15.12.2024

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News dall’Italia e dal mondo
31 Gennaio 2014

News dall’Italia e dal mondo

 

 

IL TIMONE n. 103 – anno 2011 –

 


COREA DEL NORD “MAGLIA NERA”

 

Secondo l’agenzia Fides (14/04/2011), in Corea del Nord, dove vige un regime comunista ferreo e spietato, sono più di 50.000 i cristiani internati in campi di prigionia a causa della loro fede. Stando al Rapporto 2011 dell’Organizzazione Non Governativa “Open Doors”, il Paese detiene la “maglia nera” in fatto di rispetto della libertà di coscienza e di religione nel mondo. Situazione confermata da Marzuki Darusman, Osservatore Speciale delle Nazioni Unite per i Diritti Umani nel Paese, che ha presentato un rapporto al Consiglio ONU per i Diritti Umani di Ginevra spiegando che il sistema giudiziario non è indipendente rispetto al regime. Oltre al potere giudiziario dei tribunali ordinari, inoltre, in Corea del Nord esiste un “sistema di giustizia parallelo” che non rispetta le garanzie processuali per l’accusato ed è composto da una serie di provvedimenti e organi che possono giudicare il comportamento di una persona: la “Legge sul Controllo della Sicurezza Nazionale”; il “Comitato di Giudizio dei Compagni”; il “Comitato di guida per la vita nella legalità socialista”, che esegue ispezioni a vari livelli e decide i diversi tipi di punizione per i crimini sociali ed economici; il “Comitato di Sicurezza per il processo di punizione dei cittadini nordcoreani”. Tutti i cittadini coreani o stranieri che incappano nei verdetti di questi processi vengono spediti in campi di prigionia, dove sono sottoposti regolarmente a torture e a trattamenti disumani. I dissidenti politici con le loro famiglie, spesso detenuti a vita, subiscono la fame e il lavoro forzato. Fra questi ci sono anche i prigionieri per motivi di coscienza e di religione, tra i quali, come detto, i cristiani sono più di 50.000.

Adorazione per le vocazioni
Il Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, ha chiesto di non sottovalutare il valore dell’adorazione eucaristica e raccomandato che ogni diocesi abbia una cappella o un santuario per l’adorazione, per pregare per le vocazioni consacrate e la santificazione del clero. Lo ha detto in una nota inviata a Dominique Rey, Vescovo di Toulon (Francia), che sta promuovendo una conferenza internazionale sull’adorazione eucaristica che avrà luogo dal 20 al 24 giugno presso il Salesianum di Roma. «Non possiamo sottovalutare l’importanza di adorare il Signore nel Santissimo Sacramento, sapendo che il culto è il maggiore atto del popolo di Dio», ha scritto il Cardinale, ricordando che l’adorazione eucaristica è «un mezzo efficace per promuovere la santificazione del clero, la riparazione dei peccati e le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata ». Poi ha raccomandato che «in ogni diocesi ci sia almeno una chiesa, cappella o santuario dedicato all’adorazione perpetua dell’Eucaristia, per l’intenzione specifica della promozione di nuove vocazioni e per la santificazione del clero ». (Zenit, 22/03/2011).

PAKISTAN

Arif Masih, 40 anni, cristiano, è stato arrestato il 5 aprile in Pakistan con l’accusa d’aver strappato pagine del Corano e scritto lettere minatorie ad alcuni musulmani per convertirli al cristianesimo. Suo fratello Ejaz, invece, ha riferito che Arif è vittima di una trappola architettata da Shahid Yousaf, suo vicino di casa, che ha due fratelli che lavorano nella polizia e lo hanno aiutato nella macchinazione. Su La Bussola Quotidiana (18-04-2011) Marco Respinti informa che Arif Masih è stato liberato. Vive ora in una località segreta. Dopo l’arresto, si sono levate voci che chiedono una moratoria della legge sulla blasfemia. Paul Bhatti, Consigliere Speciale del Primo Ministro per gli affari delle minoranze religiose e fratello di Shabhaz, Ministro per le Minoranze ucciso il 2 marzo scorso per la sua opposizione alla legge sulla blasfemia e la difesa di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per questa ragione, ha detto all’agenzia Fides: «Si può partire da una moratoria o pensare a delle modifiche. Ma occorre lavorare per cambiare la mentalità e la cultura: in Pakistan, individui e organizzazioni usano questa legge per creare disarmonia e tensione sociale». Mehdi Hasan, presidente della “Commissione per i Diritti Umani del Pakistan”, ha detto a Fides: «Prima del 1986 non vi erano denunce di blasfemia. Dopo abbiamo avuto, in 20 anni, circa 1.000 casi, mentre 70 persone, accusate solo di blasfemia, sono state vittime di esecuzioni extragiudiziali».


INDIA

Secondo Joseph Dias, laico cattolico e direttore del Catholic Secular Forum (CSF), in India «gli attacchi anticristiani compiuti da gruppi estremisti indù sono in aumento: nel 2011 registriamo, in media, un episodio al giorno, più o meno grave. A volte le aggressioni si concentrano in alcune aree, come l’Orissa o il Karnataka, ma si può dire che nessuno stato dell’India ne sia immune». In Karnataka ad esempio, «dal 2008 gli attacchi non si sono mai fermati. Il CSF ha denunciato l’alleanza criminale fra vertici dell’esercito e leader estremisti indù, responsabile della violenza anticristiana che negli anni scorsi ha colpito negli stati di Orissa, Karnataka, Madhya Pradesh e Maharashtra, e che prosegue tuttora». Dias nota che «i cristiani sono vittime facili perché non rispondono con la violenza, né con la vendetta, ma con la preghiera e con il perdono». Sulle ragioni dell’impennata negli attacchi, il Direttore del CSF nota: «Spesso il pretesto è una falsa accusa di proselitismo e di operare conversioni forzate. La vera questione è che gli estremisti indù non tollerano l’impegno sociale dei cristiani, in scuole e ospedali, e soprattutto la loro preziosa opera di promozione umana, economica e sociale dei dalit e dei tribali, oppressi e discriminati nella società sulla base della discriminazione per caste, poiché spesso costoro in seguito chiedono di abbracciare la fede cristiana». (Fides 13/4/2011).

CHIESA DA ADEGUARE
«Rivediamo le norme sull’adeguamento liturgico delle chiese». L’appello, fatto in forma di invito al dibattito, è rivolto alla Cei da don Nicola Bux, consultore dell’Ufficio delle celebrazioni del Sommo Pontefice e della Congregazione per la Dottrina della fede. Intervistato da Andrea Zambrano per La Bussola Quotidiana (12/04/2011), don Bux, collaboratore del Timone dove cura la rubrica “Il mondo del sacro”, ha affermato che gli abusi liturgici «in parte sono stati responsabili dell’allontanamento dalla fede di tanti» e si è detto convinto che per porvi rimedio: «si debba partire da un aspetto ormai tralasciato della messa: quello sacrificale ». Poi ha aggiunto: «Quanti confratelli conosco oggi che dicono che basta solo la parola, che la parola è centrale! Tutto questo tende a creare un cristianesimo del pensiero e delle idee che vuole togliere la realtà della carne e il sacrificio». Dopo la pubblicazione provvidenziale del Motu proprio Summorum pontificum, voluto da Benedetto XVI, «la liturgia non è più solo quella post conciliare. Il Santo Padre ha ripristinato anche quella pre-conciliare » e ciò comporta, anche dal punto di vista architettonico, «un adeguamento delle chiese che tenga conto anche della liturgia ripristinata, la quale prevede che la celebrazione della messa si possa fare rivolti ad Dominum e non di spalle, come maliziosamente si è cercato di far passare». «Da circa 40 anni – ha proseguito don Bux – è andata avanti una forma di chiesa a teatro, dove tutti coloro che prendono posto si guardano tra loro. Che non siano rivolti più, insomma, verso un punto comune. Lentamente questa impostazione ha preso piede e ha portato alla perdita di orientamento della celebrazione che, lo ripetiamo, non ha come suo centro il popolo né, tantomeno, il sacerdote, ma il Signore, rappresentato dall’Oriente e successivamente dal Crocifisso. Alcuni confratelli sostengono che la croce è inutile per celebrare. Il fatto è che tutto ciò che spostiamo dal nostro centro visivo, dal punto di vista psicologico perde di importanza e se perde d’importanza la croce avviene lo stesso anche per l’altare, che diventa un podio da conferenza». «Rivediamo le norme sull’adeguamento liturgico delle chiese». L’appello, fatto in forma di invito al dibattito, è rivolto alla Cei da don Nicola Bux, consultore dell’Ufficio delle celebrazioni del Sommo Pontefice e della Congregazione per la Dottrina della fede. Intervistato da Andrea Zambrano per La Bussola Quotidiana (12/04/2011), don Bux, collaboratore del Timone dove cura la rubrica “Il mondo del sacro”, ha affermato che gli abusi liturgici «in parte sono stati responsabili dell’allontanamento dalla fede di tanti» e si è detto convinto che per porvi rimedio: «si debba partire da un aspetto ormai tralasciato della messa: quello sacrificale ». Poi ha aggiunto: «Quanti confratelli conosco oggi che dicono che basta solo la parola, che la parola è centrale! Tutto questo tende a creare un cristianesimo del pensiero e delle idee che vuole togliere la realtà della carne e il sacrificio». Dopo la pubblicazione provvidenziale del Motu proprio Summorum pontificum, voluto da Benedetto XVI, «la liturgia non è più solo quella post conciliare. Il Santo Padre ha ripristinato anche quella pre-conciliare » e ciò comporta, anche dal punto di vista architettonico, «un adeguamento delle chiese che tenga conto anche della liturgia ripristinata, la quale prevede che la celebrazione della messa si possa fare rivolti ad Dominum e non di spalle, come maliziosamente si è cercato di far passare». «Da circa 40 anni – ha proseguito don Bux – è andata avanti una forma di chiesa a teatro, dove tutti coloro che prendono posto si guardano tra loro. Che non siano rivolti più, insomma, verso un punto comune. Lentamente questa impostazione ha preso piede e ha portato alla perdita di orientamento della celebrazione che, lo ripetiamo, non ha come suo centro il popolo né, tantomeno, il sacerdote, ma il Signore, rappresentato dall’Oriente e successivamente dal Crocifisso. Alcuni confratelli sostengono che la croce è inutile per celebrare. Il fatto è che tutto ciò che spostiamo dal nostro centro visivo, dal punto di vista psicologico perde di importanza e se perde d’importanza la croce avviene lo stesso anche per l’altare, che diventa un podio da conferenza».


ESORCISMO

«Un tempo gli esorcismi erano più immediati mentre oggi richiedono più tempo per essere efficaci ». Secondo padre François Dermine, presidente nazionale del Gruppo di Ricerca e Informazione Religiosa (GRIS), una spiegazione può forse essere rintracciata nell’indebolimento della fede all’interno della Chiesa. Padre Dermine, priore del convento San Domenico di Bologna e professore di Teologia morale, è stato uno dei docenti del corso di esorcismo che si è svolto presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, dal 28 marzo fino al primo aprile. Intervistato da Zenit (1/4/2011), ha detto: «Ho sentito dei racconti di esorcisti di quaranta o cinquanta anni fa, secondo cui allora bastava un solo esorcismo per liberare una persona. Oggi possono durare mesi e anche anni. Qualcuno potrebbe pensare che ciò avviene perché viviamo in una società che si è allontanata da Dio e in un certo senso è apostata. Io qui le indico una opinione del tutto personale: l’esorcista non recita una preghiera personale, ma prega in nome della Chiesa, e se la fede viene a indebolirsi all’interno della Chiesa può darsi che questo contribuisca a diminuire l’efficacia dell’esorcismo vero e proprio». Precisando: «Non è soltanto la fede dell’esorcista, secondo me, che interviene, ma la fede della Chiesa. Qui quando parlo di Chiesa non mi riferisco alla Chiesa istituzionale, che ha sempre creduto ed ha insegnato la realtà del demonio e la possibilità concreta di subire persecuzioni da parte sua, ma parlo degli uomini di Chiesa. Non tutti i sacerdoti e addirittura alcuni Vescovi credono veramente in queste cose». .

FOCUS
Santi (Papa Benedetto XVI)

«Che cosa vuol dire essere santi?», si è chiesto Benedetto XVI all’udienza generale di mercoledì 13 aprile in piazza San Pietro. E ha risposto: «La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti». Siccome non possiamo giungere alla santità contando semplicemente sulle nostre forze, perché è Dio che ci rende santi, a noi è chiesto (solo) «che ci lasciamo trasformare dall’azione dello Spirito Santo, conformando la nostra volontà alla volontà di Dio». Sembra difficile, ma ci sono riusciti in tanti, tantissimi. Coraggio, dunque…

Attenti all’Islam (mons. Louis Sako)

Intervistato da Radici Cristiane (n.63 – aprile 2011), Louis Sako, arcivescovo iracheno di Kirkuk dei Cardei, premiato quale “Defensor fidei” al Giorno del Timone (2008), ha detto che per sconfiggere i regimi teocratici che si affermano oggi non basta solo lo sforzo di far comprendere al mondo islamico «il valore del pluralismo e della diversità» che deve caratterizzare ogni società. Anche l’Occidente ha un ruolo e un compito importante, che riguarda direttamente la sua esistenza futura: «riscoprire la sua identità cristiana». Il motivo è semplice: «Perché prima o poi la mancanza di senso e il vuoto di una società vengono riempiti con altre cose, e non vorrei che fosse proprio l’Islam a riempirli…». Stiamo attenti all’Islam!


Cattolici “adulti”
(Card.Raymond Burke)

Parlando al Congresso mondiale di Preghiera per la Vita (9/10/2010), l’arcivescovo Raymond Burke, Prefetto della Segnatura Apostolica, ha detto che: «vi sono cristiani che dichiarano personalmente di essere membri fedeli della Chiesa e di adeguarsi alle richieste della legge morale naturale, ma in realtà non fanno che sostenere e supportare il diritto di violare la legge morale nei suoi principi fondamentali». Sono persone che «si professano cattoliche, ma sostengono e difendono il diritto della donna di procurare la morte della creatura che porta in grembo, o il diritto di due persone dello stesso sesso di vedere la loro unione riconosciuta dallo Stato alla stregua di quella tra un uomo e una donna che hanno deciso di sposarsi». Ci sorge un sospetto: che stia parlando di quei “cattolici adulti” che conosciamo bene nella nostra Italia?

 

 

IL TIMONE N. 103 – ANNO XIII – Maggio 2011 – pag. 10 – 11

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