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15.12.2024

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Lo Scientismo? Non sta in piedi
31 Gennaio 2014

Lo Scientismo? Non sta in piedi

 


Solo ciò che dice la scienza è vero. Per questo lo scientismo critica religione e metafisica. Ma cade in contraddizione. Se poi si salda col materialismo, la sua inconsistenza aumenta

Lo scientismo contemporaneo è erede del cosiddetto “neopositivismo logico”, una corrente di filosofia della scienza del primo ’900. Le sue principali tesi (esposte qui ovviamente con qualche semplificazione) erano le seguenti:
1. la scienza dice la verità;
2. solo ciò che dice la scienza è vero;
3. solo ciò che è scienza (solo un enunciato scientifico) ha significato;
4. è un enunciato scientifico solo quello che è suscettibile di una verificazione empirica (cioè un enunciato è scientifico se è possibile fare una misurazione, una quantificazione, ecc. riguardo a ciò che esso afferma).

Ora, l’etica, la religione, la metafisica, ecc., poiché riguardano ciò che eccede una misurazione quantitativa (il bene/male, la libertà, l’anima, Dio, ecc.), formulano enunciati che non sono suscettibili di una verifica empirica. Di conseguenza, alla luce delle precedenti quattro tesi, tutte queste sfere di conoscenza risultano immediatamente squalificate come insignificanti, dunque non meritano nemmeno attenzione prima ancora di essere considerate false.
Del resto, l’equazione che è cominciata nel ’600 e che si presenta ancora oggi spesso diffusa nel senso comune è la seguente: scienza = verità, quello che dice la scienza è vero (cioè la tesi 1. del precedente elenco). Così, quando si vuole tappare la bocca a qualcuno, quando si vuole metterlo a tacere, quando si vuole dare ad una tesi una patente di incontrovertibilità, o almeno di elevata autorevolezza, la formula spesso usata è questa: «lo dice la scienza che…».

Critica al principio scientista di verificazione
Ora, il filosofo della scienza Karl Popper (1902-1994) ha criticato efficacemente il neopositivismo logico, in modo particolare la tesi 4., cioè il «principio di verificazione », secondo cui è scientifico solo ciò che è verificabile empiricamente. Secondo Popper, infatti, tale principio è in un certo senso troppo largo e in un altro senso troppo stretto.

Il principio di verificazione – dice Popper – è troppo largo perché consente di annoverare tra le scienze per esempio l’astrologia. Infatti, se leggiamo un oroscopo, solitamente ci troviamo di fronte a previsioni talmente vaghe, talmente indefinite e generali che si verificano sempre (o quasi), qualsiasi cosa accada.
Un altro esempio fatto da Popper è costituito dalla teoria neo-marxista della storia. Marx aveva elaborato una teoria scientifica della storia facendo delle previsioni che sono state poi smentite dalla storia stessa: aveva previsto che la classe operaia si sarebbe progressivamente impoverita (mentre le sue condizioni sono migliorate); che la rivoluzione socialista sarebbe avvenuta in un Paese avanzato da un punto di vista capitalistico e industriale (mentre è accaduta in Russia); che non ci sarebbero stati attriti tra Paesi comunisti (si ricordi, per contro, ciò che è accaduto tra Russia e Cina); che il comunismo sarebbe stato il mondo perfetto (quando invece ha prodotto oceani di crudeltà e di miseria). Ma i neomarxisti hanno continuamente cercato di reinterpretare e “aggiustare” le previsioni di Marx in modo da immunizzarle dalle smentite provenienti dai fatti. Perciò, parafrasando la celeberrima undicesima tesi di Marx su Feuerbach («i filosofi fino ad ora si sono variamente sforzati di interpretare il mondo [cioè si sono sforzati di conoscere la verità], ma si tratta piuttosto di cambiarlo»), Popper dice che «i marxisti finora si sono variamente sforzati di interpretare Marx: mentre si tratta di cambiarlo». Anche la teoria marxista della storia, così ridefinita e resa così vaga e generale dai successori di Marx, risulta continuamente verificabile e verificata.
Insomma, qualsiasi fatto avvenga, il fatto X e il contrario di X, conferma sempre l’astrologia e la teoria neomarxiana della storia.

Ma il principio di verificazione è anche troppo stretto perché espelle dal novero delle discipline scientifiche nientemeno che la fisica. La fisica cerca infatti di individuare delle leggi universali, cioè delle leggi valide per tutti i casi passati, presenti e futuri (per esempio, la legge di gravità pretende di valere per tutti casi possibili, di caduta di un grave). Di conseguenza, le leggi della fisica non sono empiricamente verificate come leggi universali: se già è impossibile verificare che tutti i casi di un dato fenomeno si siano verificati nella storia secondo una certa legge, a maggior ragione non possiamo avere la verifica empirica che tutti i casi futuri che concernono questo dato fenomeno si verificheranno secondo questa legge. Miliardi di verifiche di una legge non garantiscono che questa legge sia inconfutabilmente vera: basta una sola falsificazione, una sola smentita per considerare una legge invalida universalmente.
Inoltre, il principio di verificazione è troppo stretto per una ragione ancor più decisiva: lo stesso principio di verificazione non è verificabile empiricamente, perché è un’affermazione che non è oggetto di misurazione, di quantificazione, non lo si sperimenta nella realtà, ecc. Quindi, seguendo i presupposti del neopositivismo logico, esso dev’essere considerato insignificante e falso.

Come progredisce la scienza
Insomma, gli asserti scientifici, anche quando non siano stati falsificati fino ad oggi, potrebbero mostrarsi falsi in futuro. Le proposizioni scientifiche sono sempre ipotesi e congetture suscettibili di essere falsificate: potrebbero sì essere vere, ma non possiamo averne la certezza incontrovertibile. Così, per Popper, la scienza progredisce tramite congetture e falsificazioni: per far progredire la ricerca scientifica bisogna cercare di sforzarsi di falsificare e smentire le ipotesi e le congetture in modo da formulare nuove congetture e nuove ipotesi più vicine alla spiegazione della realtà.
Questo discorso, che non analizziamo interamente (sui suoi esiti, in particolare sul fallibilismo, c’è discussione e controversia tra i realisti), è interessante perlomeno quale radicale smentita dell’equazione scienza = verità: piuttosto, per Popper l’ambito scientifico è quello in cui non siamo mai sicuri di aver appreso qualcosa di stabile e definitivo: «noi siamo sempre alla ricerca di una teoria vera (vera e rilevante), anche se non possiamo mai esibire delle ragioni […] per mostrare di aver effettivamente trovato la teoria vera che stavamo cercando» (Karl Popper, Poscritto alla Logica della ricerca scientifica, Il Saggiatore, 1984, vol. I, p. 54).
In questo senso, il pur agnostico Popper, dice (nel suo La logica della ricerca scientifica) che, se analizziamo il “caso Galileo”, ci rendiamo conto che il vero scienziato non fu Galileo, bensì Bellarmino, perché quest’ultimo chiedeva a Galileo di proporre l’eliocentrismo come ipotesi e congettura e non come verità definitiva e certa.

Altre critiche allo scientismo

Inoltre, ragionando in modo simile a Popper, ma procedendo oltre la sua critica, si può poi notare che non di rado lo scientismo si salda col materialismo, cioè afferma che «il mondo coincide solo con ciò che è oggetto delle scienze naturali» (il che vuol dire che non esiste nulla di spirituale). Ora, però, anche questa affermazione si squalifica da sola, visto che essa non è oggetto di nessuna scienza naturale.
Talvolta, ancora, lo scientismo si salda con il razionalismo e afferma che la scienza potrà, prima o poi, conoscere la totalità dell’essere. Ma, in tal modo, lo scientismo diventa un fideismo, perché crede, in forza di una fede incrollabile (che in fondo è una rifrazione della fede in Dio che l’uomo ha coltivato per secoli: come dice Nietzsche, «è pur sempre una fede metafisica quella su cui riposa la nostra fede nella scienza»), che la ragione di un essere non onnipotente come l’uomo possa conoscere la totalità delle cose.
Infine, è contraddittoria anche la tesi di quegli scientisti che affermano che «la ragione scientifica non può dire la natura delle cose ed è l’unica ragione capace di raggiungere delle verità»: infatti, questa affermazione pretende di dire la verità sulla natura della ragione.


Per saperne di più…

Michele Marsonet, Relativismo ed empirismo nell’epistemologia contemporanea. Dal fallibilismo di Popper all’epistemologia anarchica di Feyerabend, in Roberto Di Ceglie [a cura di], Pluralismo contro relativismo, Ares 2004, pp. 85-103.
Roberto Timossi, L’illusione dell’ateismo. Perché la scienza non nega Dio, San Paolo, 200

 

 


IL TIMONE  N. 116 – ANNO XIV – Settembre/Ottobre 2012 – pag. 30 – 31

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