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12.12.2024

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Militari e Santi? Si puà
31 Gennaio 2014

Militari e Santi? Si puà

 

 

 

 

L’universale vocazione alla santità, richiamata dalla Lumen Gentium, caratterizza ogni persona, qualunque sia la sua condizione di vita. Una carrellata di figure esemplari per il mondo contemporaneo, sempre più confuso sull’idea di pace.


In un libro 178 ritratti di personaggi che hanno conciliato il portare le armi con la fede cristiana.

 

 

Nel Nuovo Testamento sono raccontati almeno tre episodi che dovrebbero farci riflettere. Il primo. Il centurione di Cafarnao stupisce Cristo per la sua fede e la sua preghiera, la preghiera di un pagano assurta tra le preghiere della Chiesa: «Signore, io non sono degno, ma dì soltanto una parola…». II secondo. Il centurione di Gerusalemme è il primo che sul Calvario, nel momento in cui si compie la Salvezza, proclama Gesù vero Figlio di Dio. II terzo. La famiglia del centurione Cornelio, dopo aver accolto e ospitato l’apostolo Pietro, chiede di essere battezzata, offrendo l’immagine della prima “Chiesa domestica”. Ebbene, a nessuno di questi tre soldati citati nei testi biblici viene chiesto di abbandonare il servizio militare.
Lo stesso Giovanni Paolo II, nel cui lungo magistero sono sempre state frequenti le catechesi a militari di carriera e a giovani di leva, in visita alla cittadella militare della Cecchignola, il 2 aprile 1989, confermò che «tra i militari e Gesù Cristo… ci sono stati incontri molto significativi”. Per poi aggiungere che «durante le persecuzioni dei tempi romani, nei secoli, troviamo tante figure eroiche di militari, di soldati, di ufficiali». E l’anno prima, il 4 settembre 1988, a Torino, Papa Wojtyla aveva proposto l’esemplare e più recente esperienza del capitano Francesco Faà di Bruno, vissuto nel XIX secolo, che cercò di «essere militare in una coerente visione cristiana della vita». Proclamato beato, Faà di Bruno, che era anche scienziato di fama internazionale, inventore e architetto, è venerato come patrono degli Ufficiali di Stato Maggiore dell’Artiglieria e del Genio.
Insomma, fino a qualche tempo fa apparteneva al senso comune pensare che il soldato, uomo o donna (in missione offensiva o difensiva, poco conta), fosse una persona come tutte e potesse anch’egli essere un buon cristiano, con il compito di accogliere il messaggio d’amore lasciato da Cristo e assunto come regola di vita. Ma oggi questo “sentire” è messo pesantemente in discussione. Il mondo contemporaneo è infatti sempre più confuso sull’idea stessa di pace e vive nell’illusione di poter estirpare la guerra dal cuore dell’uomo con proclami astratti e con le manifestazioni di piazza, peraltro sempre a senso unico e in funzione antiamericana (si è mai visto un corteo, poniamo, contro le feroci e sanguinose lotte tribali in Africa, o contro le sistematiche violenze anticristiane in almeno metà dei Paesi musulmani?). Questa confusione ha dato spazio al cosiddetto “pacifismo”, che in virtù di quell’-ismo non fa altro che dichiarare la sua derivazione utopica e ideologica. Il pacifismo, che ha come corollario l’obiezione di coscienza all’uso delle armi, in dosi più o meno massicce negli ultimi tempi ha contagiato anche diversi settori della Chiesa. Così oggi molti cattolici sono portati a rispondere negativamente alla domanda che ha attraversato duemila anni di cristianesimo: si può essere militari e cristiani? Addirittura: si può essere militari e santi? Molti pensano di no. Sbagliato.
Innanzitutto, facciamo nostra la definizione di Sant’Agostino, secondo cui la pace è “tranquillità nell’ordine”, con tutto quel che consegue. Poi, riprendiamo in mano la Lumen Gentium, il documento che riassume in maniera adeguata l’insegnamento del Concilio. Vi è affermata con chiarezza l’universale vocazione alla santità, che al n. 41 così viene specificata: “Nei vari generi di vita e nelle varie professioni un’unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre e adorando in spirito e verità Dio Padre, seguono Cristo”. Perciò nessuna discriminazione o esclusione. In un altro documento conciliare, la Gaudium et Spes, al n. 79 si fa riferimento alla condizione di quei laici che “dediti al servizio della patria, esercitano la loro professione nelle file dell’esercito come ministri della sicurezza e della libertà dei loro popoli”.
Certo, non è immediato associare l’amore evangelico con il portare le armi. Eppure è così. Lo conferma il libro di Rino Cammilleri I santi militari, già dato alle stampe qualche anno fa e ora ripubblicato, aggiornato, da un editore trentino. In sequenza, il testo presenta ben 178 “ritratti” di personaggi che hanno saputo conciliare la specifica condizione della vita militare con la fede cristiana, dal soldato romano Vittore, che subì il martirio per non abiurare la sua fede, a Marco d’Aviano, che nel 1683 salvò Vienna e la cristianità dalle armate turche, da Luigi IX re di Francia a Padre Pio, che fu soldato nella Sanità Militare durante la prima guerra mondiale. Una carrellata di figure esemplari, che si apre con alcune belle pagine dedicate alla Madonna, che ovviamente non era un militare, ma la cui immagine ha sempre campeggiato sugli stendardi degli eserciti cristiani e che, tra l’altro, con il titolo di Virgo Fidelis è invocata come patrona dell’arma dei Carabinieri, e come Beata Maria Vergine di Loreto come protettrice dell’Aeronautica. L’evangelista Matteo è invece patrono della Guardia di Finanza, Marco delle truppe anfibie dell’Esercito. Martino da Tours è patrono della Fanteria, mentre santa Barbara si fa in quattro come patrona dell’Artiglieria, della Marina, del Genio e dei Vigili del Fuoco.
«È la coincidenza esistente tra molte virtù cristiane e molte di quelle richieste ai militari che mi ha dato lo spunto per questo libro», afferma l’autore. «In fondo, anche per il cristiano la vita è un combattimento: militia super terram vita hominis est, dice il profeta Giobbe. Naturalmente, il cristiano combatte contro il peccato e quegli “spiriti” del male (come dice San Paolo) che lo fomentano. Ma poiché, socialmente parlando, il peccato ha efficacia solo se posto in essere da qualcuno, il soldato e il poliziotto (soldato ‘interno’) devono combattere anche contro i peccatori: l’ingiusto aggressore nel caso del primo e il trasgressore in quello del secondo».
«Il soldato, il monaco e il sacerdote portano uno speciale abito che li indica attivi per qualcosa di più alto, qualcosa per cui si deve essere pronti anche a dare la vita», aggiunge Cammilleri, grande esperto di santi, ai quali, oltre alla rubrica quotidiana sul Giornale, ha dedicato una decina di libri. «Sono molti i cristiani che si sono santificati passando, per un motivo o per un altro, attraverso il mestiere delle armi. A loro ho pensato scrivendo questo libro, il cui scopo non vuole essere storico, letterario o folcloristico, bensì religioso».
Concludiamo ricordando che oggi il soldato, soprattutto quello italiano, viene spedito in mezzo mondo quasi esclusivamente per missioni umanitarie. Così è più facile capire che è per amore che il militare corre in aiuto delle vittime dei terremoti o delle alluvioni, mettendo a disposizione la propria professionalità, resa ancora più efficace dalla disciplina militare. È, ancora, servizio di amore disinnescare a proprio rischio e pericolo le mine seminate nei territori coinvolti negli ultimi conflitti. È, infine, servizio di amore pattugliare armati le strade della città dove è esplosa la lotta tra fazioni nemiche, interponendo la propria forza di dissuasione perché i fratelli non si uccidano più.

 

 

 

RICORDA

 

Rino Cammilleri, I Santi Militari, Estrella de Oriente, Villazzano (Trento), 2003. E’ la nuova edizione, riveduta e ampliata, di un testo già pubblicato qualche anno fa da un altro editore. “Politicamente non corretto”, è di grande attualità per un approccio realistico e non ideologico-utopistico al tema della guerra e della pace.

 

 

 

 

IL TIMONE – N. 36 – ANNO VI – Settembre/Ottobre 2004 – pag. 16 – 17

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