Il 27 settembre 1992 papa Giovanni Paolo II beatificò diciassette martiri irlandesi uccisi dai protestanti tra il 1579 e il 1654. Naturalmente, l’elenco sarebbe molto più lungo, dal momento che la persecuzione anticattolica nell’arcipelago britannico, dallo scisma di Enrico VIII in poi, provocò circa settantamila vittime. Quando la pressione, coi secoli, cambiò sistema, divenne puramente amministrativa e i cattolici, considerati cittadini di serie B, acquistarono la pienezza dei diritti solo nell’Ottocento. Per esempio, l’irlandese Oscar Wilde poté frequentare l’università perché, almeno ufficialmente, di religione anglicana (si convertì al cattolicesimo solo in punto di morte). Anche le repressioni in Irlanda fecero migliaia di vittime, tanto che qualcuno ha parlato di genocidio, specialmente nell’epoca di Oliver Cromwell (1599-1658), ma quelli tra loro che la Chiesa chiama Servi di Dio (cioè, i proposti alla beatificazione per una vita cristianamente eroica o, nel nostro caso, un martirio documentato) erano quasi duecentosessanta. Dall’elenco totale fu ulteriormente selezionato un gruppo di diciassette, sia perché rappresentativi di tutte e quattro le province irlandesi, sia perché appartenenti a epoche diverse, sia infine perché sulle loro vicende la documentazione è particolarmente dettagliata.
Scrive Andreas Resch nel III volume della sua opera I Beati di Giovanni Paolo II (Libreria Editrice Vaticana, 2003): «La scomunica di Elisabetta I da parte del pontefice s. Pio V nel 1570 diede inizio a una fiera persecuzione in Inghilterra che colpì particolarmente i sacerdoti. In Irlanda, invece, le prime uccisioni intendevano creare, in un tempo di incertezze e di minacce, un clima di paura fra il popolo cristiano. La ribellione del conte di Desmond nel Sud, la spedizione militare di James Fitzmaurice Fitzgerald del luglio 1579 con l’appoggio di papa Gregorio XIII e l’insurrezione di lord Baltinglass nel 1580, ognuna nel nome della libertà cattolica, erano tutte fallite. Per le autorità protestanti di Dublino, tuttavia, costituivano motivo di preoccupazione non lieve». Fu in questo clima che molti esponenti cattolici vennero trucidati: «Il destino, però, di tutte queste persone fu sempre dipendente da un solo motivo: il rifiuto di emettere il giuramento di Supremazia, ossia di riconoscere la regina come capo della Chiesa».
C’è da osservare che l’Irlanda, evangelizzata da s. Patrizio nel V secolo, non aveva mai avuto martiri in tutta la sua storia precedente. Il primo martire fu il vescovo di Mayo, il francescano Patrick O’Healy, impiccato nel 1579 insieme al confratello Conn O’Rourke. Quest’ultimo era figlio di lord Brian di Breffni e si trovava in Spagna insieme all’O’Healy, che insegnava all’università. I due avevano collaborato ai negoziati che dovevano condurre alla spedizione militare di Fitzgerald. L’idea era quella di invadere l’Irlanda e darne la corona a don Giovanni d’Austria, fratello di Filippo II e vincitore a Lepanto. Così, l’Irlanda cattolica sarebbe stata salva. I due francescani si imbarcarono per preparare il terreno ma le spie avevano già informato gli inglesi. Appena sbarcati vennero arrestati e impiccati senza processo il 13 agosto 1579. Prima dell’esecuzione fu loro offerta la possibilità di passare all’anglicanesimo (la «conversione» di un vescovo cattolico sarebbe stata un buon colpo propagandistico) ma rifiutarono. Nel 1580 il conte di Desmond innescò la ribellione irlandese in concomitanza con lo sbarco delle truppe di Fitzgerald. Si unirono il visconte di Baltinglass e il clan degli O’Byrne. Ma nella battaglia di Leinster i cattolici vennero sconfitti. Nel febbraio 1581, Baltinglass e il suo cappellano, il gesuita Robert Rockford, trovarono rifugio a Wexford, dove un gruppo di marinai e un fornaio, cattolici, offrì loro aiuto e la possibilità di far perdere le proprie tracce. I marinai erano cinque, ma conosciamo solo i nomi di Robert Meyler, Edward Cheevers e Patrick Cavanagh. Il panettiere si chiamava Matthew Lambert. Con l’accusa di avere aiutato dei traditori, questi sei cattolici vennero appesi per il collo e poi fatti squartare da cavalli legati ai loro arti. Il fornaio Lambert, uomo semplice, dichiarò ai suoi aguzzini che poco sapeva di questioni teologiche ma che intendeva restare fedele al Papa.
Margaret Ball era figlia di agiati proprietari terrieri della contea di Meath, si sposò col sindaco di Dublino ed ebbe venti figli (solo alcuni, però, sopravvissero). Rimasta vedova, la sua casa divenne una scuola cattolica e rifugio per i preti perseguitati. Arrestata una prima volta, fu rilasciata su cauzione. Ma quando un suo figlio, passato al protestantesimo, divenne sindaco fu di nuovo arrestata e, malgrado l’età avanzata, gettata nei sotterranei del castello di Dublino in isolamento. Morì in cella, nel 1584, dopo tre anni di reclusione. Dermot O’Hurley era decano della facoltà di legge nell’università di Lovanio. Nel 1581 il papa Gregorio XIII lo fece vescovo di Cashel. Tornò clandestinamente in Irlanda, dove esercitò il suo ministero girando travestito. Ma gli inglesi, che avevano spie anche a Roma, lo cercavano. Ospite, in incognito, del barone di Slane, lo O’Hurley si consegnò per non mettere nei guai il suo amico. Lo portarono a Dublino, dove cercarono di fargli confessare quel che sapeva circa un presunto complotto papista-spagnolo ai danni dell’Inghilterra. Gli misero i piedi dentro certi scarponi di ferro pieni di olio, sotto ai quali accesero il fuoco. Poi, visto che non gli si cavava niente né intendeva piegarsi al giuramento di Supremazia, il 20 giugno 1584 lo impiccarono senza processo fuori città.
Maurice MacKenraghty era il cappellano del conte di Desmond. Nel 1583, dopo la sconfitta di Leinster e la fuga, questi fu catturato con i suoi più stretti collaboratori. Il MacKenraghty venne rinchiuso a Clonmel. Nella Pasqua del 1585 il notabile cattolico Victor White riuscì a corrompere un secondino per far sì che il prete dicesse messa a casa sua. Ma il carceriere li tradì. Il sacerdote riuscì a fuggire ma poi si costituì per salvare la vita al White. Il 20 aprile 1585 fu appeso per la gola e poi decapitato.
Dominic Collins aveva intrapreso la carriera militare in Francia, diventando capitano. Nel 1589, dopo un pellegrinaggio a Compostella, decise di farsi gesuita. Nel 1601 tornò in Irlanda insieme a una spedizione spagnola, ma quest’ultima venne sconfitta a Kinsale e il Collins fu catturato. E torturato. Poiché non volle passare all’anglicanesimo, il 31 ottobre 1602 venne impiccato a Youghal, sua città natale (per dare «un esempio»).
Conor O’Devany, francescano, era stato consacrato a Roma nel 1582 vescovo di Down e Connor. Nel 1588, anno in cui l’Inghilterra temette l’invasione dell’Invencible Armada, fu arrestato e tenuto per diversi anni in galera. Nel 1611 venne arrestato ancora insieme al prete Patrick O’Loughran. Questi era cappellano di Hugh O’Neill, il conte che aveva dato del filo da torcere agli inglesi per nove anni dal 1594 al 1603. Scappato con gli O’Neill, era poi tornato clandestinamente per esercitare il suo ministero. Il 1° febbraio 1612 vennero impiccati entrambi su ordine di Londra.
Francis Taylor era nobile e padre di sei figli. Nel 1595 divenne sindaco di Dublino ma, dopo la sconfitta della resistenza irlandese nel 1603, Londra estromise i cattolici dalle cariche pubbliche e organizzò il parlamento irlandese su base protestante. Il Taylor, che vi era stato eletto, vide la sua elezione invalidata. Nel 1613 venne addirittura arrestato e lasciato a marcire in prigione fino al 10 gennaio 1621, data in cui morì.
Il domenicano Peter Higgins, dopo gli studi in Spagna, era tornato in Irlanda. Durante l’ennesima ribellione cattolica, nel 1641, si adoperò per soccorrere tutti quelli che poteva, anche protestanti. Ma fu arrestato lo stesso e il 23 marzo 1642 impiccato senza processo. Terence O’Brien, «padre Albert», era provinciale dei domenicani d’Irlanda. Nel 1648 fu consacrato vescovo di Emly. Ma l’anno seguente ci fu l’invasione di Oliver Cromwell, che esordì con i massacri di Drogheda e Wexford. Nel 1651 la città di Limerick capitolò e il vescovo fu arrestato mentre soccorreva i feriti nell’ospedale. Impiccato il 30 ottobre dello stesso anno, il suo cadavere venne squartato. John Kearney era un francescano ordinato prete a Bruxelles nel 1642. Due anni dopo cercò di tornare in Irlanda ma la sua nave venne fermata in mare, perquisita e lui catturato.
Lo portarono a Londra e lo torturarono. Ma riuscì a fuggire in Francia, a Calais. Da qui fece ritorno clandestinamente in Irlanda. Con l’arrivo di Cromwell fu messa una taglia sulla sua testa. Arrestato, il 21 marzo 1653 fu impiccato perché, contro la legge, era un sacerdote cattolico.
L’ultimo è William Tirry, nipote del vescovo di Cork e Cloyne. Studiò in Spagna, Francia e Belgio prima di diventare sacerdote agostiniano e tornare in Irlanda.
Divenne cappellano di un altro suo zio, il visconte di Kilmallock. Ma la sera del Sabato Santo del 1654 fu arrestato mentre diceva messa e impiccato il 2 maggio. La festa collettiva di questi martiri irlandesi cade il 20 giugno.
IL TIMONE N. 106 – ANNO XIII – Settembre/Ottobre 2011 – pag. 20 – 21
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