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14.12.2024

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News dall’Italia e dal mondo
31 Gennaio 2014

News dall’Italia e dal mondo

 

 

IL TIMONE n. 105 – anno 2011 –

 


IL CERVELLO DEGLI AVI ERA PIU’ GRANDE. E ALLORA?

 

Negli ultimi 10mila anni il cervello dell’uomo si è ridotto del 10%. Lo afferma la professoressa Marta Lahr, biologa e antropologa, condirettore del Leverhulme Centre for Human Evolutionary Studies dell’Università di Cambdridge. Il passaggio dell’uomo dalla condizione di cacciatore-raccoglitore (nomadica, o comunque caratterizzata da forte mobilità) a quella di agricoltore ha infatti prodotto modifiche profonde negli stili di vita in grado di incidere sulla sua struttura fisica e ha dato origine a quegli insediamenti stabili che, fra l’altro, hanno favorito una diffusione maggiore e più rapida delle patologie responsabili della diminuzione della sua dimensione corporea (come documenta uno studio di Amanda Mummert, antropologa della Emory University di Atlanta) a cui corrisponde appunto la riduzione della massa cerebrale. «Forse dipende dal fatto», dice la professoressa Mahr, «che il cervello assorbe circa un quarto dell’energia prodotta dal corpo. Calando le dimensioni fisiche calano anche quelle cerebrali». Ora, che tra preistoria e storia l’uomo di Cro-Magnon sia andato rimpicciolendosi e che le dimensioni del cerebro umano siano passate dai circa 1500 centimetri cubici di ieri agli attuali 1350 è una notizia che ha implicazioni rilevanti (anche se la notizia non è nuovissima).
Infatti la scoperta di Cambridge anzitutto mostra – per via osservabile e sperimentale, cioè a norma di metodo scientifico – che l’intelligenza dell’uomo non deriva dall’aumento delle dimensioni del suo cervello, che le sue qualità specifiche non sono né riducibili né relative alle sue quantità materiali, insomma che una delle caratteristiche specifiche e ineguagliabili che fanno l’uomo quel che esso è (e irriducibilmente diverso dal resto dei viventi) non dipende solo dalla materia.
In secondo luogo la ricerca della professoressa Lahr sottolinea bene che ciò che oggi la scienza ci propone di credere come verità incontrovertibile può essere il contrario esatto della verità che altrettanto incontrovertibilmente ci proponeva di credere ieri o ci proporrà di credere domani. (Marco Respinti, La Bussola quotidiana, 15- 06-2011)

UNIONE EUROPEA CONTRO LA VITA
Una campagna contro l’aborto in Ungheria, lanciata meritoriamente dal partito di centrodestra del premier Viktor Orban, ha scatenato una dura e vergognosa reazione della Commissione europea, che l’ha finanziata, pare, a sua insaputa. «Potrei pure capire che non sei pronta per me, ma pensaci due volte e fammi adottare, lasciami vivere! », è il pensiero attribuito a un feto, ripreso con un’ecografia nell’utero della madre e protagonista dei cartelloni disseminati a Budapest. Con il logo “Progress” (il Programma comunitario per l’impiego e la solidarietà dell’Unione Europea), la campagna anti-aborto è costata 416.000 euro, in gran parte tratti da fondi europei. Il commissario europeo alla Giustizia, la lussemburghese Viviane Reding, durante un dibattito all’Europarlamento, ha dichiarato che «La campagna non è conforme al progetto sottoposto dalle autorità ungheresi e la Commissione Europea chiede di conseguenza alle autorità ungheresi di porre fine a questa parte della campagna e ritirare senza indugio i cartelloni», minacciando di avviare «procedure per porre fine all’accordo» anche in termini finanziari». «La Commissione – ha commentato l’eurodeputata socialista francese Sylvie Guillaume – è molto chiara: utilizzare denaro del programma “Progress” o di altra fonte UE per una campagna anti-aborto è un abuso ed è incompatibile con i valori dell’Ue». Eccoli, dunque, palesemente dichiarati, i “valori” di questa UE: nessun aiuto per difendere la vita! Ma – sottolineiamo – sempre in prima fila quando si tratta di sterminarla con l’aborto!

MARTIRI CRISTIANI

105.000 cristiani all’anno sono uccisi a causa della loro fede. La cifra non comprende le vittime di guerre civili o tra nazioni ma solo i veri e propri martiri, messi a morte perché cristiani. Lo ha affermato intervenendo alla “Conferenza internazionale sul dialogo Interreligioso fra cristiani, ebrei e musulmani” promossa a Gödollö, presso Budapest, dalla Presidenza ungherese dell’Unione Europea, Massimo Introvigne, Rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta all’intolleranza e alla discriminazione contro i cristiani. «Ogni cinque minuti – ha detto Introvigne – un cristiano muore ucciso per la sua fede. Se non si gridano al mondo queste cifre, se non si ferma questa strage, se non si riconosce che la persecuzione dei cristiani è la prima emergenza mondiale in materia di violenza e discriminazione religiosa, il dialogo tra le religioni produrrà solo bellissimi convegni ma nessun risultato concreto».


IL POPOLO DELLA VITA C'È

Si dovrà ricredere chi aveva pensato che quella di Desenzano sarebbe stata una manifestazione marginale del movimento pro-life italiano. Il numero dei partecipanti, la provenienza degli stessi e l’entusiasmo mostrato parlano chiaro: il 28 maggio scorso sulle rive del lago benacense, provvidamente baciato dal sole dopo i violenti nubifragi dei giorni precedenti, si è tenuta quella che a pieno titolo si può definire la prima Marcia nazionale per la vita. Circa 600 persone provenienti da tutta Italia si sono date appuntamento sul sagrato del duomo di Desenzano del Garda per affermare con pacatezza, ma con altrettanta fermezza, che l’aborto è un crimine così come è iniqua ogni legge che lo renda possibile. Senza ergersi a giudici di nessuno – si legge sul manifesto della manifestazione – ma con la consapevolezza della necessità di aiutare le donne ingannate dalla cultura di Erode e della Bonino, i padri sempre più privati della loro paternità e i bambini, vittime sacrificali di una società che ogni giorno in modo più evidente trasforma i capricci del singolo in diritti, e i diritti nella legge del più forte.
Nonostante l’arditezza della battaglia, il “popolo della Vita” si è presentato all’appuntamento gioioso e festante, sotto le bandiere tutte colorate e tutte diverse delle oltre 20 associazioni nazionali presenti. Ognuna cosciente delle proprie specificità e delle proprie modalità d’azione, ma tutte unite in un lungo, compatto e pacifico corteo che ha percorso i circa 5 chilometri previsti cantando e pregando. Un unico fiume di persone che, agitando i palloncini azzurri e rosa simbolo dei 5 milioni di innocenti uccisi dall’approvazione della legge 194, ha ricordato unanime alla un po’ attonita cittadina lacustre e alle telecamere di Telepace e ai microfoni di Radio Maria che «una nazione che uccide i propri figli – così recitava lo striscione della nutrita rappresentanza dei Padri Francescani dell’Immacolata – è una nazione senza futuro». Beato Giovanni Paolo II dixit. Raggiunta l’ex abbazia benedettina di Maguzzano, la giornata, promossa da Francesco Agnoli, presidente del Movimento Europeo Difesa Vita, e da Virginia Coda Nunziante dell’Associazione Famiglia Domani, è stata l’occasione per ricordare, anche attraverso la commovente testimonianza di Silvio Ghielmi, il mai abbastanza compianto Giuseppe Garrone, inventore del Telefono SOS Vita e co-ideatore del Progetto Gemma, e per abbracciare in un caloroso applauso, durante un emozionante collegamento telefonico con Cuba, il medico cattolico Oscar Biscet, liberato lo scorso marzo dopo essere stato incarcerato per anni a causa della sua strenue lotta in difesa della vita.
Liberi da quei tatticismi e politicismi che tante volte hanno imbrigliato la loro azione, i 600 pro-life hanno inoltre potuto conoscersi e riconoscersi, ancora una volta uniti, nei contenuti degli interventi che si sono succeduti nel corso del pomeriggio. Le interessanti strategie future proposte dal dott. Puccetti, la testimonianza catechetica di don Pierino Ferrari, le analisi inoppugnabili del prof. Palmaro e della prof.ssa Orecchia e il toccante racconto della conversione del ginecologo ex-abortista Oriente hanno sicuramente unito il cuore e la mente di un popolo che può gridare senza remora alcuna “Mai più morte, fino alla morte”. (Carlo Curcio)

FOCUS
Il Dio dei cristiani (Papa Benedetto XVI)

Nell’omelia della Messa per la solennità di Pentecoste, papa Benedetto XVI ha ricordato che «Per noi cristiani il mondo è frutto di un atto di amore di Dio, che ha fatto tutte le cose e del quale Egli si rallegra perché è “cosa buona”, “cosa molto buona”, come dice il racconto della creazione (cfr. Gen 1,1-13). Dio perciò non è il totalmente Altro, innominabile e oscuro. Dio si rivela, ha un volto, Dio è ragione, Dio è volontà, Dio è amore, Dio è bellezza». Che differenza tra il Dio cristiano e le figure divine di tante altre religioni, per le quali Dio è inaccessibile e di certo mai verrebbe incontro all’uomo per amore facendosi Uomo.   

Tutto dipende da Dio (Mons. Antonio Livi)

Sul sito di Riscossa Cristiana, Mons. Antonio Livi, professore emerito della Pontificia università Lateranense, interviene in merito alle polemiche sollevate dopo l’intervento a Radio Maria di Roberto de Mattei, che illustrava la possibilità dei “castighi di Dio” che possono manifestarsi anche attraverso catastrofi naturali. Livi invita a riflettere sul fatto che: «ogni evento naturale o provocato dagli uomini sia da riportare a Dio, questo è non solo dogma di Fede ma è innanzitutto un’evidenza della ragione: perché Dio è la causa prima che governa il mondo con perfetta giustizia, e le cause seconde (consapevoli o meno) non tolgono il primato metafisico della potenza infinita di Dio. Ora, però, la ratio per la quale un singolo evento è voluto o permesso da Dio noi non la possiamo conoscere, a meno che Dio stesso non ce la riveli».

Antico rito in Africa (Mons. Pascal N’Koué)

Nella relazione per il triennio di applicazione del motu proprio Summorum pontificum, con il quale Benedetto XVI ha liberalizzato l’uso di celebrare la Messa secondo il rito antico, Mons. Pascal N’Koué, arcivescovo di Parakou, nel Benin, ha scritto: «La celebrazione nell’antica forma è una fortuna per il mio giovane clero e per tutta la diocesi. Permette di valorizzare ulteriormente l’altare (preghiere ai piedi dell’altare), il sacro silenzio, le secrete, la molteplicità dei segni di croce e genuflessioni e anche il fatto che sia tutto rivolto verso la croce (posizione ad orientem)» Poi ha aggiunto: «Il rito tridentino ci dà la possibilità di meglio comprendere e apprezzare il rito detto di Paolo VI. […] Il canone romano e i gesti liturgici dell’antico rito sono più vicini alla nostra religiosità e sensibilità africana».

 

 

 

IL TIMONE  N. 105 – ANNO XIII – Luglio/Agosto 2011 – pag. 10 – 11

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