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13.12.2024

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Musonio Rufo
31 Gennaio 2014

Musonio Rufo

 

 

Era un filosofo pagano del primo secolo, ma su etica familiare, sacralità della vita umana, rifiuto di aborto e contraccezione, istanza del perdono, dignità della donna, il suo pensiero coincideva con quello cristiano. Il diritto naturale, infatti, è valido per tutti.

 

 

 

Musonio era un filosofo stoico originario di Volterra e attivo ai tempi di Nerone, che gli impose l'esilio; imitatore di Socrate, non scrisse nulla, ma le sue Diatribe sono state raccolte da un suo discepolo, Lucio, e ci sono pervenute insieme con alcune testimonianze sulla sua vita – provenienti soprattutto da Tacito – e alcuni altri frammenti. Il suo pensiero appare ricco di spunti morali di alto valore, come l'etica familiare, la sacralità della vita umana, l'istanza del perdono, la dignità della donna e la necessità che anch'ella persegua coscientemente la virtù e riceva un'educazione pari a quella dell'uomo, etc.
II suoi insegnamenti spesso risultano pienamente congruenti con le dottrine cristiane, tanto che egli fu molto apprezzato e lodato in ambito patristico, a partire da s. Giustino, che a metà del II sec., nella sua 1° Apologia, lo descrive come un martire-testimone del Logos, considerandone il pensiero come ispirato, pur in forma inconsapevole, da quello stesso Logos che è Cristo. Origene, agli inizi del III sec., lo ricorda nel Contro Celso, III 66, insieme con Socrate, quale «modello del tipo di vita migliore possibile». Soprattutto, il maestro di Origene, Clemente Alessandrino, conosceva molto bene le Diatribe di Musonio e mostra di avervi attinto abbon-dantemente nella stesura del suo Pedagogo e anche negli Stromata.
Musonio dedica varie Diatribe a spiegare come l'istituto della famiglia sia protetto tanto dal diritto naturale quanto da quello divino, e come vada accolta e protetta la vita che in essa nasce – e che soltanto in essa dovrebbe nascere: l'attività procreatrice, infatti, protetta dagli dèi, è a suo avviso legittima soltanto in seno alla famiglia e soltanto se finalizzata appunto alla generazione.
Nella Diatriba XV Musonio – dopo aver dimostrato nella XIV l'importanza e la sacralità della famiglia, istituzione a cui presiedono gli dèi maggiori, conforme alla natura umana e fondamento della società civile e della prosperità comune – denuncia come empietà l'esposizione dei neonati, una pratica purtroppo diffusa all'epoca, e l'interruzione di gravidanza, e biasima anche la «ricer-cata sterilità» e «preclusione del concepimento», che, impedendo le nascite, indebolisce la collettività. Egli si appella sia ai doveri civici e umani dei genitori, sia al diritto divino.
Da un lato, infatti, egli nota che i bambini, in quanto futuri cittadini, sono un bene per la collettività civile, e che dunque è un dovere per i cittadini metterne al mondo altri, oltre a portare motivazioni più utilitaristiche, quale la maggiore considerazione di cui godono quanti hanno molti figli, e ad osservare che vedere un genitore circondato da un folto gruppo di figli è sempre uno spettacolo bello. Dall'altro lato, egli ricorre al diritto divino, che propriamente non si differenzia da quello naturale nell'ottica immanentistica stoica, in cui la divinità coincide con la natura (physis). Egli ricorda infatti che uno degli epiteti di Zeus, la divinità somma che sussume in sé tutte le altre e che è coestensiva con la natura, è hom6gnios, «protettore della stirpe, della famiglia», e che dunque distruggere la propria famiglia uccidendo i propri bambini è un'empietàche va al contempo contro il diritto naturale e contro quello divino. Musonio si rivolge con particolare enfasi a quanti non hanno nemmeno il pretesto della povertà che impedisca loro di allevare tutti i bambini generati, bensì eliminano alcuni di essi per poter garantire agli altri ricchezze maggiori, procurando loro benessere tramite un empio delitto.
Afferma infatti Musonio, denunciando con fermezza l'uccisione dei piccoli indesiderati: «Ma quel che mi sembra gravissimo è che alcuni, senza nemmeno poter addurre la scusa della povertà, dato che sono benestanti, e taluni anche ricchi, osano tuttavia non allevare i figli generati dopo, affinché quelli nati precedentemente possano avere maggiore benessere, procurando ai figli le ricchezze tramite un'empietà [anósion]: essi, perché quelli possano avere una parte maggiore dei beni paterni, uccidono [anairoiìsin] i loro fratelli, mal sapendo quanto sia meglio avere molti fratelli che avere molte ricchezze».
Altri valori relativi all'etica familiare su cui Musonio insiste nelle Diatribe XII e XIII sono quelli della temperanza, della fedeltà reciproca di entrambi i coniugi – spesso trascurata nella società pagana che circondava Musonio, dove si tendeva ad esigere fedeltà soltanto dalla moglie – e della concordia. Egli raccomanda infatti a chi intende sposarsi di non scegliere in base alla ricchezza, all'avvenenza o alla nobiltà di stirpe, che non accrescono la comunione degli sposi e non rinsaldano l'armonia coniugale, ma piuttosto in base alla virtù, propria di entrambi i coniugi allo stesso modo, la quale favorisce quello che Musonio considera l'elemento fondamentale del matrimonio, la concordia. Egli raccomanda infatti: «Si devono considerare le anime più adatte al matrimonio quelle naturalmente disposte alla temperanza e alla giustizia: insomma, alla virtù [areté]. Poiché, quale matrimonio è bello, senza concordia?».
Nelle Diatribe III e IV egli affronta anche la questione dell'educazione dei figli, che deve essere anch'essa improntata alla virtù e uguale sia per i bambini sia per le bambine – altro elemento tutt'altro che scontato nell'ambiente in cui predicava Musonio -, poiché appunto la virtù è una sola per entrambi i generi: «Se dunque le virtù dell'uomo e della donna sono per natura [pephykénai] le stesse, bisogna fornire ad entrambi i generi anche la medesima educazione e cultura [paideia]».
Musonio recupera qui un pensiero che era già di Socrate, secondo Senofonte, e che era stato fatto proprio dallo stoico Cleante; Clemente Alessandrino lo riprenderà, intitolando una sezione del suo Pedagogo (I 4): Il Logos è educatore degli uomini e delle donne allo stesso modo. Il Logos che aveva ispirato ai filosofi le acquisizioni migliori del loro pensiero è, secondo Clemente, quello stesso che si è poi manifestato in Cristo nella forma più perfetta. Per questo i Cristiani possono, come affermava già Giustino, considerare come proprio tutto ciò che di buono era stato detto dai filosofi. E senz'altro in Musonio c'erano insegnamenti buoni, come gli autori cristiani colsero ben presto.

Ricorda

«Vi è una legge vera, una ragione retta, conforme alla natura, presente in tutti, invariabile, eterna, tale da richiamare gli uomini con i suoi comandi al dovere e da distoglierli con i suoi divieti dall’agire male. E questa legge non è diversa ora o domani. E’ una legge eterna e immutabile e di essa l’unico autore […] è Dio». (Cicerone, De repubblica, III, 22,33).

Bibliografia

Ilaria Ramelli, da Musonio: Diatribe, frammenti, testimonianze, con introduzione, testo a fronte, traduzione, commento e apparati, Bompiani, 2001.
Ilaria Ramelli, Il tema del perdono in Seneca e in Musonio Rufo, in Marta Sordi (a cura di), Responsabilità, perdono e vendetta nel mondo antico, Milano, 1998, CISA 24, pp. 191-207.
Ilaria Ramelli, La “Città di Zeus” di Musonio Rufo nelle sue ascendenze vetero-stoiche e nell’eredità neostoica e cristiana, “Stylos” 11 (2002), pp. 151-158.

IL TIMONE – N. 42 – ANNO VII – Aprile 2005 pag. 28 – 29

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