Il mondo laicista contesta la condanna di Giovanni Paolo II del divorzio. Senza capire che l’indissolubilità è una proprietà del matrimonio, senza la quale esso non esiste.
Com’è difficile il “mestiere” del Papa. Criticato per l’incontro di Assisi (24 gennaio 2002) da chi lo accusa di tacere l’unicità del cristianesimo per aver convocato una giornata di preghiera, a favore della pace e contro il terrorismo, con i rappresentanti delle altre religioni presenti nel mondo, pochi giorni dopo viene criticato per un discorso al Tribunale della Rota Romana del 28 gennaio 2002 in cui ribadisce l’indissolubilità del matrimonio come valore umano, naturale, comune a tutti gli uomini, non soltanto ai cristiani. Ancora, in occasione della “Giornata per la Vita” (3 febbraio 2002), viene criticato un suo intervento in cui chiede “coerenti applicazioni sotto il profilo giuridico” in difesa della vita e apprezza l’iniziativa del Movimento per la Vita italiano volta a ottenere il riconoscimento giuridico dell’identità dell’embrione.
Sarebbe troppo semplice ricordare che il Pontefice ha detto ad Assisi che pregare per la pace non significa “indulgere in alcun modo al relativismo né al sincretismo”, così come stento a capire il motivo per cui – come ha scritto don Gianni Baget Bozzo a commento dell’intervento del Papa sul divorzio – il Papa non dovrebbe ricordare una verità soltanto perché scomoda, in quanto non accettata dalla maggior parte dei contemporanei. Se la Chiesa dovesse limitarsi all’insegnamento o al ricordo di quanto gradito agli uomini, non capirei proprio la sua funzione. Perché contrapporre, come fa il sacerdote genovese, la predicazione della Grazia di Cristo a quella dei dieci Comandamenti, visto, come lui stesso ricorda, che la Grazia è il rimedio dei mali morali? La Chiesa non condanna la società che sbaglia, ma le ricorda che sta sbagliando, che lo sfascio delle famiglie non porta alla felicità eterna, e nemmeno a quella temporale. E perché imitare il mondo progressista, clero compreso, nella, condanna dell’enciclica Humanae vitae di Papa Paolo VI, dove il Papa ricordava che l’atto coniugale è un atto d’amore se è aperto alla vita, contro la mentalità “contraccettiva” che separa l’amore dalla vita?
Imprudente ad Assisi per aver permesso che “passasse” attraverso i media l’idea della sostanziale uguaglianza delle religioni, imprudente per aver ricordato verità scomode e lontane all’uomo moderno circa divorzio e difesa della vita, il Papa “scopre” quanto sia difficile essere prudenti nella complicata società contemporanea. Forse, la più grande tentazione, la vera imprudenza, sarebbe quella cara a progressisti sia laici che cattolici-democratici: tacere, e così accettare di uscire lentamente dalla scena, professando la propria fede con rigore dogmatico e liturgico, come avviene nel mondo dell’Ortodossia, in perfetta solitudine, senza ricordare verità morali di ordine naturale, che potrebbero disturbare la cultura dominante.
Si può discutere sull’opportunità o meno di un numero così elevato di interventi magisteriali, che potrebbero sottrarre attenzione a quelli più importanti. Ma chi stabilisce quali sono gli argomenti importanti, meritevoli quindi di intervento e quali no? Al di là delle nostre opinioni sul punto – oltretutto puramente accademiche – rimane il fatto che dovremmo ringraziare gli interventi del Magistero, senza i quali saremmo ancora più confusi e disorientati. Infatti, viviamo in un mondo molto diverso dal “secolo breve”, quel Novecento caratterizzato e insanguinato dalla violenza delle ideologie. Oggi, il modo di essere e di vivere dominante non prevede di “cambiare il mondo”, ma di adeguarsi a quello nel quale si vive, senza preoccupazioni in ordine né alla verità né all’amore per il prossimo, quello vero, che pretende, per esempio, anche di dire la verità scomoda a chi ci vive accanto. E una verità scomoda è l’indissolubilità del matrimonio ricordata da Giovanni Paolo II, almeno a giudicare dai sondaggi di Datamedia riportati da il Giornale del 30 gennaio 2002, secondo i quali l’87,5% degli intervistati sarebbe più o meno contrario alle posizioni del Papa. Il Papa avrebbe potuto tacere, oltretutto non rischiando di inimicarsi l’ordine degli avvocati “matrimonialisti”, ai quali ha chiesto di non cooperare nelle pratiche che portano al divorzio. Ma continuando a tacere si rischia di perdere definitivamente il rapporto con la verità. Non c’è verità che senza essere ricordata, trasmessa, spiegata, possa restare nella mente e nel cuore delle persone.
Il problema in questione non è soltanto relativo al matrimonio, ma riguarda tutta la mentalità dell’uomo ingannato dal soggettivismo, incapace di cogliere nella natura una verità oggettiva, che prescinde dalla sua volontà e dal suo piacere o interesse momentaneo. L’uomo non può fare qualsiasi cosa sia possibile, la sua volontà è moralmente limitata anche quando potrebbe materialmente ottenere quanto desidera. E questo vale non soltanto per i cristiani, ma per tutti gli uomini, perché “il bene dell’indissolubilità è il bene dello stesso matrimonio; e l’incomprensione dell’indole indissolubile costituisce l’in comprensione del matrimonio nella sua essenza”. Questa verità non è percepita spesso neppure dai cattolici, molti dei quali pensano che “Il matrimonio indissolubile sarebbe proprio dei credenti, per cui essi non possono pretendere di ‘imporlo’ alla società civile nel suo insieme”.
Ricordo come, durante la campagna referendaria per abrogare la legge sul divorzio nel 1974, molti cattolici non sapevano come rispondere alla propaganda divorzista che li accusava di voler imporre, con l’indissolubilità del matrimonio, un comportamento cristiano a chi non professava la fede cattolica.
L’indissolubilità è una proprietà del matrimonio, senza la quale quest’ultimo non sussiste ed è questa la ragione per cui la Chiesa riconosce l’inesistenza del matrimonio quando uno dei coniugi non crede nell’indissolubilità dello stesso: questo è uno dei casi del cosiddetto “annullamento” da parte dei tribunali ecclesiastici, che non è una forma di “divorzio cattolico”, come maliziosamente o per ignoranza si sente affermare con frequenza.
“Non ci si può arrendere alla mentalità divorzistica: lo impedisce la fiducia nei doni naturali e soprannaturali di Dio all’uomo”, e l’attività pastorale – ricorda il Papa – deve sostenere e promuovere l’indissolubilità, ricordando che la via per superare le crisi matrimoniali si trova nell’amore coniugale stesso, nel quale il Creatore ha messo la forza per superare lo smarrimento e la prova.
BIBLIOGRAFIA
Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, Città del Vaticano 1981.
Giovanni Paolo II, Udienza al Tribunale della Sacra Rota Romana del 28 gennaio 2002, su L’Osservatore Romano del 28/29 – 1 – 2002.
Giovanni Paolo II, Angelus del 3-2-2002, su L’Osservatore Romano del 4/5 – 2 – 2002
IL TIMONE N. 18 – ANNO IV – Marzo/Aprile 2002 – pag. 54 – 55