I martiri non muoiono di freddo
Per i fedeli che hanno seguito la santa Messa del 7 gennaio sul fogliettino liturgico “La Domenica”, la morte del Beato Alojzije Victor Stepinac, vittima del regime socialcomunista jugoslavo, è divenuta un fatto quasi naturale. Invece è universalmente noto che il vescovo di Zagabria fu avvelenato, lentamente e gradualmente, dalla polizia segreta del dittatore Tito. La notizia, nonostante siano trascorsi quasi 47 anni dal trapasso dell’alto prelato, non deve essere giunta all’estensore della breve biografia pubblicata sul settimanalino più diffuso nelle chiese italiane, che scrive: «Morì nel 1960 per l’aggravarsi della malattia contratta in carcere» e, una riga più sotto, conclude: «Il 3 ottobre 1998, nel corso del suo secondo viaggio a Zagabria, [Giovanni Paolo II] lo proclamò Beato col titolo di martire». Chi ha sbagliato, allora, Papa Wojtyla o “La Domenica”?
La legge islamica a Pioltello
Ali Abdel Latif Abu Shwaima, imam della moschea di Segrate, vive a Pioltello, in provincia di Milano con due donne e sette figli sotto lo stesso tetto.
Una situazione inaccettabile anche per l’Islamic Anti Defamation League, che lo accusa di bigamia in una segnalazione presentata alla Procura della Repubblica di Milano presso il Tribunale dei minori. A correre i maggiori rischi, infatti, sono i figli dell’imam, perché «il fatto che il padre conduca una vita poligamica all’interno delle mura di un piccolo appartamento (piccolo per le dimensioni della famiglia), convivendo e condividendo rapporti intimi alternativamente con due donne, di cui una è la madre naturale dei ragazzi e l’altra la moglie, e tenuto conto che i bambini vivono in una società in cui il modello del matrimonio esteso […] è sanzionato dalle norme vigenti, pur non essendo il secondo un matrimonio civile, li mette in una situazione frastornante e dannosa per il loro armonioso sviluppo psico-fisico». Eppure l’articolo 556 del codice penale italiano parla ancora del reato di «bigamia», prevedendo peraltro da uno a cinque anni di reclusione per il colpevole.
Moschea a Cordova, Chiesa a Damasco
Mons. Juan José Asenjo, vescovo di Cordova, in Spagna, rifiuta di concedere la cattedrale locale ai musulmani che intendono farne un centro “multireligioso” in cui si possa entrare a pregare in direzione della Mecca. Per tutta risposta, il presidente della Giunta Islamica, Mansur Escudero, scrive al Santo Padre sulla base del fatto che l’edificio era originariamente una moschea, trasformata in chiesa nel XIII secolo: «Quel che volevamo non era prendere possesso di quel luogo santo», spiega nella missiva, «ma creare al suo interno, insieme a voi e ad altre fedi, uno spazio ecumenico unico nel mondo che sarebbe stato di grande significato nel portare la pace all’umanità». Nonostante il rifiuto opposto dalla gerarchia ecclesiastica, però, il personale di sicurezza della Cattedrale è spesso costretto a impedire ai musulmani di mettersi a pregare nella moschea medioevale che circonda la chiesa. Escudero denuncia anche la presenza di «elementi reazionari all’interno della Chiesa cattolica» i quali, «quando sentono parlare della costruzione di una moschea, dell’insegnamento religioso islamico nelle scuole di Stato o del velo, lo interpretano come un segno che stiamo crescendo e vi si oppongono».
Ma per il Vicario generale della Diocesi di Cordova, mons. Santiago Gómez Sierra, si tratta di «pressioni sproporzionate e ingiuste», soprattutto se messe a confronto con «una minima reciprocità», che imporrebbe «ai musulmani di pensare come rispettano essi stessi la libertà religiosa dove sono la maggioranza». In più, aggiunge Victoria Briceño, presidente dell’Azione Cattolica di Cordova, Escudero «dovrebbe fare lo stesso con gli imam che non lasciano entrare gli “infedeli” (cristiani) nelle moschee».
Un vescovo-spia utilizzato contro la Chiesa polacca
(AsiaNews) – Le dimissioni di mons. Stanislaw Wielgus da arcivescovo di Varsavia sono “una soluzione adeguata” al “disorientamento” creato in Polonia dalle accuse sulla sua passata collaborazione con i servizi segreti del regime, ma sono anche una nuova tappa della “guerra” scatenata contro la Chiesa polacca dalla “strana alleanza” che vede insieme i comunisti di un tempo e “altri suoi avversari”, che forse sono i nazionalisti. Sono questi i due elementi fondamentali della dichiarazione resa domenica 7 gennaio dal direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, a proposito delle dimissioni di mons. Wielgus, il cui «comportamento negli anni passati del regime comunista in Polonia ha compromesso gravemente la sua autorevolezza, anche presso i fedeli». Ma, accanto alla fine, almeno per ora, di una vicenda personale che aveva provocato “disorientamento” tra i fedeli, c’è una questione di ambito più ampio, che riguarda l’intera Chiesa polacca. «Il caso di mons. Wielgus – nota padre Lombardi – non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo caso di attacco a personalità della Chiesa in base alla documentazione dei servizi del passato regime.
Si tratta – rileva – di un materiale sterminato e, nel cercare di valutarne il valore e di trarne conclusioni attendibili, non bisogna dimenticare che è stato prodotto da funzionari di un regime oppressivo e ricattatorio». C’è da ricordare in proposito, che lo stesso Benedetto XVI, il 25 maggio dell’anno scorso, nel corso del suo viaggio in Polonia, proprio riferendosi alla compromissione di alcuni sacerdoti con il regime comunista, della quale già si parlava, avvertiva di «guardarsi dalla pretesa di erigersi con arroganza a giudici della generazione precedente».
Andare in chiesa fa bene
Tre ricercatori della Heritage Foundation di Washington, Patrick Fagan, Kirk A. Johnson, Jonathan Butcher, mettendo a confronto i risultati di un’indagine sulla salute degli adolescenti, la cosiddetta Add Health, ne hanno ricavato uno studio, dal titolo Ritratto di famiglia e religione in America.
Risultati chiave per il bene comune, commentando le tabelle e i grafici che incrociano i comportamenti dei giovani statunitensi tra i 12 e i 17 anni. Ebbene, se un ragazzo cresce all’interno di una famiglia unita ha meno probabilità di partecipare a risse, di rubare, di ubriacarsi, di scappare di casa e di essere sospeso o espulso da scuola. Anzi, di solito ha i voti più alti e si candida a far parte della futura classe dirigente del Paese. Dalle coppie di fatto, dai matrimoni falliti, dalle convivenze nascono più problemi: fa a botte il 42,6% dei figli che abitano con la madre e un uomo che non è il loro padre. Non è certo un fenomeno da cui rimane immune chi abita con papà e mamma regolarmente sposati, ma la percentuale scende significativamente al 28,8%. Le statistiche confermano una relazione analoga anche per quanto riguarda le sbronze, la tossicodipendenza, il numero di partner sessuali, le fughe da casa e i reati di microcriminalità. Lo fanno un po’ tutti, ma molto dipende dalla struttura familiare. Il primato dei “bravi ragazzi” si consolida ulteriormente se frequentano le funzioni religiose. E, viceversa, le difficoltà di chi sperimenta una situazione di disagio familiare crescono in proporzione all’assenza di un impegno religioso. Se considerate insieme, la famiglia intatta e l’appartenenza religiosa sono, se non proprio la garanzia del successo, almeno uno scudo di protezione.
Da soli, senza il riparo di un corpo sociale, si è più inclini alla trasgressione e all’autodistruzione. Con buona pace di coloro che vogliono espellere Dio, a partire dalle istituzioni per finire alla camera da letto.
Moon al Palazzo di Vetro
Un gruppo di deputati al Congresso statunitense, appena saliti in carica dopo le elezioni di medio termine, hanno chiesto al governo di investigare sui vincoli del nuovo segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il coreano Ban Ki-Moon, con il movimento religioso della Chiesa dell’Unificazione, fondato e diretto dal suo connazionale Sun Myung Moon. L’affiliazione religiosa del successore di Kofi Annan sarebbe irrilevante, indicano i deputati, se non fosse per il fatto che Sun Myung Moon – che si dichiara il vero “Messia” inviato da Dio – impone ai suoi membri che il coreano si trasformi nella lingua più importante del mondo e che l’Onu si trasformi in un’organizzazione religiosa mondiale sotto il controllo della Chiesa dell’Unificazione. Ban Ki-Moon ha finora rifiutato di rispondere a domande sulla sua affiliazione religiosa, spiegando che si tratta di questioni “irrilevanti” per il suo nuovo incarico.
IL TIMONE – N.60 – ANNO IX – Febbraio 2007 pag. 8-9