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12.12.2024

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L’ideologia femminista e quella di genere

L’ideologia femminista e quella di genere

 


Il cristianesimo è contro la donna?-4


La Chiesa non si oppone mai alla promozione della donna. Ma di fronte ad alcune derive della modernità, mette in guardia dal pericolo di manipolare a piacimento la natura dell’essere uomo o donna

Parlavamo la volta scorsa del rapporto tra donna e Chiesa mostrando come, nonostante le condizioni sociali ben diverse da quelle attuali – una società basata su di una economia in gran parte agricola, organizzata su una famiglia di tipo patriarcale e dunque gerarchica – essa abbia sempre cercato di tenere saldi i riferimenti scritturali essenziali che riguardano l’uguale dignità con l’uomo davanti a Dio. E questo sia per le donne sposate, proteggendole attraverso il matrimonio sacramento e dunque monogamico e indissolubile. Sia per le donne che sceglievamo la via della verginità consacrata, assicurando loro spazi importanti nei quali potersi riunirsi e organizzare.
Una situazione che si è conservata sostanzialmente stabile nelle sue linee essenziali fino all’avvento dell’era moderna nella quale, invece, hanno cominciato a verificarsi un insieme di condizioni economiche, culturali e sociali che hanno indotto profondi cambiamenti anche per quanto riguarda la posizione della donna. Tutto inizia agli albori della modernità con un progressivo salto di qualità nello sviluppo delle varie scienze e delle tecniche ad esse collegate, che hanno permesso il nascere e il progressivo affermarsi di una industrializzazione prima timida e poi sempre più estesa. Industrializzazione che comincia ad offrire una possibilità alle famiglie rurali di lasciare le campagne e di inurbarsi. E, dunque, sempre più spesso anche alle donne qualche esperienza lavorativa extra-domestica che muta progressivamente la loro rilevanza economica e sociale. Di pari passo, si muovono anche altri fattori: aumentano i bisogni e i livelli di istruzione; si rendono necessarie nuove forme di trasporto che aprono ad una circolazione più veloce di persone e di idee. Le scienze mediche e biologiche riescono sempre più a vincere molte malattie epidemiche e, al contempo, ad approfondire la natura di molti fenomeni tra cui quelli legati al processo di procreazione così importanti per la donna, legata a doppio filo alle proprie maternità.
Tutto un insieme di fattori economici e sociali che abbiamo brutalmente riassunto in poche battute e che invece nella realtà hanno richiesto molti decenni e che non sono stati esenti da contrasti e contraddizioni. Che tuttavia hanno innestato processi di cambiamento inarrestabili, non solo economici ma anche culturali e sociali. È da qui che prende inizio anche quel movimento chiamato “femminismo” che, attraverso battaglie spesso dure, ha finito per ottenere, almeno nel nostro mondo occidentale, quella che si chiama la parità di diritti tra uomo e donna, sia all’interno della famiglia come nella società civile. E lo ha fatto riformando leggi, abbattendo barriere nel campo dell’istruzione e delle professioni, rendendo possibile, almeno in una certa misura, una intercambiabilità dei ruoli anche all’interno delle stesse famiglie. Si tratta di esperienze che ben conosciamo perché abbiamo avuto modo di respirare il clima culturale che hanno creato e che è il nostro attuale.
Tutto bene, dunque? Questa importante rivoluzione si è compiuta al meglio e senza conseguenza alcuna? E la Chiesa in tutto questo? Sono vere le accuse che le vengono mosse di frenare questo processo di progressiva liberazione della donna che è tuttora in corso?
Le varie domande in verità si collegano tra loro perché è fuor di dubbio che tutto quello che è successo da oltre un secolo a oggi attorno alla donna, e di conseguenza anche attorno alla famiglia, ha “provocato” la Chiesa. Nel senso che l’ha obbligata ad andare ancor più a fondo nella sua riflessione su quello che era il suo patrimonio scritturale e di tradizione a proposito della donna, ma conseguentemente anche dell’uomo. Andare più a fondo per metterlo sempre meglio a fuoco e renderlo disponibile per le mutate esigenze. Ora, da tutto questo confronto di oltre due secoli con la modernità, credo sia possibile trarre qualche conclusione e affermare in sintesi che il cristianesimo non è affatto contro di essa neanche per quel che riguarda la donna. È invece prudente, e quando è il caso contrario, verso quelle che considera delle pericolose derive della modernità verso le quali continua a mettere in guardia credenti e non credenti. Cerchiamo di capire bene il perché.

Il movimento femminista
Il cristianesimo, lo abbiamo ripetuto spesso, basa la convinzione della pari dignità di entrambi i sessi sulla Scrittura, dalla quale è possibile evincere con chiarezza che tale pari dignità trae origine dalla comune somiglianza, nella loro essenzialità, di entrambi i sessi con Dio: uomo e donna, due identità fisiche e psicologiche diverse proprio perché destinate ad incontrarsi e integrarsi in una reciproca relazione d’amore. Per questo il cristianesimo, con tali certezze alle spalle, non può avere paura di essere travolto anche se muta – pur grandemente – l’ambientazione storica in cui uomo e donna vengono a trovarsi. Mentre, infatti, possono cambiare gli aspetti relativi, contingenti del loro rapporto, la comune uguaglianza e dignità garantita da Dio stesso che l’ha voluta consentirà ogni volta di trovare l’orientamento giusto e la soluzione pratica più confacente. E, infatti, la gerarchia cattolica, pur invitando talvolta alla prudenza, non ha mai ostacolato il processo di crescita sociale e culturale della donna che si è compiuto in questi ultimi due secoli. Anzi, lo ha accompagnato aiutando le donne stesse – e di conseguenza gli uomini – a capire quanto stava avvenendo e a inserirsi di volta in volta in queste progressive novità da persone che credono nell’incarnazione e, dunque, che prendono sul serio la realtà umana nella quale cercano di inserirsi in ogni tempo, con piena coscienza e con senso di responsabilità.
La Chiesa invece ha cominciato a preoccuparsi, e seriamente, quando si è resa conto delle trasformazioni che progressivamente avvenivano all’interno dello stesso movimento femminista, che dalle iniziali rivendicazioni per le donne si stava trasformando in una ideologia. Stava, cioè, poco a poco dando vita ad una costruzione culturale e filosofica in cui l’obiettivo maggiore non era un reale sviluppo delle possibilità della donna. Era piuttosto quello di inseguire una ostinata parità con l’uomo – “fobia della discriminazione” l’ha chiamata qualcuno – costruita in lotta contro quest’ultimo ma, spesso, in lotta con la propria stessa femminilità. Con la conseguenza che l’immagine che ne deriva è spesso quella di una donna che «per essere se stessa si costituisce quale antagonista all’uomo. Agli abusi di potere essa risponde con una strategia di ricerca del potere. Questo processo porta ad una rivalità tra i sessi». È quanto leggiamo in un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2004 e che in sintesi fa capire molto bene quale sia il problema e il pericolo. Perché questa rivalità non è certo positiva dal momento che, impostando tutto sui diritti piuttosto che sulla ricerca di un incontro autentico tra uomo e donna, finisce per complicarne, e di molto, il rapporto. Con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: uomini sempre più fragili che attirano la disapprovazione femminile, donne sempre più forti che incutono paura. In sostanza, due sessi che rischiano di essere sempre più estranei e incapaci di comunicare tra loro con effetti non certo positivi su famiglia, figli e sulla serenità e armonia di tutto il contesto sociale.
Ecco, questa è la china verso la quale la Chiesa ha sempre cercato di mettere in guardia le donne invitandole a vivere gli spazi di libertà ottenuti con un equilibrio che permetta loro di continuare a ricoprire con pienezza anche i loro ruoli di fondo, legati alla loro precipua identità e cioè alla famiglia e alla maternità. Richiamandole al contempo alla necessità di rispettare, proprio per ragioni di equilibrio per entrambi, anche l’identità propria del ruolo maschile, anch’essa indispensabile.

Ideologia di gender
Ma c’è anche un’altra china, della quale la Chiesa sta denunciando la pericolosità, costituta dall’altra ideologia che nel corso di questi ultimi decenni si è andata sviluppando da un femminismo esasperato che si è saldato con i movimenti di omosessualità maschile e femminile. Per la precisione quella teoria del “genere” che mette in discussione il legame fino ad oggi sempre considerato normale tra sesso biologico e identità sessuale. E che considera invece quest’ultima, cioè l’identità, come una costruzione abusiva, frutto di condizionamenti sociali, verso la quale dunque occorrerebbe lottare per ottenere invece quella che viene chiamata la “libertà di orientamento sessuale sganciata dal sesso biologico”. In poche parole: i maschi, se lo desiderano, che sviluppino pure una identità femminile e viceversa. Per la Chiesa, ma io credo anche per ogni persona di buon senso, una autentica follia. Non nel senso che la cosa non possa purtroppo succedere – l’identità è davvero qualcosa che l’educazione e l’esperienza sociale contribuiscono in qualche misura ad influenzare – ma nel senso che è sicuramente un bene da perseguire che ogni persona raggiunga una sua unità di corpo e di psiche e cioè che un maschio sviluppi pienamente la sua identità maschile e una donna si completi nella sua identità femminile. Il contrario non può essere che fonte di disarmonia e di sofferenza.
Il problema è che la Chiesa vede in queste due derive della modernità – femminismo radicale e teoria del genere – il frutto maturo di quella visione liberal che ribalta la visione sacrale della vita e che vuole l’uomo e la donna liberi e capaci di manipolare a piacimento la loro umanità. Con il pericolo vero di distruggerla nei suoi fondamenti essenziali. Per questo richiama i credenti – ma anche i non credenti perché la cosa alla fine interessa tutti – a non fondare la propria vita su ideologie fasulle che oggi ci sono e domani finiscono nel cestino, ma su quella Parola di Dio che essa sì è la verità sull’uomo, sulla donna e su quell’incredibile destino al quale insieme sono chiamati a cooperare.  

 

 

IL TIMONE  N. 115 – ANNO XIV – Luglio/Agosto 2012 – pag. 56 – 57

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