Ogni vero matrimonio è indissolubile o soltanto quello sacramentale? L’equivoco in cui cadono anche molti cattolici e le indicazioni del Magistero. Il dialogo con la cultura contemporanea e l’esempio di papa Benedetto XVI.
Un lettore del Timone amico e credo discepolo di fratel Carlo Carretto (1910-1988) mi ha “rimproverato” di aver scritto a proposito di quest’ultimo di essere stato un sostenitore del divorzio (n. 62, aprile 2007). La vicenda merita di essere ricordata. Pochi giorni prima del voto per il referendum abrogativo della legge sul divorzio, il 7 maggio 1974, Carretto rilasciò un’intervista al quotidiano La Stampa nella quale lasciava chiaramente intendere che avrebbe votato no all’abrogazione della legge. Sembra che il Pci abbia fatto stampare un milione di copie dell’intervista. Successivamente, il 3 aprile 1975, il religioso farà pubblicamente ammenda del suo comportamento nella cattedrale di Foligno, sollecitato dal vescovo diocesano mons. Siro Silvestri. Naturalmente io non intendevo sostenere che Carretto fosse favorevole al divorzio, ma che il suo comportamento oggettivamente favorì il permanere della legge nell’ordinamento giuridico italiano. Credo che tutti abbiano capito.
Proprio qui sta il problema. Il nostro lettore, come i «cattolici democratici per il no» del 1974, contesta che il matrimonio sia indissolubile da un punto di vista del diritto naturale e che quindi l’indissolubilità riguardi il matrimonio civile, non quello sacramentale che evidentemente contiene in sé la proprietà dell’indissolubilità prevista dall’insegnamento della Chiesa. Il punto è importante perché se il matrimonio fosse indissolubile soltanto per i cattolici, cioè per chi accoglie la Rivelazione e l’insegnamento della Chiesa cattolica, allora sarebbe stato sbagliato chiedere l’abrogazione della legge divorzista, una legge civile, e sarebbe ingiusto chiedere ai non cattolici di non divorziare, se lo desiderano.
Riprendendo l’insegnamento dei pontefici Leone XIII (enciclica Arcanum del 10 febbraio 1880) e Pio XI (Casti connubii, del 31 dicembre 1930) – per citare i documenti più noti – e anticipando il testo ampio e fondamentale sul tema, l’esor-tazione apostolica post-sinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981) di Giovanni Paolo II, i vescovi italiani nel 1969 scrivevano: «Il matrimonio, per suo proprio contenuto e per l’insegnamento di Cristo, è indissolubile (Mt 5,31-32; 19, 3-9; Lc 16,18; Mc 10,2-12; 1 Cor 7,10 ss; Rm 7,21). Tale caratteristica è propria di ogni matrimonio, e non soltanto del matrimonio sacramento. Essa è radicata nella natura dell’amore e della comunità coniugale, è richiesta dall’educazione dei figli, è un fattore primario di stabilità della famiglia». E ancora aggiungevano: «L’indissolubilità è un profondo valore etico; ma non si tratta di un vincolo che si consuma soltanto nell’intimo rapporto fra i coniugi. È un valore che può e deve essere tradotto anche in ordinamento giuridico, dal momento che la scelta per un regime o per l’altro di matrimonio riguarda non soltanto la felicità dei singoli, ma la crescita spirituale e civile della famiglia e dell’intera comunità, e dunque il bene comune».
Un anno dopo, esattamente il 1° dicembre 1970, la legge sul divorzio sarebbe stata approvata dal Parlamento italiano. E da lì sarebbe cominciata la triste storia della «fine della famiglia», come titola un libro recente che ha avuto una certa eco, scritto da uno statistico, Roberto Volpi, già comunista, peraltro onesto nella sua professione, che ammette come appunto dall’introduzione del divorzio cominci quella che ha definito la fine della famiglia, l’inizio della sua lenta e progressiva disgregazione.
A distanza di quasi 40 anni, bisogna riflettere e cercare di interpretare correttamente i dati. È vero che la famiglia non godeva di buona salute prima del Sessantotto e della rivoluzione culturale che da quell’anno prende il nome. Tuttavia, l’introduzione del divorzio, la separazione della sessualità dalla procreazione attraverso la legalizzazione e l’uso di massa della contraccezione e quindi del ricorso all’aborto, hanno prodotto un grave mutamento del costume e accelerato la crisi familiare. È stato seminato il veleno della rivoluzione femminista e sessuale, che ha prodotto i suoi frutti.
Ma non solo veleno è stato seminato in questi 40 anni. Anche la Chiesa ha continuato a seminare la verità sull’uomo e sulla famiglia e anche questa semina ha prodotto i suoi frutti. Il family day o dies familiae non è solo il frutto di una resistenza ma anche il risultato di un apostolato culturale, nel quale giganteggia il magistero di Giovanni Paolo II, in particolare le sue catechesi sull’amore umano oltre alla Familiaris consortio e alla Lettera alle famiglie Gratissimam sane (2 febbraio 1994).
Vale la pena di rileggere e di meditare questo insegnamento perché la cultura dominante non confonda anche quella parte della nazione che continua a credere nella centralità della famiglia, che per difenderla è scesa e scenderebbe ancora in piazza, ma che forse non possiede tutte le “ragioni della famiglia” come sarebbe necessario per convincere l’altra parte della nazione, quella che contrappone i diritti dei singoli alla famiglia, così come, nel campo della vita, contrappone il diritto di scelta della madre a quello alla vita del concepito.
Anzitutto bisogna partire dall’amore fra un uomo e una donna, che non può essere vero e stabile se non è “per sempre”. Da qui nasce il primo motivo a sostegno dell’indisso-lubilità. Ed è un motivo ragionevole, che distingue il matrimonio da semplici unioni basate su disposizioni soggettive e transitorie. Lo si riuscirà a far capire anche a chi non ha l’aiuto della fede? E a chi, pur credendo, ritiene che non si possa pretendere comportamenti simili ai non credenti? Si riuscirà a far capire che i figli, la logica anche se non necessaria conseguenza di un matrimonio, hanno bisogno della presenza stabile di un padre e di una madre? E, ancora, che la società, se non si fonda su questa cellula fondamentale e stabile nata da un matrimonio indissolubile, è destinata a sfaldarsi? Riusciremo, riuscirà il popolo del family day a testimoniare e a spiegare queste verità naturali che Cristo ha elevato alla dignità e alla grandezza di sacramento? E riuscirà a convincere chi ritiene indissolubile il matrimonio-sacramento, il matrimonio cristiano, ma non ogni vero matrimonio?
Indubbiamente la strada è lunga e difficile perché molte incrostazioni ideologiche sono penetrate nei modi di pensare e di vivere dei contemporanei. Bisognerà tornare a descrivere la semplicità del progetto originario di Dio sull’uomo e sulla donna, come Gesù afferma quando ricorda agli ebrei l’indissolubilità originaria del matrimonio (cfr. Mt 19,3-9). Si dovrà anche imparare un linguaggio che permetta di convincere l’uomo contemporaneo, la cui sensibilità è certamente fuorviata da decenni di ideologismi, ma rimane la strada attraverso la quale “tentare” un dialogo volto a trovare la verità sull’uomo e sull’amore. Molti ripensamenti in corso in segmenti della “cultura laica” fanno ben sperare e il primo esempio in questo apostolato caratteristico della post-modernità lo sta fornendo proprio il Santo Padre, con i suoi libri, il suo Magistero e il suo stile, fermo e soave. Tuttavia è indubbio che c’è un ritardo da colmare, perché non basta ripetere una verità che non penetra nella cultura contemporanea, senza per questo abbandonarne neppure una piccola parte. Dio sta mostrando la strada e Dio “toccherà” i cuori dei nostri contemporanei. Il compito dell’apologetica è quello di “aggiungere” la piccola parte della ragione dell’uomo alla grande opera di Dio.
Bibliografia
Se è vero che la riflessione sull’amore umano e sul significato del matrimonio stenta a penetrare fra i cattolici, tuttavia ormai la letteratura sul tema è abbondante, e così anche le istituzioni che servono allo scopo, come il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi sul matrimonio e la famiglia, istituito nel 1981 (
info@istitutogp2.it). L’opera che forse raccoglie il numero maggiore di testi del Magistero rimane l’Enchiridion della famiglia. Documenti magisteriali e pastorali su famiglia e vita 1965-2004, a cura del Pontificio consiglio per la famiglia, EDB, 2004, 2 ed.
IL TIMONE – N.65 – ANNO IX – Luglio/Agosto 2007 pag. 58-59