La vera natura della persona sta nell'essere un atto d'amore di Dio. Le relazioni fra le persone non possono quindi che esprimere questo amore. Dio ama attraverso di noi, e questo ci rende come canali di luce e di amore, ci trasforma nell'intimo, ci santifica, ci rende compartecipi della redenzione.
Il "comandamento nuovo" di Gesù rivela agli uomini questa condizione soprannaturale: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Già il libro del Levitico aveva comandato di amare il prossimo "come te stesso" (Lv 19,18), ma qui viene chiesto di amare "come Gesù ama". Amare gli altri come io sono capace di amare me stesso rientra fra le mie capacità naturali, anche se fra quelle più elevate. Ma amare come solo Dio è capace di amare è facoltà soprannaturale. E se Gesù ce lo comanda, vuoi dire che questo è, nella nuova alleanza, diventato possibile.
Il comandamento nasconde in realtà un dono, un dono soprannaturale della Grazia: amare con l'amore di Dio, e quindi in modo infinito, amare gli altri non come amerei me stesso, ma anche più di me stesso, fino a dare anche la mia vita per i fratelli, come Gesù ha dato la sua per noi. È un invito ad amare senza limiti, a lanciarsi in un'avventura senza confini in cui l'io si dilata verso l'infinito. I santi e i mistici della storia del cristianesimo sono stati colti dalle vertigini dinanzi a quest'abisso d'amore sperimentato dentro di loro. Spesso si lamentavano di non riuscire a reggerlo. A volte affermavano che se non li avesse sostenuti la Grazia il cuore sarebbe scoppiato.
I dieci Comandamenti, alla luce di tutto questo, diventano un legaccio inconsistente: l'idea di uccidere o di rubare non è neanche più concepita. In questo stato di santità introdotto dall'Amore ogni legge è del tutto spontanea. Il decalogo è completamente interiorizzato. La distanza tra legge esterna centrata sulle tavole e legge interna centrata sulla coscienza è annullata. Con la nuova alleanza è Dio che vive nell'uomo, ed unica legge è la legge dell'amore. Sant'Agostino s'arrischiò fino a dire: "Ama Dio e fa' ciò che vuoi".
È la libertà di chi ha ricevuto in dono di vivere nella Grazia, di vedere il proprio cuore cambiato in quello di Cristo. Il nostro Catechismo afferma: "Dio, che ha creato l'uomo per amore, lo ha anche chiamato all'amore, vocazione fondamentale e innata di ogni essere umano" (CCC 1604).
L'amore fra gli uomini realizza il Regno di Dio sulla Terra, crea somiglianza fra l'umanità e il volto di Dio, anticipa le bellezze della condizione celeste. La vera natura della Chiesa è nell'essere una comunità d'amore che a sua volta è al servizio degli altri. L'amore non può essere disgiunto dalle opere, perché è irrefrenabile impulso di missionarietà. Il cuore è il motore delle braccia. La carità con cui si esprime la Chiesa è continuazione dei gesti e dell'amore di Cristo nel mondo. E non vi sono limiti all'amore: tutto dipende dalla misura in cui si è disposti a donare ad esso il proprio cuore. Nei mistici la dilatazione all'amore assume vertici per noi impensabili, fino alla perfetta compartecipazione interiore della passione. Il cuore è così aperto da essere squarciato, e l'amore si trasforma in ferita per gli uomini. Vi è l'ansia costante di salvare le anime e si è in pena se non si patisce per loro. L'offerta della propria sofferenza diventa necessità, e attraverso di essa viene operata misteriosamente un'azione di redenzione straordinaria. Questi spiriti, uniti nel corpo mistico di Cristo, portano sulle loro spalle la croce dei nostri peccati e sorreggono invisibilmente il mondo soffrendo per noi. In realtà è Cristo che perpetua la sua passione attraverso di loro. Tutti i cristiani possono unirsi alla Sua azione di salvezza offrendo la propria preghiera e la propria sofferenza in unione al Sacrificio che si celebra sull'altare.
IL TIMONE N. 37 – ANNO VI – Novembre 2004 – pag. 61