata una rovina. Ne è stata conferma la sentenza della Terza Sezione civile della Cassazione, che, nello scorso ottobre, ha riconosciuto il diritto di una famiglia ad essere risarcita a causa della nascita di una bimba affetta da sindrome di Down. Il danno che si configurerebbe, sia per i genitori che per i fratelli, sarebbe costituito proprio dalla venuta al mondo della portatrice di handicap. E quale sarebbe stata la soluzione al problema, quale lo strumento di prevenzione? L’aborto, ovviamente. A risarcire la famiglia, infatti, dovrà essere il ginecologo, reo di non aver diagnosticato la Trisomia 21 e dunque di non aver informato opportunamente la madre.
Questa decisione deve far riflettere sulla natura eugenetica della legge 194 – si afferma implicitamente che se la madre avesse saputo, avrebbe potuto abortire la figlia perché Down, e tutto legalmente –, ma deve allarmare anche perché ci si spinge oltre. Si arriva, infatti, a mettere in pratica quella teoria che trova ampio spazio in pubblicazioni scientifiche e testi di riferimento che va sotto il nome di Wrongful birth (nascita sbagliata). A dover essere risarcita è anche la stessa bimba, oggi sedicenne: ciò che è sottinteso è dunque il fatto che per la stessa bambina sarebbe stato meglio non nascere. Nascere, cioè, diventa un danno anche per chi riceve la vita.
In Francia non esiste il «diritto a non nascere»
Purtroppo, quello italiano, non è il primo caso del genere. In molti altre Nazioni, dove l’aborto legale ha ormai impregnato il tessuto sociale, si sono registrati precedenti con diversi esiti.
In Francia, è stato stabilito che non esiste il «diritto a non nascere», con una legge che nel 2002 sancì l’impossibilità ad essere indennizzati per danno da nascita con handicap. La vicenda esaminata fu quella di Nicolas Perruche, nato nel 1982 con gravi disabilità psico-fisiche a causa della rosolia contratta dalla madre durante il periodo di gestazione. La donna dichiarò al medico che avrebbe voluto abortire qualora si fossero evidenziati problemi per il nascituro. Eseguiti gli esami necessari, il dottore rassicurò i genitori, ma la diagnosi si rivelò errata. A questo caso, ha fatto seguito quello che nel 2010 ha visto una madre rivolgersi al Consiglio costituzionale francese per chiedere un risarcimento per la nascita di un figlio affetto da distrofia di Duchenne. Richiesta respinta, a conferma della norma del 2002.
In Canada, Florida, Oregon e Australia invece sì
Nel 1997, le cronache canadesi riportavano il caso di un medico costretto a risarcire con quasi trecentomila dollari di allora i genitori di un bambino nato con sindrome di Down. La coppia, che avrebbe optato per l’aborto se correttamente informata circa la malattia del figlio, aveva denunciato il dottor Stanley Morrill per negligenza. La Corte Suprema canadese sentenziò che la responsabilità del medico, e con essa l’obbligo di copertura delle spese dovute alla condizione del disabile, sarebbe cessata al compimento dei diciannove anni.
Una vicenda analoga, nel 2003, vede ancora il Canada come teatro e ancora la sindrome di Down quale buona ragione per preferire l’aborto alla nascita. Stavolta è il dottor Ken Kan a dover pagare oltre trecentomila dollari a Simon Fung e Lydia Zhang, genitori di Sherry. Il medico fu riconosciuto negligente per non aver disposto l’esecuzione dell’amniocentesi, ma anche ai genitori fu imputata la colpa di non essersi rivolti a un altro specialista che avrebbe potuto condurre le necessarie diagnosi prenatali.
Nel 2007 fu invece un giudice della Florida a stabilire che una coppia di genitori doveva essere indennizzata con ben oltre venti milioni di dollari in seguito alla nascita del loro secondo figlio disabile. Il medico che seguiva la famiglia Estrada, il cui primogenito era affetto dalla stessa malattia genetica che poi si manifesterà anche nel fratello, aveva fornito rassicurazioni circa la possibilità di concepire figli sani. Dapprima il risarcimento fu limitato a duecentomila dollari, poiché il dottor Boris Kousseff esercitava la propria professione in ambito statale, essendo direttore del dipartimento di genetica medica dell’Università della Florida del Sud. Per cifre superiori, sarebbe stata necessaria l’approvazione di una legge specifica per il caso. Legge che viene discussa e nella quale si stabilisce che a Daniel e Amara Estrada devono essere versati oltre ventiquattro milioni di dollari dall’Università per la «nascita sbagliata di Caleb Estrada».
Casi più recenti, entrambi risalenti al 2012, riguardano l’Oregon e l’Australia.
Il primo è relativo ad una bimba affetta da Trisomia 21 i cui genitori hanno chiesto tre milioni di dollari, cifra stimata pari alle spese da sostenere per le cure della figlia durante l’intera vita, al medico che aveva assicurato durante la gravidanza che il nascituro non aveva problemi di alcuna natura. La vertenza vedeva opporsi Ariel e Deborah Levy al Legacy Health System, l’entealquale i due sierano affidatidurante l’attesadel figlio. La giuria chiamata a pronunciarsi sul caso si è espressaa favore dei Levy con verdetto unanime: i dodici componenti evidentemente concordavano sul fatto che la nascita di un figlio disabile costituisca un danno tale da ritenere amm i s sibi l e un così ingente risarcimento. Un esito certo non sorprendente, se si considera che ormai la sindrome di Down è comunemente accettata come motivo ragionevole per scegliere l’interruzione della gravidanza.
Dall’Australia giunge invece la notizia di una coppia di Sydney che ha intrapreso una guerra legale originata dalla nascita, nel 2000, del figlio Keeden, che alla nascita fu colto da un infarto che lo ha gravemente menomato, fino a renderlo incapace di parlare e camminare, causato da una rara malattia che comporta problemi di coagulazione del sangue. Il caso risulta particolarmente interessante poiché Keeden è stato concepito attraverso fecondazione artificiale. I genitori del bambino hanno perso una prima causa e sono così passati a ipotizzare la «nascita sbagliata», chiedendo dieci milioni di dollari. Il risarcimento, a loro dire, dovrebbe essere riconosciuto poiché il padre del bimbo è affetto dalla stessa malattia: il medico che ha seguito il processo di fecondazione doveva dunque avvertire i genitori della possibilità di trasmissione genetica della malattia e procedere a tutte le indagini prenatali necessarie per individuare tale eventualità, nonché contemplare il ricorso allo sperma di un donatore.
Sono, quelli sin qui citati, solo alcuni dei casi in cui la nascita di un bambino è stata giudicata un male per lui stesso o per chi dovrà prendersene cura. Vicende che ci mostrano quanto ormai la mentalità eugenetica sia diffusa a tutti i livelli, da quello familiare privato a quello legale pubblico. Storie che portano alla luce come il genere umano sia incamminato sulla strada della ribellione a Dio e alla Sua opera creatrice, alla quale siamo chiamati a cooperare nella veste di sposi e genitori e che invece rifiutiamo e distruggiamo in nome di una mostruosa e diabolica società dei perfetti.
Per saperne di più…
Gilbert Keith Chesterton, Eugenetica e altri malanni, Cantagalli, 2008.
Canada’s Supreme Court limits doctor’s liability, The Lancet, 359 February 2002, p. 506. Senato della Florida, SB 34: Relief of Daniel and Amara Estrada by the University of South Florida, consultabile all’indirizzo www.flsenate.gov/Session/Bill/2012/0034
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 372.
IL TIMONE N. 120 – ANNO XV – Febbraio 2013 – pag. 48 – 49
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