È all’origine della religione musulmana. Ma in Occidente pochi conoscono la sua vita. Fu religioso, convinto di aver ricevuto rivelazioni divine, poligamo, guerriero ma anche unificatore di tribù. Ecco un profilo di Maometto
Le “rivelazioni”
Con il matrimonio inizia una vita agiata tanto che a quarant’anni sente l’esigenza di un approfondimento spirituale. Prende l’abitudine di ritirarsi in preghiera sulle alture intorno alla città. Proprio durante uno di questi ritiri, nella notte tra il 26 e 27 del mese di ramadan dell’anno 610, racconta di aver ricevuto la prima sconvolgente rivelazione ad opera dell’arcangelo Gabriele. L’episodio è ricordato nella sura XCVI, nei versetti dall’1 al 5: l’arcangelo gli rivela l’unità-unicità di Dio e la sua missione profetica. La prima parola che viene pronunciata dall’arcangelo è un ordine imperativo: “iqra”, ovvero “leggi”. La radice del verbo è la stessa che dà luogo alla parola qur’an, Corano, che significa recitazione. Seguiranno 22 anni di rivelazioni, fino al 632, anno della sua morte.
Da questo momento, Maometto riterrà un dovere comunicare ai suoi concittadini le rivelazioni che di volta in volta l’arcangelo Gabriele gli trasmette, ma all’inizio solo la moglie gli presta fede. La meccanica della rivelazione è esclusivamente orale. Egli impara a memoria quanto l’arcangelo Gabriele gli dice e poi fa apprendere ai suoi seguaci la “rivelazione”. Solo molto più tardi, sotto il terzo califfo Othman, il testo rivelato verrà messo per iscritto.
Si aliena le simpatie dei potenti locali che lo considerano “pazzo”, “delirante”, “nemico della tribù”. La situazione peggiora quando diventa capo della tribù dei Quraīsch lo zio paterno Abu Lahab, che lo perseguita apertamente, lo caccia dalla tribù e impone persecuzioni anche ai suoi pochi seguaci, circa quaranta/sessanta persone, per lo più di umile condizione, che infatti Muhammad invita a scappare in Abissinia perché lì c’è un re cristiano che certamente li accoglierà (cosa che regolarmente avviene).
Le mogli e le concubine
Nel 619, durante il mese di ramadan, muore l’amata Khadīja. Maometto decide quindi di risposarsi immediatamente con la figlia di uno dei primi seguaci e amico fraterno, Abu Bakr, che si chiama Aīsha e ha appena sei (secondo alcune biografie nove) anni. Essendo troppo giovane per consumare il matrimonio, Muhammad si sposa contemporaneamente con la trentenne Sawda bint Zam’a (rimasta vedova del marito, morto in Abissinia dove s’era recato i fuggiaschi). Negli anni successivi sposerà altre 10 donne, alcune per la loro avvenenza, altre solo per opportunità politica. Sebbene per l’islam sia consentito il matrimonio in contemporanea solo con 4 donne, Maometto sostenne di aver ottenuto una speciale rivelazione secondo cui il limite non aveva valore per lui. Tra le varie mogli, alcune mostrarono un carattere molto deciso. Ad esempio, Amra bint Yazīd protestò vivacemente per tale unione, ottenendo così di venir subito ripudiata e di tornare tra la sua gente.
Tra tutte, la donna che avrà più influenza su di lui (dopo la defunta Khadīja) sarà Aīsha. Sposata da bambina per ordine – sostenne Maometto – dell’arcangelo Gabriele, ha solo 19 anni quando Muhammad muore, non gli ha mai dato un figlio, ma è la sua prima consigliera. Maometto muore fra le sue braccia a Medina e lei continuerà ad influenzare la comunità delle origini (forse non sempre positivamente) con etto il suo carattere molto deciso. Una radicale antipatia la contrappone a lungo ad Alì, il cugino di Maometto, marito della figlia prediletta Fatima e quarto califfo. L’origine del rancore risale ad un episodio raccontato nel Corano. Nel corso di un trasferimento in carovana in ambiente desertico, Aīsha si era attardata per una banale necessità fisiologica, perdendo tempo nella ricerca dei grani di una collana il cui filo le si era in quell’occasione spezzato. Senza accorgersi della sua assenza (le donne viaggiavano al chiuso di baldacchini issati sul dorso di un dromedario) la carovana era però ripartita. Viene ricondotta al marito da un giovane beduino. Il fatto che i due giovani fossero stati insieme senza alcun controllo e l’avvenenza di entrambi generarono ovvie malignità. Alì suggerì allora al cugino di ripudiare la moglie, per evitare di essere danneggiato da quei sospetti, ma una “rivelazione divina” scese per giustificare l’accaduto e liberare Aīsha da qualsiasi sospetto di adulterio. Da qui, però, il rancore e l’avversione fra i due. Ebbe anche varie concubine (forse sedici) tra cui la copta Mariya, che poi sposò, e da cui ebbe un figlio: Ibrāhīm, deceduto a otto mesi con grande dolore dello stesso Muhammad.
La sua particolare attenzione per il mondo femminile, oltre a rientrare nella consuetudine tribale pre-islamica, rappresenta una specifica caratteristica di Muhammad che, secondo un antico hadith (“detto del Profeta”) non si vergogna di dire che «due sole cose mi stanno molto a cuore oltre la preghiera: le donne e il profumo».
L’era musulmana Dopo un primo fallito tentativo di rifugiarsi nella vicina at-Taīf, Muhammad ottiene ospitalità a Yatrib, a circa 350 chilometri a nord della Mecca. Qui viene anzi invitato e incaricato di fare da paciere fra due tribù in lotta fra di loro. Infatti gli Aws e i Khazrag, che avevano preso il potere spodestando la precedente tribù ebraica dominante, era- no in conflitto fra loro per motivi di carattere commerciale. Muhammad riesce a riportare la pace e la serenità fra gli abitanti della città e questo gli garantisce un ruolo primario nel contesto sociale locale.
L’anno del suo arrivo a Yatrib è il 622, l’anno dell’Egira, da cui il mondo islamico inizia la datazione della nuova era musulmana. La città di Yatrib cambierà in onore di Maometto il suo nome e incomincerà a chiamarsi at-Medinat, la nostra Medina, ovvero “la città” per antonomasia. In questa città i convertiti della prima ora, coloro che hanno seguito Maometto nel suo esilio, vengono chiamati muhāgirun (immigrati) e gli altri ansār (ausiliari). Questi ultimi sono i medinesi convertiti alla nuova fede. I primi, per non farsi mantenere dai medinesi, si attribuiscono il ruolo di combattenti, di guerrieri, che diventa così una professione attraverso cui assicurarsi un bottino da spartire. Questo sarà uno degli elementi che daranno spinta alle razzie, trasformate dopo breve tempo in vere e proprie guerre, che porteranno gli arabi ad avere una forza di espansione straordinaria.
Guerre e razzie
Durante i dieci anni di permanenza nella città di Medina, Maometto sarà coinvolto in ben 19 guerre. Tra queste alcune acquisiscono un’importanza fondamentale. Nel 624 la battaglia di Badr si svolge il 17 o 19 o 21 del mese di ramadan. Il Corano afferma che Allah combatte con loro, e i musulmani vincono. Nella città di Badr (semplice oasi, collocata a sud-est di Medina, sosta obbligatoria per le carovane che procedono dalla Mecca e che si recano in Siria) Maometto approfitta della presenza di una ricca carovana meccana per attaccarla e razziare un lauto bottino.
L’anno successivo vi è una seconda battaglia importante, quella di Uhud, oasi a nord di Medina, durante la quale Maometto è sconfitto. I pagani meccani vogliono vendicare i morti di Badr e quindi attaccano per primi le truppe medinesi. Maometto potrebbe essere ucciso, ma è invece semplicemente ferito e si grida al miracolo. Il Corano spiega la sconfitta dei musulmani imputandola alla mancanza di fede. A questo episodio seguiranno molte indicazioni pratiche da parte di Allah sul rapporto con gli alleati e con i meccani, con cui l’alleanza è sempre e comunque proibita (sura 4).
Pellegrinaggio alla Mecca
Nel 628, Maometto ritiene di aver acquisito sufficiente importanza per recarsi in pellegrinaggio alla Mecca. Qui tuttavia viene accolto con ostilità, e di conseguenza si ferma fuori della città promettendo tuttavia di tornare quanto prima. Infatti, nel 630 con un ricco esercito attacca la Mecca e vince. Entra quindi a fare il pellegrinaggio, ma solo dopo aver deposto le armi fuori del territorio sacro. Tornerà ancora una volta alla Mecca nel 632 per compiere il pellegrinaggio alla Pietra Nera in stato di irhāīm (purità legale). In questa circostanza detta le condizioni con cui il pellegrinaggio andrà svolto in seguito. Il pellegrinaggio alla Mecca, già abitudine devozionale delle tribù pre-islamiche, viene acquisito da Muhammad come un importante momento religioso tanto da diventare uno dei cinque doveri fondamentali del pio musulmano.
La morte
Dopo il pellegrinaggio, Maometto torna a Medina, ormai malato, e qui muore l’8 giugno del 632 nella casa della moglie preferita Aīsha, figlia di Abu Bakr, che sarà il suo primo successore. Secondo quanto attesta la biografia di at- Tabāri, alla sua morte egli aveva diciassette liberti, dieci segretari, sette cavalli, tre mule da sella, tre cammelli da corsa, venti cammelli da latte, molti dromedari, sette capre. Inoltre possedeva sette spade, tre lance, tre corazze, uno scudo. Il patrimonio di un buon guerriero e padre di famiglia, certo non di chi si è voluto arricchire sulle spalle dei seguaci.
Gregorio Penco, La Chiesa nell’Europa medievale, Portalupi Editore, 2003; utile per un quadro generale anche Claudio Azzara, Le invasioni barbariche, il Mulino, 1999.
IL TIMONE N. 102 – ANNO XIII – Aprile 2011 – pag. 22 – 24
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