La “barca della morte” toglie l’àncora
La “nave della morte” che si era avvicinata in agosto alle coste del Portogallo – dove l’aborto è ancora reato – per praticare infanticidi chimici sulle gestanti, è tornata in mare aperto senza aver potuto né attraccare né togliere la vita a nessun bambino. Fu la Madonna a Fatima ad assicurare quasi un secolo fa che il Portogallo avrebbe conservato la fede cattolica. Il suo aiuto si è rivelato essenziale anche in questa occasione. Ma non trascurabile, per stoppare l’iniziativa, è stato l’intervento della Marina Militare, che ha impedito la violazione della sovranità nazionale. E un contributo importante lo ha dato anche l’azione del gruppo “Maternità e Vita”, che ha difeso i non nati e appoggiato il governo di Lisbona, che ha allontanato gli estremisti abortisti dell’organizzazione “Donne sulle onde” prima del loro ingresso nelle acque territoriali portoghesi. La fondatrice del gruppo abortista, Rebecca Gomperts, è stata comunque denunciata per incitamento all’aborto illegale dopo un suo intervento alla televisione nazionale dove ha “insegnato” alle donne come consumare farmaci equivalenti alla “pillola del giorno dopo” per praticare aborti casalinghi. I gruppi pro-life considerano pericolose le sue affermazioni perché l’as-sunzione di prodotti medicinali è rischiosa per la vita della madre e del figlio, nel caso in cui sopravviva al tentativo di aborto chimico.
Martire del comunismo
L’11 settembre la Sala Stampa vaticana ha annunciato la morte di mons. Gao Kexian, vescovo di Vantai, avvenuta alla fine di agosto. Mons. Gao era in prigione dall’ottobre ’99. Secondo P. Cervellera, direttore dell’agenzia “Asia News”, Mons Giovanni Gao Kexian “era un uomo timido e riservato di 76 anni, morto in una prigione sconosciuta nel nord della Cina. I suoi familiari si sono visti riconsegnare il cadavere alla fine di agosto, senza alcuna spiegazione.
Questo testimone ha vissuto in clandestinità la maggior parte dei suoi anni. Solo alla sua morte, è stato ufficialmente rivelato dal Vaticano che egli era stato consacrato vescovo. Quando è stato ar-restato, le cronache del tempo lo definivano un laico, o al massimo un sacerdote, per evitare contro di lui maggiori persecuzioni. Solo 3 anni fa si è cominciato a dire che era il vescovo di una diocesi dello Shandong. Il presidente americano George W. Bush, nel suo viaggio a Pechino nel 2002, ha chiesto a Jiang Zemin la sua liberazione. E invece mons. Gao è morto in prigione, come uno dei suoi colleghi vescovi, mons. Fan Xueyan, sequestrato e morto sotto tortura il13 aprile 1992. Mons. Gao è cresciuto nella fede cattolica proprio fra i cristiani della comunità sotterranea dell’Hebei, dove vive la più grande concentrazione di cattolici in Cina. Si calcola vi siano almeno 1,5 milioni di fedeli, in maggioranza clandestini, colpevoli agli occhi del governo di voler praticare la libertà religiosa – garantita in teoria dalla costituzione cinese – senza il controllo puntuale e tedioso delle guardie e dell’Associazione patriottica. Ha vissuto per decenni come prete clandestino; per sfuggire agli arresti, cambiava residenza spesso. Per diverso tempo è stato insegnante in uno dei seminari sotterranei dell’Hebei: delle case di campagna, dove studenti e professori devono nascondersi dagli occhi indiscreti della gente e della polizia. E dove i poveri seminaristi e sacerdoti devono vivere della carità di fedeli poveri almeno quanto loro. Gao Kexian è stato ordinato vescovo nel 1993. Per un po’ di tempo ha lavorato nell’Hebei, e da qui è stato in-sediato nella confinante diocesi di Vantai, nel nord dello Shandong. In questa zona, mons. Gao ha evangelizzato fino all’ottobre ’99. Il suo arresto aveva un solo motivo: il rifiuto di iscriversi all’Associazione patriottica, per formare una chiesa nazionale, separata da Roma”. (Corrispondenza Romana 871/02 de/25/09/04).
L’uragano Ivan trascina i cubani in chiesa
Invece di rivolgersi a Fidel Castro, a settembre migliaia di persone hanno assistito alle messe festive a Cuba, per chiedere aiuto al Signore in prossimità dell’arrivo dell’uragano Ivan nell’arcipelago. Tra le più frequentate, la chiesa di Santa Rita, nella parte orientale dell’Avana, dove si sono raccolti in 250 per pregare, ma anche le comunità di esuli a Miami, negli Stati Uniti, si sono unite nell’Eremo della Carità, dedicato alla Patrona di Cuba. Con la differenza, sottolineata da don Oscar Castañeda, che ha guidato la recita del Rosario, che «negli Stati Uniti possiamo andare al supermercato a procurarci viveri. A Cuba non si sa dove andare». Men che meno alle sedi del Partito Comunista.
Identità cattolica
Intervenendo all’annuale assemblea del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), svoltasi a Leeds dal 30 settembre al 3 ottobre, il vescovo Amédée Grab, presidente del CCEE ha posto ai partecipanti due domande: “Come ci vedono gli altri? Come ci vediamo noi stessi?”. Egli ha spiegato che la Chiesa è spesso percepita come in competizione con la cultura secolare ed è vista come una delle possibili offerte spirituali nel mercato del religioso. “Dobbiamo ammettere che la vasta maggioranza dei cittadini in Europa ci conosce in maniera superficiale e con molti equivoci”, ha aggiunto il prelato.
Il vescovo ha poi chiarito la posizione della Chiesa in merito alla democrazia ed alla tolleranza. “In teoria – ha detto – lo sviluppo della società civile dovrebbe garantire a tutti gli stessi diritti, ma noi sentiamo spesso persone che vorrebbero emarginare la Chiesa cattolica nella vita politica e de-mocratica”.
Evidentemente, in una cultura che apprezza la tolleranza molti sono più tollerati di altri. Si predica la tolleranza, ma non si fatica a tollerare l’intervento pubblico della Chiesa. Tanto nell’Europa occidentale quanto in quella dell’Est, si registra la tendenza a confinare la religione nella sfera privata. “Si tratta del prodotto della visione comunista così come di un certo tipo di liberalismo” ha detto Grab, chiarendo poi che le “reazioni negative alla Chiesa sono basate su un’immagine della Chiesa e della religione che è ben lontana dalla verità”. (ZENIT, 4/10/2004).
Sul ring per Gesù Cristo
Perfino le arti marziali ci possono rendere meno feroci. Moon Dae Sung, coreano del Sud, vincitore della gara olimpica di Taekwondo nella categoria superiore a 80 kg, ha offerto la propria medaglia d’oro a Gesù Cristo dopo la vittoria. Moon aveva già preso il controllo del combattimento finale contro il greco AIexandros Nikolaidis al primo round con un colpo alla testa che ha lasciato il suo avversario senza conoscenza per alcuni minuti. Moon è rimasto a fianco di Nikolaidis fino a quando questo ha ripreso i sensi, poi i due atleti si sono abbracciati. Moon ha alzato il braccio dello sconfitto e lo ha accompagnato in un giro della vittoria all’interno dello stadio. Alla stampa, sorpresa per il suo senso sportivo, ha dichiarato: «Ho pregato Dio prima di cominciare la gara e gli ho chiesto la sua benedizione per potere vincere se era la sua volontà. Pertanto dedico questa medaglia a Gesù Cristo». L’ultimo riconoscimento gli è venuto proprio da Nikolaidis, che gli ha detto: «Sei un vero campione, il mio popolo ti ama». E Moon gli ha spiegato che il colpo gli era partito senza mirare alla testa, ma gliela aveva centrata in pieno senza volere.
Un altro Schindler cattolico
Si sfata una volta di più la leggenda del “silenzio” della Chiesa sullo sterminio degli ebrei. Monsignor Gennaro Verolino, un anziano sacerdote italiano, ha ricevuto sabato 2 ottobre il Premio “Per Anger”, assegnato dal governo svedese, per il lavoro compiuto a favore del popolo ebraico perseguitato dai nazionalsocialisti durante la Il Guerra Mondiale. In servizio presso la Nunziatura Apostolica in Ungheria nel 1944, a 38 anni mons. Verolino salvò almeno 25mila persone di religione israelita fornendo loro rifugio e documenti diplomatici, mentre Budapest era occupata dalle truppe tedesche.
Così il capo del governo di Stoccolma, approfittando di una visita ufficiale a Roma, ha voluto che fosse quel coraggioso funzionario vaticano il primo a ottenere il riconoscimento, istituito in memoria di uno dei più famosi diplomatici svedesi, che si conferisce a chi si è distinto per il lavoro umanitario e la difesa della democrazia.
I demoni fanno posto agli angeli
Se durante il regime sovietico le chiese venivano trasformate in granai, ora in Russia sono le discoteche a diventare chiese. Un ragazzo spagnolo, Alejandro Sanchez Gamborino, ha raccolto il denaro con l’aiuto di alcuni amici e ha comprato i locali di un’ex sala da ballo di Mosca per farne la sede della futura parrocchia di Santa alga. Il ragazzo è un seminarista, che dal 1999 si è trasferito nella capitale russa dopo “aver sentito la chiamata di Dio”. Ora, dopo l’acquisto dell’edi-ficio, la raccolta di fondi continua per finanziare i lavori di ristrutturazione e di riconversione. Sulle pareti rimangono ancora le tracce lasciate dagli ospiti precedenti, dipinti di demòni e altri simboli.
IL TIMONE N. 37 – ANNO VI – Novembre 2004 – pag. 6 – 7