In memoriam di don Divo Barsotti
Con la morte di don Divo Barsotti, la Chiesa militante e i duemila membri della comunità laicale dei Figli di Dio, da lui fondata nel 1948, perdono – ma la Chiesa trionfante acquista – «una personalità estremamente ricca» e «universalmente nota». Così il 21 febbraio lo ha definito il cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, nell’omelia alle esequie del «Sacerdote, mistico, scrittore, teologo, predicatore, consigliere e padre spirituale», svolte nella Basilica dell’Annunziata. Don Divo era nato a Palaia (provincia di Pisa, in diocesi di San Miniato) il 14 aprile 1914 e avrebbe presto compiuto 92 anni se non avesse raggiunto il Signore il 15 febbraio, dalla sua celletta di Casa San Sergio, un eremo sui colli di Settignano, a Firenze. Agli uomini e alle donne di cui era divenuto il punto di riferimento proponeva una via sicura: «la Messa, la liturgia delle ore, la lettura della Scrittura, la meditazione, il silenzio, l’esercizio della divina presenza», ha ricordato mons. Antonelli, affi dandosi anche a una citazione di don Divo: «Né preghiera senza l’azione, né azione senza la preghiera. La preghiera non è vera e perfetta se non è completata dall’azione, così come l’azione si completa nella preghiera».
Un ragazzo italiano su tre prega
Un ragazzo italiano su cinque prega tutti i giorni, uno su tre prega «a volte, senza continuità» e uno su quattro non prega mai. Sono i dati, diffusi il 6 febbraio, che emergono da una ricerca dell’Istituto Iard per il Centro di orientamento pastorale (Cop) sulla religiosità dei giovani. «La pratica religiosa dei giovani dunque – sottolinea la ricerca – sembra spostarsi in Italia verso una dimensione sempre più soggettiva, centrata attorno alla preghiera individuale ma in allontanamento dalla tradizionale partecipazione a momenti e celebrazioni collettive».
Il Presidente Rugova è morto cattolico
Il sacerdote cattolico don Lush Gjergji, biografo e parente di Madre Teresa di Calcutta, ha dichiarato alla stampa che il leader della lotta per l’indipendenza del Kosovo, Ibrahim Rugova, è morto cattolico anche se non ha potuto rendere pubblica la sua conversione per ragioni di opportunità politica. Infatti, il Kosovo è abitato dal 90% da albanesi in larga maggioranza musulmani, ma le sue radici sono cristiane: «Molti intellettuali albanesi stanno scoprendo le loro radici cristiane e stanno dicendo: noi siamo i discendenti di Skanderbeg e di Madre Teresa; se li neghiamo, neghiamo noi stessi», ha ricordato don Gjergji. Rugova è morto a 62 anni nel mese di gennaio, una settimana dopo aver incontrato il Patriarca di Venezia, card. Angelo Scola.
Se la parrocchia va a Maometto
Effettivamente c’è da credere che, per alcuni, la vita della comunità ecclesiale non si riveli soddisfacente. Deve essere così almeno per i parrocchiani della Madonna della Tosse, a Firenze. Al termine della messa di sabato 18 febbraio, al momento della benedizione, hanno sentito pronunciare dal celebrante le seguenti parole: «Signore, infondi in noi la fermezza dei credenti musulmani nel confessare le proprie idee davanti al mondo senza curarsi della derisione e del disprezzo degli altri». E fin qui, nulla di sorprendente, ma il testo, stampato su un foglietto distribuito in chiesa, continuava: «Insegnaci che la vera guerra, come disse il Profeta, è quella che si fa a se stessi, nell’intimo, senza odio né spargimento di sangue». Fino a prova contraria, Maometto non è un profeta e i suoi insegnamenti – nei fatti e nei detti – sono tutt’altro che pacifici. Alcuni fedeli hanno segnalato il fatto alla Congregazione per il Culto Divino e, secondo Il Giornale della Toscana, a carico del sacerdote sarebbe già stato aperto un procedimento.
Corsi sul pensiero del card. Ratzinger
Non è passato un anno dall’elezione di Ratzinger alla cattedra petrina che già sono spuntati corsi universitari sul pensiero del Santo Padre. All’Università Francescana di Steubenville e al St. Vincent College di Latrobe in Pennsylvania sono stati istituiti, per il semestre primaverile, corsi sul pensiero dell’ex-cardinal Ratzinger.
Gli studenti leggeranno Introduzione al cristianesimo, un’opera del 1968, e La mia vita, «perché vedano, già dall’inizio della vita di Joseph Ratzinger, l’importanza della liturgia cattolica», spiega il professor Lucas Lamadrid, titolare del corso al St. Vincent College.
Il professor Scott Hann, dell’Università Francescana di Steubenville, che già da 20 anni fa leggere ai propri studenti libri del presule bavarese, è particolarmente impressionato dalla lettura profondamente liturgica della Scrittura, presente nelle opere di Ratzinger.
Anche al Benedectine College di Atchinson, Kansas, è il momento di Benedetto XVI. Il professor Edward Sri, nel semestre autunnale 2005, ha tenuto un corso dal titolo “La teologia di papa Benedetto XVI”. Qui l’interesse si è concentrato sull’evangelizzazione della cultura e ci si è soffermati sul messaggio dell’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede per il Giubileo dei Catechisti,
dal titolo “Nuova evangelizzazione: costruire la civiltà dell’amore”. (Fonte: National Catholic Register – Rita Bettaglio).
India, gli insegnanti cercano nelle scuole persone da sterilizzare
Gli insegnanti delle scuole pubbliche indiane sono costretti a promuovere la sterilizzazione fra gli studenti e le loro famiglie.
Accade nello Stato settentrionale dell’Uttar Pradesh, dove la sentenza di un magistrato distrettuale ordina agli insegnanti, ai funzionari pubblici e ai capi-villaggio di raggiungere una quota fissa di “nuovi sterilizzati” entro il 31 marzo, pena il licenziamento, la sospensione o la rimozione dalla carica. La Chiesa cattolica «condanna con forza questo capillare programma di sterilizzazione, contrario alle leggi divine ed alla morale, che deve essere fermato con urgenza per il bene stesso della nazione». È il commento sulla vicenda fatto all’agenzia AsiaNews da mons. Stanislaus Fernandes, segretario generale della Conferenza episcopale indiana (Cbci), che attacca la sentenza emessa dal giudice Amrit Abhijat come «inaccettabile e contraria alla legge divina».
Gli insegnanti, dal canto loro, si dicono «scioccati» da questo nuovo «incarico». «Siamo trattati come manovali – dice Ravi Prasad Chaurasia, insegnante di scuola elementare – perché ogni volta che il governo ha un incarico del genere lo affida a noi.
Cosa dobbiamo fare? Insegnare ai nostri alunni o convincerli a portare i loro genitori nei campi medici, per la sterilizzazione? È una cosa vergognosa».
IL TIMONE – N. 52 – ANNO VIII – Aprile 2006 – pag. 8 – 9