Regia: Eric Till
Con Joseph Fiennes, Alfred Molina, Jonathan Firth, Claire Cox.
Presentato come la risposta protestante a “la passione di Cristo”, il film “Luthero”, ha il grandissimo pregio di far apprezzare ancora di più la pellicola di Gibson. Infatti, se molti detrattori avevano bollato La Passione come semplice prodotto commerciale, guardando Luther si capisce a pieno la differenza che c’è tra un film fatto con il cuore e un film prodotto su commissione. Come se non bastasse, avendo voluto dare a Luther un taglio agiografico (il titolo completo “Luthero, genio, ribelle, liberatore” è già emblematico) si è tralasciato un po’ l’aspetto meramente storico per privilegiare l’elemento di scontro buoni – cattivi. E così, di fronte a una Chiesa spendacciona ed esosa (i cattivi), si erge Lutero (buono) che novello Davide sconfigge l’opulento Golia. Il film non prende in considerazione, se non in un momento molto ridotto, quello che lo scisma protestante ha provocato in termini di odio religioso, violenza e guerre. Dico questo anche perché, un certo tipo di stampa, che si è subito prodigata nel sottolineare i mali della Chiesa, e dedica copertine su copertine alla tragedia della guerra, non ha minimamente accennato a un discorso di questo tipo. Non si può comunque non sottolineare come per esigenze di copione vengano inseriti dialoghi al limite del blasfemo o come sia presentato in maniera totalmente negativa tutto il clero romano dell’epoca (per caso si vogliono fare dei parallelismi coi giorni nostri?).
Il film, che può vantare un ottimo cast (anche se non tutti sono in parte) sembra quasi voler essere più una critica (l’ennesima) alla Chiesa cattolica che un omaggio al monaco dello scisma. Tutto sommato noioso e irritante.
IL TIMONE – N. 34 – ANNO VI – Giugno 2004 – pag. 63