Trionfa all’ONU la cultura della morte. Le conferenze internazionali su popolazione e sviluppo sembrano avere un solo obiettivo: limitare le nascite ed estendere le pratiche abortive. Consentite ora anche ai minori.
Cinque anni dopo la discussa Conferenza ONU su popolazione e sviluppo, tenuta a Il Cairo nel settembre 1994, è tempo di bilanci e di revisione. Per questo, a luglio, una sessione speciale dell’ Assemblea delle Nazioni Unite è stata dedicata a “Cairo+5”. E ciò che è emerso è semplicemente agghiacciante.
Cinque anni fa, a Il Cairo, fulcro di tutto l’avvenimento fu il problema della sovrappopolazione. Per fare fronte a questo “gravissimo” problema, che secondo la quasi totalità dei partecipanti attanagliava il nostro “piccolissimo” pianeta, furono avanzate e approvate proposte per incrementare le politiche preventive (il termine esatto è contraccettive) e abortive. Di sviluppo vero e proprio si parlò poco.
Impedire l’inizio della vita con la diffusione dei metodi contraccettivi o eliminare le vite in sovrappiù, attraverso le pratiche abortive: questo, allora, il filo conduttore e i risultati ottenuti, promossi tra i Governi di tutto il mondo.
Cinque anni dopo la commedia (tragedia) si ripete, questa volta a New York. Anche qui di sviluppo si parla poco o niente e tutte le attenzioni vengono focalizzate sul problema popolazione.
Malgrado, come ricorda Riccardo Cascioli, di Avvenire, le ultime statistiche della stessa ONU confermino un calo netto della fertilità in tutto il mondo, anche nei paesi emergenti, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unpfa), organizzatore della Conferenza “Cairo+5”, ha puntato nuovamente il dito sul problema della crescita demografica incontrollata e sul pericolo AIDS.
Cascioli denuncia che il vero scopo dell’Unpfa era da un lato quello di estendere e facilitare il diritto all’ aborto, “diritto” da riconoscere anche ai minorenni di età superiore ai 15 anni, senza l’autorizzazione dei genitori e dall’ altro quello di rendere la contraccezione più accessibile a tutti, compresi gli adolescenti. A tale proposito, l’Unpfa caldeggiava l’introduzione in tutti i Paesi del mondo dei metodi contraccettivi “d’emergenza”, vale a dire, in pratica, la legalizzazione della pillola del giorno dopo, ultima frontiera dell’aborto.
L’obiettivo è stato raggiunto, come spiega l’articolista, con approvazione a maggioranza (ahimè, anche l’Italia era fra questi), malgrado 1’opposizione di alcuni Paesi tra i quali, naturalmente, la Santa Sede.
Monsignor Renato Martino, capo della delegazione della Santa Sede ed osservatore permanente all’ONU, fa notare come certe proposte siano approvate anche da Paesi le cui leggi interne le proibiscono. Basti pensare, per esempio, che la Camera degli Stati Uniti ha da poco approvato una legge che impedisce agli adolescenti di abortire senza il consenso dei genitori, mentre la delegazione USA all’ONU è schierata su posizioni molto più permissive.
La contraddizione dipende, secondo Monsignor Martino, dal fatto che le delegazioni degli Stati che partecipano a queste conferenze vengono create sotto l’influsso di potenti lobby. I delegati “agiscono a prescindere da qualsiasi mandato popolare”, rispondendo solo alle lobby che li hanno nominati.
Non c’è che dire. Quando si vuole fare a meno di Dio, autore e creatore della vita, e della sua legge chi paga è l’uomo. È il trionfo della cultura della morte, che oggi si accanisce specialmente contro la vita nel grembo materno.
IL TIMONE – N. 3 – ANNO I – Settembre/Ottobre 1999 – pag. 6