Il Timone n. 22 – anno 2002 –
Eroico testimone
Lunedì 16 settembre è morto a Roma il cardinale vietnamita François Xavier Nguyen Van Thuan, Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. La vita di questo sacerdote ha onorato come meglio non si poteva la porpora cardinalizia, affidatagli dal Santo Padre nel febbraio 2001, che ricorda a chi la indossa il dovere, se richiesto, del martirio di sangue. Nel 1975, con la salita al potere dei comunisti nel Viet-Nam del Sud, l’allora coadiutore di Saigon e arcivescovo di Vadesi venne arrestato e incarcerato senza processo per tredici anni, nove dei quali trascorsi in isolamento. “In quei terribili anni di isolamento – ricorda Van Thuan in una testimonianza riportata dall’agenzia di stampa Fides (17/9/02) – i più duri della mia vita, vedevo solo due guardie che avevano l’ordine di non rivolgermi la parola. Mi sentivo abbandonato da tutti e ho provato la stessa sofferenza di Gesù, solo sulla Croce. E la Madonna mi ha dato la forza di essere unito a Gesù inchiodato sulla Croce: ho sentito come Gesù abbia potuto salvare l’umanità, lì, solo sulla Croce, nell’immobilità assoluta”.
Ricordo di quei durissimi anni è una piccola croce che il cardinale era riuscito a fabbricarsi in prigione con l’aiuto di alcune guardie carcerarie, usando un pezzo di legno e del filo elettrico e che il sacerdote portò al collo fino alla fine dei suoi giorni: “Questa Croce – diceva il cardinale – è una continua chiamata: amare sempre!
Perdonare sempre!
Vivere il presente per l’evangelizzazione!
Ogni minuto deve essere per l’amore verso Dio”. E lui, martire nell’inferno del Viet-Nam, a quella chiamata ha risposto come meglio non si poteva.
Madre Cabrini
“Il Suo cuore è per noi; il nostro per Lui”. Con questa frase, incisa nel marmo della cappella del Sacro Cuore di Gesù presso la parrocchia di Sant’Angelo Lodigiano, Santa Francesca Saverio Cabrini, non ancora ventunenne, si consacrava al Sacro Cuore di Gesù. L’amore al Sacro Cuore ispirò tutta la vita della santa e soprattutto la sua grande opera missionaria.
All’età di trent’anni, dopo che il Signore la sottopose a numerose prove, fondò l’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù da cui iniziò la sua impresa missionaria che prese corpo principalmente negli Stati Uniti (New York, New Orleans, Chicago, etc.) e che poi si sviluppò anche in America Latina (Nicaragua, Argentina, Brasile) e in Europa (oltre all’Italia, Francia, Spagna, Inghilterra) caratterizzandosi per l’aiuto, il sostegno e la formazione cristiana data agli immigrati italiani. Madre Cabrini ovunque fondò, nel nome di Cristo, case religiose orfanotrofi, ospedali, scuole contribuendo a formare intere generazioni di americani e di europei.
La santità di Madre Cabrini si espresse soprattutto nel modo in cui visse il voto di obbedienza, sottomettendosi sempre alla volontà di Dio.
Sin dall’inizio la santa desiderava fortemente che la sua opera missionaria si diffondesse in Oriente e in particolare in Cina, volontà che dovette, a malincuore, abbandonare per compiere i disegni della Provvidenza che la portava in America.
Per iniziativa di un gruppo di laici devoti alla santa si è organizzata a Palma di Montechiaro la settimana in onore di Madre Cabrini (16-22 settembre).
Tra le manifestazioni dedicate alla santa, si ricorda il convegno “Sulle ali dell’Oceano.
Santa Francesca Cabrini” (Fides, 16-9-02).
Formazione scolastica
Domenica 22 settembre, Giovanni Paolo II, nell’introdurre la preghiera dell’Angelus, ha speso alcune parole per rimarcare l’importanza, per tutti i giovani, della formazione a scuola. “Si dice talora che la scuola, come la famiglia, è “in crisi”. Con tale espressione si vuole far riferimento alla diffusa sensazione che questa istituzione abbisogni di una profonda trasformazione che la renda rispondente alle odierne esigenze della società. A tale scopo, tuttavia, non basta adeguare i programmi e le strutture. Il buon funzionamento della scuola dipende anzitutto dalla qualità formativa del rapporto tra insegnanti e studenti. Gli allievi sono motivati a dare il meglio di se stessi, quando i docenti li aiutano a percepire il significato di ciò che devono studiare, in riferimento alla loro crescita e alla realtà che li circonda. Più volte ho avuto il modo di ricordare che la cultura è il fondamento dell’identità di un popolo. Il contributo che la scuola offre, insieme e subordinatamente alla famiglia, è e rimane indispensabile nel trasmettere i valori della cultura”.Giriamo le indicazioni papali a quei docenti delle scuole statali, oggi più impegnati in scioperi e rivendicazioni dei propri diritti di lavoratori che a compiere i propri doveri di educatori. Ci chiediamo che cultura trasmettono ai nostri ragazzi. Quella che ha fondato e permeato l’Occidente (la cristiana-cattolica) o quella che ha tentato di distruggerlo (la marxista-leninista e postsessantottina)? Si guardi ai libri di testo adottati e il dubbio sparisce (a vantaggio di quest’ultima).
Famiglia e società
Una famiglia unita risulta essere anche un fattore di stabilità per l’intera società.
Lo dimostra un nuovo studio di un istituto di ricerca inglese, Civitas, che ha analizzato gli effetti devastanti che una rottura tra i genitori ha sui figli e indirettamente sulla società. Lo studio prende in considerazione ricerche effettuate negli ultimi vent’anni nel Regno Unito (CWNews, 24-9-02). L’indagine, in particolare, si sofferma su casi in cui i bambini crescono senza il padre. Civitas sostiene che questi bambini sono più a rischio di altri in termini di povertà, cattiva salute, abusi fisici e sessuali, fumo e alcolismo, gravidanze premature, uso di droghe e carcere.
John Anthony, coordinatore nazionale della vita matrimoniale e familiare della Conferenza Episcopale inglese, mostrando di gradire l’indagine di Civitas, ha sostenuto che: “I bambini hanno bisogno di essere allevati in una situazione di stabilità matrimoniale e noi adulti dovremmo darci da fare per costruire una società che valorizzi e promuova questa stabilità”.
Prevenzione AIDS
L’Uganda potrebbe diventare un paese modello a livello mondiale per quanto riguarda la prevenzione deIl’AIDS.
Sorprendono (ma non più di tanto) i risultati emersi da uno studio della Harvard University (Lifesite-news, 23/7/02).
Grazie a una massiccia campagna di comunicazione compiuta attraverso cartelloni pubblicitari e annunci radio, il paese africano ha attuato la sua strategia di lotta all’ AIDS puntando tutto sulla promozione dei valori della castità, astinenza sessuale e fedeltà coniugale. Il risultato è stato una graduale riduzione del tasso di infezione da HIV I dati dell’indagine dell’Harvard University parlano chiaro, soprattutto se confrontati con quelli di altri paesi africani. Dal 1992 al 2000 il livello di persone infettate dal virus si è ridotto del 50%, mentre nel periodo 19802001 la percentuale di donne in gravidanza affette da HIV è sceso dal 21.2% al 6.2%.
Differente il caso del Botswana, paese nel quale è stata fatta una politica di promozione dei preservativi, dove nel 2001 il 38% delle donne in attesa di un figlio era HIV positiva. Forse la soluzione del dramma AIDS è più a portata di mano di quanto sembri.
Preghiera in carcere
Anche il carcere può essere o diventare un luogo di conversione. Là dov’è più acuto il rimorso di aver commesso del male e dove molti non hanno più niente da perdere, forse lo Spirito Santo soffia più forte. L’agenzia di stampa Zenit riferisce che in Argentina, nella provincia di Buenos Aires, presso la Terza Unità Penale, situata nella diocesi di San Nicolas, si è tenuto, dal 16 al 18 settembre, il 14° Seminario di Rinnovamento Spirituale delle Carceri. Il Seminario si è svolto sulla falsariga di quelli imperniati sul Catechismo Cristiano alla fine dei quali si celebra sempre un battesimo, cresime, confessioni e Comunioni.
Alla tre giorni del seminario hanno partecipato oltre a diversi preti diocesani anche volontari laici che hanno condiviso con i detenuti momenti di preghiera e di convivialità. In questi casi la fede fa miracoli, ma perché questo avvenga sono anche necessarie condizioni carcerarie e ambientali più rispettose della dignità umana dei reclusi.
Tecnologia. Nucleare
A fronte dell’aumento del fabbisogno energetico mondiale e della necessità del rispetto dell’ambiente sembra essere necessario un aumento della produzione di energia nucleare su scala mondiale. Questo comporterà la costruzione di nuove centrali nucleari nei prossimi anni, considerato anche l’aumento dei prezzi degli idrocarburi (petrolio, carbone, etc.), il notevole livello di inquinamento atmosferico che essi producono e il basso costo del capitale (che rende più favorevole il finanziamento dell’opera). L’energia prodotta dalle centrali nucleari è ritenuta complessivamente più conveniente, oltre che più pulita, e quindi in grado di sostenere veramente uno sviluppo durevole.
Il Programma Energetico Nazionale americano prevede la costruzione di 1300 (e forse più) nuove centrali elettriche in gran parte nucleari nei prossimi 20 anni.
Attualmente esistono nel mondo 440 (fonte Global Report 2002) centrali nucleari, concentrate principalmente in Nord-America (118), Asia (92) e Europa Occ. (153). 30 sono quelle in fase di costruzione, 24 quelle progettate da avviare. Su questi temi è intervenuto Mons. Leo Boccardi, osservatore permanente della Santa Sede per le Organizzazioni Internazionali, in occasione della Conferenza Generale dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA) (Vienna, 16-20/9/02). Nel suo discorso ha ricordato il contributo che la tecnologia nucleare ha fornito, anche attraverso l’Agenzia, in campi come la medicina (cura del cancro e radiologia), l’agricoltura, la salute alimentare. Mons. Boccardi ha chiesto di rafforzare le leggi internazionali sull’utilizzo e commercio di materiale radioattivo e ha sottolineato l’importanza di sostituire le strutture obsolete con altre più moderne e sicure. Egli ha infine invitato l’AIEA a “porre la tecnologia nucleare al servizio dello sviluppo sostenibile, per la pace e il benessere della famiglia umana” (Greenwatch News, 3-10-02).
IL TIMONE N. 22 – ANNO IV – Novembre/Dicembre 2002 – pag. 8 – 9