Crocifisso al forno
Il Centro Giuridico Tommaso Moro ha denunciato il 2 febbraio la rete satellitare spagnola Canal Plus per aver trasmesso, il 15 dicembre, un video promozionale del cantautore Javier Krahe in cui si mostrava “Come cucinare un crocefisso” al forno per due persone. Nonostante il codice penale spagnolo punisca le offese al sentimento religioso con la detenzione da otto a dodici mesi, l’emittente non è nuova alle manifestazioni blasfeme. Nel caso in questione, la ricetta proposta ai telespettatori indicava di staccare la figura dal supporto di legno, lavandola con acqua tiepida, asciugandola poi accuratamente. La preparazione continuava con una spennellata di burro, mentre le stigmate erano farcite con lardo, prima di metterlo in forno per tre giorni. Solo allora sarebbe stato cotto a puntino e pronto per essere servito in tavola. Il cortometraggio, che risale al 1978, è opera di Javier Krahe ed Enrique Seseiia. Il primo dei due sedicenti artisti ne ha approfittato per aggiungere anche altri improperi contro il clero, in uno degli orari di massimo ascolto. Per comporre le sue liriche, il sessantunenne Javier Krahe sostiene di ispirarsi allo scomparso Georges Brassens. Da chi abbia avuto la ricetta, invece, non lo ha detto. Potrebbe essere stata ispirata da Adolf Hitler o da certi imperatori romani, che peraltro preferivano roghi senza troppi condimenti, oppure da qualche moderno serial killer antropofago. Magari, senza andare troppo lontano, avrà preso come esempio la Spagna del 1936, dove i repubblicani fucilavano i crocifissi, considerati simbolo dell’ oscurantismo dogmatico.
CosÌ oggi gli intellettuali progressisti iberici riportano in voga l’iconoclastia, in una versione soft più adatta all’era Zapatero. Senza trascurare l’effetto collaterale, la captatio benevolentiae nei confronti dei musulmani iberici. E se i cattolici protestano, intasando i centralini dell’emittente, Javier Krahe risponde sprezzante in un’intervista al quotidiano ElMundo: «Porgano l’altra guancia».
La sfida è raccolta. I cristiani offrono la loro guancia personale, non certo quella di Gesù Cristo. Inizia il settimanale Alba, che nel numero di gennaio denuncia l’attacco contro la fede di milioni di persone, il disprezzo e la profanazione dei suoi simboli più amati.
Il periodico non assume direttamente iniziative legali, ma si rende disponibile per appoggiare eventuali denunce altrui. Colgono la palla al balzo il centro giuridico Tommaso Moro e un deputato della Navarra, Jaime Ignacio del Burgo, che presentano querela contro i responsabili della trasmissione “Lo Mas Plus”, programma di punta della tv, condotto da Manu Carreño e Ana Garda Siñériz. Ma, in attesa che i tribunali si pronuncino, scatta il boicottaggio. Un sito Internet, HazteOir. org (che significa “fatti sentire”), lancia una campagna web contro l’impero editoriale Prisa. Lo bombardano con tremila messaggi di posta elettronica in tre giorni, dove chiedono le scuse ufficiali. Altrimenti si asterranno sine die dall’acquisto di qualsiasi tipo di prodotti o servizi delle diciotto imprese del Gruppo, compreso il quotidiano “simbolo” della sinistra, El Pais.
I media del gruppo Prisa hanno mandato in onda nei mesi scorsi le registrazioni di confessioni “rubate” nelle chiese spagnole. Non contenti, hanno imitato anche il Papa e un suo presunto “marito” che chiedevano perdono all’umanità per l’atteggiamento della Chiesa sui profilattici. Oramai si sono guadagnati la fama dei persecutori del cattolicesimo e l’argomento della libertà d’espressione è un’arma piuttosto spuntata. Anzi, si è dimostrata un boomerang. Anche dopo il boicottaggio, il 31 dicembre 2004, Localia, un’altra tv del Gruppo Prisa, ha mandato in onda un presepio indecoroso, che dileggiava san Giuseppe, Maria Santissima e il Bambino Gesù. Il bue e l’asinello vi erano raffigurati mentre subivano violenza sessuale da parte di un individuo.
Vince la famiglia
Per ottenere successo nel mondo dello spettacolo, casomai, servirebbero altre ricette, come quella utilizzata per il film statunitense “Lo zio Nino”. Sebbene rifiutata dai distributori di Hollywood, la pellicola ha battuto il record di durata, con 55 settimane di proiezione in un cinematografo di Gran Rapids, nel Michigan, superando anche “La Passione di Cristo” di Mel Gibson. “Lo zio Nino” è una commedia dichiaratamente pro-famiglia, realizzata con meno di 3 milioni di dollari e girata in 25 giorni, che racconta di un eccentrico parente italiano la cui visita aiuta una famiglia americana a uscire dai guai. Dal febbraio 2005, visti i risultati di gradimento del pubblico, i produttori sono riusciti a raggiungere un accordo per distribuirla a livello nazionale e internazionale. Il regista, Robert Shallcross, ritiene che il segreto della sua opera risieda nell’aver raccontato «la storia di una famiglia americana che non godeva i piccoli piaceri della vita”. Il soggetto, spiega, è autobiografico: «I ritmi del mondo della televisione mi lasciavano poco tempo da trascorrere con i miei quattro figli e questa esperienza mi ha ispirato la vicenda».
La montagna del Papa
Una montagna della catena del Gran Sasso prenderà il nome di “Cima Wojtyla” in onore di Papa Giovanni Paolo Il. Alta 2.424 metri e conosciuta finora come il Gendarme, la vetta in realtà non aveva un nome ufficiale. È il comune dell’Aquila ad aver deciso di votare una delibera per intitolarla al Pontefice insieme a un sentiero, che parte dalla chiesetta di San Pietro della Jenca, e si chiamerà “Giovanni Paolo Il”. L’iniziativa è partita dal comitato “Cima Wojtyla”, che ha voluto esprimere così gratitudine al Santo Padre per aver più volte visitato i territori delle montagne dell’Aquilano, anche privatamente, descrivendone la bellezza e le virtù. In particolare, Papa Wojtyla è stato nel capoluogo nel 1980, due volte nel 1985 e successivamente nel 1986. Il 20 giugno 1993 il Pontefice è stato ancora una volta nell’Aquilano, inaugurando, a Campo Imperatore, la chiesetta degli Alpini appena ristrutturata. Inoltre, l’associazione culturale San Pietro della Jenca, nel 1999, ha allestito una stele nei pressi della ristrutturata chiesa del borgo omonimo, in omaggio alle tante volte in cui il Papa è stato in quella località, meta preferita delle sue visite, dove si è spesso raccolto in preghiera.
Cattolici indiani nel mirino degli indù
In India non c’è più libertà di evangelizzazione, aveva dichiarato il 15 settembre 2004 il vescovo di Chingleput, mons. Anthouisamy Neethinathan, denuuciando i radicalismi anticattolici. «Nonostante la Chiesa gestisca scuole cattoliche, la fede non può essere insegnata che fuori dall’orario di lezione», aveva affermato il prelato ricordando che nello Stato del Tamil Nadu, sebbene sia stata abolita la “legge anticonversioni”, il governo continua ‘ad avere un atteggiamento anticristiano e anticattolico. Con il nuovo anno, anche nelle altre regioni del Paese, la situazione si è aggravata e la Conferenza episcopale indiana ha denunciato alla fine di gennaio l’irruzione di fondamentalisti indù nel convento della carmelitane teresiane di Ambernath nel Maharashtra. Durante la notte del 23 gennaio, uomini armati sono entrati nell’ edificio abitato dalle religiose, distruggendo una croce, provocando diversi danni e infine lasciando scritte di minaccia come: «Ora è toccato alla croce, la prossima volta toccherà alle vostre teste».
Già il 26 agosto 2004 circa 300 fondamentalisti indù avevano attaccato una chiesa cattolica nello Stato di Orissa, nell’India centro-orientale.
In quell’ occasione, erano stati presi di mira l’immagine della Vergine Santa, il crocifisso, altre statue, la Bibbia, i libri liturgici, gli ornamenti dell’altare, gli oggetti sacri e perfino il tabernacolo nella parrocchia di Nostra Signora della Carità di Raikia, nel distretto di Kandhamal, e le case di alcuni cristiani vicini erano rimaste distrutte. Due giorni più tardi, nello Stato del Kerala, era stato assassinato don Job Chittilappilly, di 71 anni, mentre recitava il Rosario nella chiesa di Nostra Signora delle Grazie, nella città di Thuruthiparambu. Il sacerdote ucciso aveva ricevuto in precedenza minacce di morte affinché cessasse la sua attività di apostolato.
Non votare i referendum abrogativi della legge 40/2004
Centododici tra docenti universitari, uomini di cultura, di scienza, Rettori di università, Presidi di Facoltà, deputati di maggioranza e opposizione e rappresentanti delle più numerose e importanti associazioni e movimenti laicali, hanno annunciato la costituzione di un Comitato “Scienza e Vita” (
comitato.scienzavita@email.it) che si batterà per non andare a votare i referendum abrogativi della legge 40/2004 sulla procreazione medicai mente assistita. Secondo i promotori del Comitato, ,”solo il primato della vita garantisce il perseguimento dei diritti dell’uomo e lo sviluppo scientifico ardimentoso e controllato”. Trenta i movimenti laicali che fanno parte del comitato, tra i quali: Azione Cattolica,Forum delle Associazioni Familiari, Movimento per la Vita, Rinnovamento nello Spirito, Comunione e Liberazione, Compagnia delle Opere, Cammino Neocatecumenale, Focolari, Comunità di Sant’Egidio.
Il Timone – N. 41 – ANNO VII – Marzo 2005 pag. 6 -7