La pseudo cultura dominante ha in spregio la metafisica, che consente all’uomo di cogliere il vero. E così, il Vangelo non può che ridursi a opinione personale, senza incarnarsi nella storia.
La nuova evangelizzazione non può fare a meno della metafisica.
E’ possibile evangelizzare senza ammettere nell’uomo la capacità d’incontrare e riconoscere la verità?
Nel corso della storia sono state date molte risposte alla domanda sulla verità; tutte, al di là delle differenze, possono essere ricondotte a due posizioni: la prima accetta la possibilità per la ragione di raggiungere la conoscenza di Dio come fondamento della realtà, la seconda nega questa possibilità. Nella Lettera ai Romani san Paolo osserva che dalla creazione del mondo le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute; con questa considerazione l’apostolo afferma la capacità della ragione di oltrepassare la conoscenza dei sensi raggiungendo, con la riflessione, il senso della realtà, la sua causa e fondamento.
La capacità metafisica consiste nella facoltà naturale della ragione di passare dal particolare all’universale.
Nel pensiero filosofico attuale domina una visione della ragione opposta a quella presente nel testo paolino, una visione che ha prodotto la “crisi del senso”: si pensa che sia impossibile giungere alla verità e così l’atteggiamento di dubbio investe ogni fatto, ogni esperienza; la funzione e la capacità della ragione viene svalutata e ridotta a opinione. Queste due diverse posizioni sulla verità generano due culture che si scontrano nella società.
Giovanni Paolo Il nell’Evangelium vitae descrive la società contemporanea come il luogo dello scontro tra “cultura della morte” e “cultura della vita”. Il conflitto di cui parla il Papa non si risolve in una disputa concettuale, ma genera un vero e proprio “dramma che coinvolge ogni esistenza”.
La cultura della morte, prima di diventare aborto, suicidio, eutanasia, prima cioè d’incarnarsi in una realtà sociale che pretende essere “oggetto di diritto”, è una mentalità che ha tra le sue cause più rilevanti la perdita del senso di Dio e come conseguenza la perdita del senso del peccato e una concezione della libertà che esalta in modo assoluto il singolo individuo.
La perdita del senso di Dio a sua volta è conseguenza di un progressivo oscuramento della capacità di percepire il fondamento della propria esistenza, cosicché l’uomo finisce per considerare se stesso solo come realtà fisica e la propria vita come un possesso esclusivo dominabile e manipolabile a piacere.
Escluso il riferimento a Dio, il senso delle cose risulta deformato: l’uomo non è più capace di porsi le domande fondamentali sul senso dell’esistenza perché non “vede” più , la dimensione della realtà che supera il puro dato fisico. Non a caso tanti filosofi contemporanei parlano di fine della metafisica. La metafisica è infatti un discorso della ragione sulla realtà soprasensibile. Perché questo discorso sia possibile è necessario non solo che la realtà esista e che sia conoscibile in sé, cioè attraversata da un ordine che ne costituisce l’essere e la orienta ad un fine, ma anche che l’uomo sia capace di conoscerla.
La filosofia nasce dal tentativo di dare organizzazione sistematica alle conoscenze nate dal “pensare filosofico”, che è nella sua essenza più profonda un “vedere” l’intima struttura delle cose esistenti.
I sistemi metafisici dell’antichità sono un esempio del lavoro di sistematizzazione compiuto dalla ragione con il suo sforzo di riflessione sulla realtà.
Aristotele, nel I libro della Metafisica, scrive che tutti gli uomini sono protesi per natura alla conoscenza, come è dimostrato dalla gioia che provano per le sensazioni, che sono il livello più immediato della conoscenza stessa. La gioia poi è accompagnata dalla meraviglia da cui nasce la riflessione filosofica. L’uomo dunque cerca la verità per natura, non solo una verità settoriale, ma una verità che sia capace di spiegare il senso della vita. Il problema è: l’uomo è anche capace di trovare e riconoscere una simile verità?
In questo cammino di ricerca, s’incontrano per prime le evidenze immediate e le conoscenze sperimentali; le verità metafisiche si collocano su un piano diverso.
Per raggiungerle la ragione deve interrogarsi sulle condizioni invisivbili della realtà. Chi cerca una verità particolare si domanda: “che cos’è questo albero, com’è fatto?”; invece chi si pone un interrogativo filosofico si domanda: “qual è il fondamento dell’essere di quest’albero? Ha in sé la causa del suo esistere? Qual è la sua natura? La metafisica nasce quando la ragione passa dalla realtà sensibile, l’albero concreto, alla causa invisibile della sua esistenza, che è ciò che gli uomini chiamano Dio.
Vi sono state epoche storiche in cui la capacità della ragione di aprirsi al mistero attraverso la mediazione della metafisica non veniva messa in discussione. Anche chi non era filosofo era immerso in un clima favorevole alla ricerca della verità che lo introduceva nel cammino verso la consapevolezza e gli permetteva di ascoltare “annuncio del Vangelo come l’annuncio di un fatto reale, storico; un fatto che richiedeva la risposta della persona nella sua totalità.
Oggi l’annuncio è rivolto a uomini che respirano relativismo, scetticismo e nichilismo. È quindi facile che chi accoglie il Vangelo lo riduca a opinione soggettiva, a ideale che può tutt’al più aspirare a cambiare la vita privata, ma non può avere la pretesa d’incarnarsi nella storia per trasformarla.
Perciò l’attuazione della nuova evangelizzazione passa necessariamente anche attraverso il recupero di una dimensione metafisica del pensiero, una dimensione del senso ultimo e globale della vita.
RICORDA
…e l’attività contemplativa è ciò che c’è di più piacevole e di più eccellente. Se, dunque, in questa felice condizione in cui noi ci troviamo talvolta, Dio si trova perennemente, è meraviglioso; e se Egli si trova in una condizione superiore, è ancor più meraviglioso. E in questa condizione effettivamente Egli si trova Ed Egli è anche vita, perchè l’attività dell’intelligenza è vita, ed Egli è appunto quell’attività. E la sua attività, che sussiste di per sé, è vita ottima ed eterna. Diciamo, infatti, che Dio è vivente, eterno e ottimo; cosicchè a Dio appartiene una vita perennemente continua ed eterna: questo è, dunque, Dio.
(Aristotele, Metafisica, Libro XII)
BIBLIOGRAFIA
Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 1998.
Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 1995.
Antonio Livi, La ricerca della verità – Dal senso comune alla dialettica, Ed. leonardo da Vinci, Roma 2001.
Benedetto testa [a cura di], La nuova evangelizzazione dell’Europa nel magistero di Giovanni Paolo II, Ed. Studio Domenicano, Bologna 1991.
TIMONE N. 20 – ANNO IV – Luglio/Agosto 2002 – pag. 26 – 27