Perché una parte consistente di musulmani vede nell’Occidente un pericolo? Che fare perché la religione di Maometto si evolva? L’esperienza di un missionario che ha visitato molti Paesi islamici.
Sempre più il terrorismo di radice islamica è un tema dominante nella politica internazionale. Ma non si sa di preciso cosa fare per difenderci. La guerra contro Iraq, Afghanistan e Cecenia io credo che a lunga scadenza affretti un cambiamento interno nel mondo islamico (e non mancano segnali positivi), ma nell’immediato ha suscitato un moltiplicarsi di attentati e di candidati kamikaze. Cosa fare d’altro? Senza dubbio dobbiamo difenderci, applicare leggi severe contro chi predica l’odio contro l’Occidente e chi prepara attentati terroristici.
Ma dobbiamo anche tentare di capire, specialmente noi cristiani, come mai succede tutto questo e non credere che il mitico Bin Laden sia la causa prima e il motore della reazione islamica contro l’Occidente. Questa è pura illusione: morisse Bin Laden, tanti altri sono pronti a prendere il suo posto. Quel che preoccupa è che una parte importante (non so se maggioritaria) del popolo islamico pensa che l’Occidente non si merita altro. È duro per noi accettare questa realtà, confermata da tante testimonianze (per esempio, le manifestazioni pubbliche di giubilo ad ogni colpo del terrorismo), ma non si può chiudere gli occhi di fronte a quanto non ci piace.
La reazione contro l’Occidente viene da lontano, occorre approfondire questa storia per capire dall’interno il mondo islamico e farci un’idea di come l’Occidente può aiutarlo ad evolversi verso il mondo moderno. Non pretendo di spiegare un problema storico così complesso in due pagine. Ma bisogna tener presente che l’Islam è stato fondato da Maometto nel deserto dell’Arabia all’inizio del secolo VII (nel 610-632 dopo Cristo) già come religione e Stato teocratico, con una visione universalistica: portare il messaggio divino a tutti i popoli attraverso la comunità governata secondo i precetti del Corano. Questa idea comprende anche la “Jihad” o
“guerra santa” contro gli infedeli, per combattere ogni potere terreno che sia espressione del Maligno. Fin dall’inizio fu contrastato dalle tribù politeiste, che vedevano nel Dio unico e nella comunità, con le sue leggi e la sua solidarietà religiosa, un attentato alla religiosità tradizionale tribale. Nasce in quel tempo la comunità islamica con un fortissimo senso di appartenenza al Dio unico, la cui missione universale si diffuse nei primi secoli con la predicazione e con la spada fra i popoli cristiani del Medio Oriente e del Nord Africa, non più protetti dagli Imperatori bizantini. La “missione-conquista” islamica è stata sostenuta per molti secoli dal “califfato” ed ha continuato ad espandersi verso Oriente (gli Imperi islamici in India), ma fermata nello slancio verso l’Europa (dalle armi cristiane) e verso l’Africa nera (dal deserto del Sahara). Allo stesso tempo ebbe un lungo tempo di splendore giuridico, teologico e filosofico e artistico. Nei secoli attorno al mille, Baghdad e Damasco erano le sedi di un califfato vittorioso e forse più evoluto dell’Europa di quel tempo. Dopo le Crociate (1096 e fine del 1200), c’è stato un buon periodo di rapporti commerciali e culturali amichevoli, quando cristiani ed ebrei vivevano pacificamente in terre musulmane.
Ma con il Rinascimento e le scoperte di nuovi continenti e di nuove armi, si è iniziato un nuovo ciclo storico di guerre: l’islam penetra profondamente fino all’Albania (1470) e a Vienna, ma le due vittorie cristiane a Lepanto (1571) e a Vienna (1680) furono decisive.
Di qui incomincia la decadenza del mondo islamico, che si conclude con la colonizzazione europea nel secolo XIX e la dissoluzione dell’Impero Ottomano dopo la prima guerra mondiale (gli ottomani erano alleati degli Imperi centrali, Germania e Austria-Ungheria).
L’islam perde il suo primato e gli “infedeli” governano i paesi islamici. Nel 1924 Mustafa Kemal Ataturk chiude il califfato a Istanbul e instaura una nazione turca sulla base di principi laici, che però non riesce, in 80 anni, a scalfire nel popolo e nella struttura delle moschee la forza religiosa, culturale e sociale dell’islam. Il modello islamico di società va in crisi in tutto il mondo e una profonda frustrazione colpisce i popoli musulmani.
Si fa strada la convinzione che l’Occidente cristiano è all’origine di tutto questo e nascono i movimenti estremisti (i primi sono i “Fratelli musulmani” in Egitto nel 1927), tanto più quando il mondo va verso la globalizzazione e, con la caduta del muro di Berlino e di quasi tutti i 31 Paesi a regime comunista (1989), la cultura occidentale diventa dominante ovunque. Oggi i musulmani vedono il pericolo mortale portato alla loro fede e comunità dall’Occidente, non più in campo militare o economico, ma in quello culturale-religioso. Lo stile di vita “occidentale”, cioè l’unica “modernità” che si conosca, può andare d’accordo con le fede nell’islam? È possibile restare fedeli al messaggio di Allah senza subire il fascino del mondo moderno in tutti i suoi aspetti (libertà, democrazia, governi laici, televisione, liberazione della donna, mode culturali, ateismo e laicismo, consumismo, ecc.)?
All’interno del mondo islamico si soffre da molto tempo una grave schizofrenia, più forte che in altri Paesi non cristiani (non dimentichiamo che il “mondo moderno” è nato nei paesi cristiani, non altrove), perché qui la religione è veramente tutto, vita, cultura, politica, ecc. Da un lato il “mondo moderno” avanza ed è avvertito come una prepotenza, una guerra non dichiarata contro l’islam e la vita secondo il Corano; dall’altro, i politici cavalcano questo profondo malessere del popolo e strumentalizzano la religione favorendo gli estremismi. In altre parole, la reazione anti-occidentale da lungo tempo è guidata e finanziata dai corrotti governi dei Paesi islamici, a volte anche nostri alleati per il petrolio (senza il quale non potremmo vivere, specie noi italiani che facciamo a meno dell’energia nucleare!) o, in passato, per la lotta contro il pericolo incombente del comunismo a livello mondiale. Con effetti negativi, di cui ci rendiamo conto solo oggi. Ad esempio, visitando negli ultimi tempi i Paesi islamici (Bangladesh, Indonesia, Malesia, Egitto, Siria, Pakistan, ecc.), ovunque ho sentito dire che i testi scolastici sono di chiara impostazione anti-occidentale; nelle moschee si fanno discorsi infuocati contro l’Occidente nemico dell’islam; i partiti dichiaratamente islamici ottengono a volte la maggioranza nelle votazioni; le scuole coraniche, specie quelle nuove fondate quasi ovunque con i soldi dei Paesi del petrolio (Arabia, Iran, Iraq, Libia), formano i giovani all’idea della “guerra santa” e del “martirio” per la difesa dell’islam e mandavano i migliori alunni fra i talebani in Afghanistan per diventare guerriglieri e martiri dell’islam.
Dobbiamo formarci un’idea più realistica del “terrorismo islamico” e capire quali gravi responsabilità hanno, non solo i politici di quei paesi che strumentalizzano la religione, ma anche l’Occidente. La nostra società, materialista e consumistica, tutta tesa al progresso economico-tecnico, all’aver sempre di più, è cieca di fronte ai fatti culturali e religiosi: tutto è ricondotto all’economia, della religione non si parla quasi mai, se non per attaccare la Chiesa e l’“invadenza” dei vescovi.
Oggi questi popoli profondamente religiosi (in un modo condannabile, ma autentico) ci richiamano alla realtà. Per capire e dialogare con l’islam, occorre ricuperare la fede e la vita cristiana, ma nello stesso tempo sostenere tutti i tentativi di apertura al dialogo con l’Occidente, di riforma e di rinnovamento della tradizione islamica.
BIBLIOGRAFIA
Silvia Scaranari Introvigne, l’Islam, Elledici, 1998.
Giorgio Paolucci – Camille Eid (a cura di), Cento domande sull’islam. Intervista a Samir Khalil Samir, Marietti 1820, 2002.
Giorgio Paolucci – Camille Eid, I cristiani venuti dall’Islam. Storie di musulmani convertiti, Piem me, 2005.
Stefano Nitoglia, L’Islam com’è. Un confronto con il cristianesimo, Il Minotauro, 2002
IL TIMONE – N. 51 – ANNO VIII – Marzo 2006 – pag. 50 – 51