Banner_Il Sabato del Timone_14 dic 24_1920x280

13.12.2024

/
L”orco clericale’
31 Gennaio 2014

L”orco clericale’

Così era soprannominato dai suoi avversari Louis Veuillot, indomito e coraggioso giornalista francese del XIX secolo. Un uomo di grande fede e veramente libero. Conosciamolo

«Ai nostri giorni, purtroppo, l’organizzazione del lavoro, pensata e attuata in funzione della concorrenza di mercato e del massimo profitto, e la concezione della festa come occasione di evasione e di consumo, contribuiscono a disgregare […] la comunità e a diffondere uno stile di vita individualistico» (“Lettera del Papa per il VII incontro mondiale delle famiglie”). «Il male che affligge la Francia non è sconosciuto; tutti concordano nel dargli il nome di individualismo. Non è difficile vedere che in un Paese dove regna l’individualismo la società non è più in condizioni normali, perché la società è un’unione di idee e di interessi, mentre l’individualismo è la disunione portata al suo grado estremo. Tutti per uno e uno per tutti, questa è la società; ciascuno per sé e, dunque, ognuno contro tutti, questo è l’individualismo» (N. Urbinati, Individualismo democratico. Emerson, Dewey e la cultura politica americana, Donzelli Editore, Roma, 2009, p.4).
Questi due pensieri, che indicano nell’individualismo il nemico principale della società, sembrano non solo sovrapponibili, ma appartenenti a due autori a noi contemporanei. Invece no. Il primo, in effetti, è dell’attuale Papa, Benedetto XVI. Il secondo, invece, è di uno scrittore cattolico francese vissuto un secolo e mezzo fa, Louis Veuillot, il quale, nel 1843 (la frase è tratta da un suo articolo scritto per la rivista L’Univers), ha, in pratica, “intuito” nientemeno ciò che avrebbe detto un Papa centosettantanni dopo, nonché la pericolosa deriva che l’individualismo, appunto, essendosi imposto con l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese, ed estendendosi gradualmente dalla Francia al resto dell’Europa, avrebbe rappresentato per la società occidentale, riassumibile nella pretesa dell’uomo di decidere da sé ciò che è bene e ciò che è male: l’uomo che si sostituisce a Dio. Una pretesa che, negli anni successivi, ha assunto diverse forme, più o meno violente: i nazionalismi, i totalitarismi e, oggi, la ricerca del profitto e del successo a tutti i costi senza nessun rispetto per l’altro, e che è sfociata in una crisi economica, politica, culturale che tutti stiamo vivendo. Ma chi era Louis Veuillot? E qual era il suo pensiero?

L’“orco clericale”
Louis Veuillot era un giornalista francese nato a Boynes nel 1813, convertitosi al cattolicesimo nel 1838 dopo un viaggio a Roma. Fu proprio la conversione a rappresentare l’evento decisivo della sua vita. Di fronte a una Francia che, dopo la Restaurazione e l’ascesa al trono di re Luigi Filippo (1830), per riabbracciare gli ideali individualistici e laicisti della Rivoluzione Francese, tornava ad allontanarsi dalla Chiesa e a rifiutare la fede cristiana come criterio per l’uomo di discernere ciò che è bene per lui, il convertito Veuillot sferrerà un’autentica battaglia dalle colonne della rivista che dirigeva, L’Univers, contro l’individualismo e la secolarizzazione, e in difesa della fede e della Chiesa. Una battaglia scatenata con un’animosità tale che gli avversari lo soprannominarono “orco clericale”. Del resto, Veuillot non usava mezze parole: adottava lo stile dei pamphlets, scritti brevi, satirici, ma combattivi. Tuttavia, Veuillot viveva in prima persona la fede cristiana alla quale si era convertito: «era un uomo tenero, dall’amicizia travolgente, squisito con gli amici, fratello, sposo e padre incomparabile » (P. Fernessole, Les origines littéraires de Louis Veuillot, Paris, J.de Gigord, 1923, p.383). Soprattutto, era un uomo libero. La sua difesa della fede cristiana contro l’individualismo era allo stesso tempo una battaglia in difesa della libertà dell’uomo, una libertà possibile solo con l’adesione al cristianesimo. Perché?

L’individualismo impossibile
Perché la pretesa individualistica dell’uomo, la sua volontà di indipendenza, scriveva, «non è né una virtù, né una qualità, né una parola che significhi alcunché di ragionevole ». È soltanto «l’ipocrisia di un’epoca, in cui l’uomo si vanta di essere completamente libero […] e di non seguire che la propria volontà»: la libertà intesa come fare ciò che si vuole, o fare ciò che ci piace. Non è forse una mentalità molto diffusa ancora oggi, specialmente tra i giovani? Eppure, Veuillot sosteneva che non c’è niente di più falso di questa pretesa individualistica: «la verità è che l’uomo dipende da una quantità di cose e da una quantità di persone». Nemmeno un pazzo può definirsi indipendente: nel momento in cui si comporta come tale, dando libero sfogo a tutti i suoi istinti, «lo si rinchiude e lo si lega». Non basta. Per Veuillot, gli uomini che pretendono di essere indipendenti sono «i più asserviti» di tutti: «in politica, essi sono indipendenti (fino a un certo punto) dal regime » che combattono, ma saranno «molto dipendenti dal regime futuro» che intendono difendere; «in religione, sono indipendenti dalla verità cattolica, ma molto dipendenti dalla menzogna eretica o anticristiana ». Insomma, se l’uomo fonda la sua libertà sulla sua totale indipendenza, «dipenderà molto dall’indipendenza »: sarà schiavo dei suoi capricci. La piena, totale indipendenza, per Veuillot, non esiste.

Un uomo veramente libero
Ma allora su cosa si fonda la libertà dell’uomo? Nella «obbedienza a ogni legge di Dio»: è solo dicendo «si» a Dio che l’uomo può dirsi libero, perché nella fede cristiana può sperimentare l’amore incondizionato di un Dio che l’ha creato e che è morto, risorgendo, per salvarlo. Solo incontrando Dio l’uomo può scoprire se stesso, capire ciò che è bene per lui, e trovare le risposte a tutti i suoi desideri, in primo luogo, quello della libertà (cf L. Veuillot, L’indipendenza, in “L’Univers”, 15 aprile 1868).
L’adesione alla fede cristiana e la difesa della Chiesa fecero di Veuillot un uomo libero e gli consentirono di avere un giudizio altrettanto libero. Lo accusavano di essere retrogrado, conservatore, tradizionalista, fazioso. Se percorriamo la sua carriera, ci rendiamo conto che Veuillot non si lasciò mai ingabbiare da nessun partito, nessuna fazione, nessun movimento politico o culturale. Giudicò sempre un partito, una fazione, un movimento, un regime sulla base della libertà che concedeva all’uomo secondo i valori cristiani.
Nel 1848 guardò con favore alla Seconda Repubblica che aveva rovesciato la monarchia di Luigi Filippo perché pensava che il cambiamento politico avrebbe comportato il recupero di quei valori cristiani che la mentalità individualista del vecchio regime aveva rifiutato. Ma l’elezione all’Assemblea Costituente di un consistente gruppo di radicali e di socialisti anticlericali vanificò le sue speranze, che si puntarono su Luigi Bonaparte, che aveva rovesciato la Seconda Repubblica e si era proclamato imperatore col nome di Napoleone III (1851). Il neo imperatore, agli occhi di Veuillot, aveva avuto il merito di essersi impegnato a difendere la libertà della Chiesa: fino al 1857 il suo sostegno a Napoleone III fu tale che quest’ultimo ospitò alcuni suoi articoli sul Moniteur, il giornale di regime. Appena, però, Napoleone III si alleò con la monarchia sabauda e dichiarò guerra all’Austria cattolica per appoggiare il Risorgimento italiano, che aveva connotazioni decisamente anticlericali, Veuillot attaccò violentemente il regime imperiale, e l’imperatore fece chiudere L’Univers per sette anni. Veuillot riprese le pubblicazioni nel 1867, difendendo a spada tratta le posizioni di Pio IX che, attraverso il Sillabo, aveva condannato quel liberalismo che, per lo scrittore francese, era una delle forme della pretesa individualistica dell’uomo. L’ultima battaglia la condusse contro la Terza Repubblica, instauratasi in Francia dopo il crollo dell’impero causato dalla sconfitta di Napoleone III ad opera dei prussiani a Sedan (1870): il nuovo regime divenne sempre più individualista, liberale e anticlericale.
Ma ormai, Veuillot era diventato una voce isolata, che si spense lentamente fino al giorno della sua morte (7 aprile 1883). Una voce isolata, ma libera, e che vale ancora oggi, di fronte a un’Europa che persiste nel non voler riconoscere le sue radici cristiani, pur precipitando in una crisi che ha le sue origini proprio in quell’individualismo, in quella pretesa di totale indipendenza dell’uomo che Veuillot ha sempre combattuto, e nei confronti della quale Benedetto XVI insiste nel mettere tutti in guardia. Veuillot aveva visto giusto. Parola di Benedetto XVI.

IL TIMONE N. 120 – ANNO XV – Febbraio 2013 – pag. 52 – 53

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista