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12.12.2024

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L’imputabilità morale
31 Gennaio 2014

L’imputabilità morale

 

 

 

Una sintetica riflessione sulla responsabilità-imputabilità morale. Cercando di capire quando l’ignoranza scusa e quando no. E quando e come seguire la voce della coscienza.

In quali casi siamo moralmente responsabili? Siamo sempre colpevoli delle nostre azioni eticamente sbagliate? Per rispondere a tali questioni dobbiamo interrogarci sull’imputabilità morale, la quale concerne sia le nostre azioni, sia le nostre omissioni.

L’imputabilità morale
Un’azione è un mio fare sia interiore (atti intellettivi o volitivi), sia esteriore-corporeo, di cui sono a conoscenza e che voglio compiere.
Perciò si distingue sia dai miei movimenti naturali (le attività del mio metabolismo), sia da quelli irriflessi-istintivi (dondolare il piede, sbattere le palpebre, ecc.).
Un’omissione è un’astensione da un’azione che posso (sono in grado di) e devo fare (compio un’omissione se non curo mio figlio ammalato, perché posso e devo farlo; non la compio se da studente di lingue non studio anatomia, perché posso, ma non devo farlo; ma la compio se sono uno studente di medicina, perché devo farlo; lasciar morire Terry Schiavo di fame e di sete è stata una crudele omissione dei medici e del marito, perché potevano e dovevano impedire la sua morte).
Imputare significa ascrivere, attribuire un’azione (o un’omissione) ad un uomo come a suo autore, perciò l’imputabilità morale è la qualità di quell’azione che è imputabile.

Le condizioni dell’imputabilità morale di un atto sono la “volontarietà” e la “conoscenza”.
Un atto compiuto in assenza di volontarietà non è moralmente imputabile (interrompo una celebrazione liturgica o faccio fallire un delicato esperimento, perché qualcuno mi torce il braccio e mi fa gridare; scivolo mentre ho in mano una pistola, la sicura si rompe e il mio dito involontariamente preme il grilletto).
Un atto compiuto in assenza di conoscenza, non consapevole, caratterizzato dall’ignoranza, in certi casi può essere moralmente non imputabile.

Tipi di ignoranza
L’ignoranza può riguardare:
a) l’identità di un’azione: non mi rendo conto che sto investendo un pedone perché sono ubriaco o malato; per sventare un atto terroristico sparo ad un mio collega poliziotto pensando che sia un bandito;
b) la moralità dell’azione: acquisto cose rubate e credo che non ci sia niente di male.
Inoltre l’ignoranza può essere di quattro tipi.
I) Vincibile-con dubbi, quando il soggetto ha il sospetto, il dubbio, circa l’identità dell’azione o la moralità dell’azione.
II) Invincibile-senza dubbi, quando il soggetto non ha alcun dubbio.
III) Colpevole, quando risulta da una colpa, e può essere di tre tipi.
1. Ignoranza ricercata, quando mi rifiuto di sapere:
a) quale tipo di atto io stia compiendo (non controllo se i libri della mia biblioteca mi appartengano per non doverli restituire, cioè non verifico se l’atto che sto compiendo sia un furto; non controllo se l’automobile che sto comprando sia rubata, per non saper se l’atto che sto compiendo sia ricettazione);
b) qual è la moralità dell’atto, cioè mi rifiuto di sapere se l’atto che sto compiendo è moralmente buono/cattivo (mi rifiuto di sapere se un atto di ricettazione sia moralmente buono/sbagliato; mi rifiuto di appurare se scaricare film da internet sia
buono/sbagliato).
2. Ignoranza dovuta a negligenza, dovuta all’omissione del dovere di informarsi, il quale concerne:
a) le conoscenze-principi giuridici e morali generali;
b) le conoscenze della propria professione (le conoscenze che deve sapere un medico, un ingegnere, ecc: ignoro come costruire un ponte, che crolla perché, pur essendo ingegnere, non ho studiato meccanica razionale);
3. Ignoranza dovuta a voluntarium in causa, quando il soggetto direttamente o indirettamente vuole qualcosa da cui scaturisce quell’ignoranza:
a) direttamente (mi ubriaco e perdo l’uso della ragione)
b) indirettamente (assecondo i primi sintomi di una passione che mi porta a non capire più quello che faccio: invece di reprimere l’ira verso mio figlio piccolo, la assecondo, ed essa finisce per accecarmi, cosicché, senza rendermene conto, gli faccio del male).
IV) Incolpevole, quando non risulta da una colpa o da una mancanza.

L’ignoranza scusa?
L’ignoranza incolpevole ed invincibile-senza dubbi scusa, cioè toglie la colpa morale di un atto moralmente sbagliato (dico con tutta certezza una cosa falsa pensando che sia vera e la mia ignoranza non è dovuta ad una mia mancanza: dico l’ora sbagliata perché mi è si fermato l’orologio; scrivo in buona fede una cosa falsa in un articolo, perché sono stato ingannato, nonostante abbia fatto diligenti ricerche; credendo di dargli un’aspirina, vendo ad un cliente della mia farmacia una scatola di compresse che lo fanno morire, non sapendo che lo sto facendo, perché gli do una scatola di aspirina in cui, per errore, la casa farmaceutica ha inserito delle altre compresse).
L’ignoranza vincibile-con dubbi (non importa che sia colpevole o incolpevole) non toglie la colpa morale di un’azione moralmente sbagliata (in quanto in caso di dubbi morali ho il dovere morale di dissiparli: finché non sono assolutamente sicuro che l’embrione sia una cosa e non un essere umano non posso ucciderlo), ma può attenuarla.
L’ignoranza colpevole ricercata aggrava la colpevolezza morale; l’ignoranza colpevole dovuta a negligenza e l’ignoranza colpevole dovuta a voluntarium in causa attenuano la colpevolezza morale senza toglierla.

Bisogna sempre seguire la coscienza?
La coscienza che mi dice che una cosa è buona/malvagia obbliga sempre, cioè deve sempre essere seguita, anche se è in errore-ignorante, cioè è sempre sbagliato agire contro il suo responso: se la coscienza mi dice che un’azione è un male, devo seguirla anche se essa si sta sbagliando, in quanto io ignoro che si sta sbagliando, quindi, se non la seguo, faccio qualcosa pensando che sia un male (S. Tommaso: se la coscienza mi dice che credere in Cristo è un male io non devo credere, perché, se credessi, farei qualcosa che penso che sia malvagio).
E se faccio ciò che la coscienza erronea mi dice essere un male, agisco moralmente male anche se, senza saperlo, sto compiendo un bene (dico una cosa vera pensando che sia falsa e volendo ingannare), perché la mia intenzione (che, nell’esempio, è ingannare) è cattiva.
Però la coscienza in errore-ignorante scusa solo quando l’ignoranza è invincibile e incolpevole. E per alcuni autori (per es. Suarez) chi segue la coscienza invincibile e incolpevole agisce in modo virtuoso (faccio tutti gli sforzi per salvare un paziente, ma lui muore, perché non so-ignoro come salvarlo, visto che, allo stato attuale della conoscenza medica, non si sa come guarire il mio paziente).
Se la coscienza è vincibile-con dubbi bisogna prima risolvere i dubbi etici e solo dopo si può agire. Ma come devo comportarmi quando, pur avendo fatto diligenti ricerche e dopo aver chiesto il consiglio di chi è saggio, non riesco a risolvere i dubbi e rimango incerto sul da farsi?
La questione è controversa, ci sono diverse posizioni e si può qui solo menzionare una plausibile opinione, quella di J. De Finance.
Quando rimango in dubbio circa il valore/disvalore morale di un atto, mi è lecito compierlo se il suo possibile disvalore è controbilanciato dal bene che ho intenzione di conseguire mediante esso; a meno che l’atto su cui sono in dubbio rischi, nel caso che sia cattivo, di essere un atto gravemente malvagio (riprendiamo l’esempio di prima: se resto in dubbio, dopo aver cercato di dissiparlo, circa il valore/disvalore morale della soppressione degli embrioni, perché non riesco a capire se l’embrione sia un essere umano, non devo sopprimere embrioni, in quanto, se ciò fosse un atto cattivo – nel caso in cui l’embrione fosse un essere umano, cosa che, nell’esempio, io non sono riuscito a capire –, esso sarebbe un atto gravemente malvagio).

 
 
 
 
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«Se la ragione o coscienza è erronea, per un errore direttamente o indirettamente volontario, riguardando cose che uno deve sapere, tale errore non scusa dal peccato la volontà che segue la ragione o coscienza erronea. Se invece si tratta di un errore che produce involontarietà, perché provocato, senza negligenza alcuna, dall’ignoranza di particolari circostanze, allora tale errore scusa la volontà dal peccato».
(San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, I-II, questione 19, articolo 6).

Bibliografia

San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, I-II, questione 6, questione 19 articoli 5-6, questione 71 articoli 5-6, questione 73 articoli 6-7, questioni 76 e 77.
Angel Rodriguez Luño, Etica, Le Monnier, 1992, pp. 150-154, 246-253.
André Léonard, Il fondamento della morale, San Paolo, 1994, pp. 263-271.
Joseph De Finance, Etica, Edizioni del Circito, 1967, pp. 360-385.

IL TIMONE – N.49 – ANNO VIII – Gennaio 2006 – pag. 32-33

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