IL TIMONE n. 110 – anno 2012 –
USA: CRISTIANI A DIFESADEL MATRIMONIO
La Chiesa deve scendere in campo contro chi «promuove nozioni della libertà separata dalla verità morale». Lo ha detto con grande fermezza Papa Benedetto XVI ai vescovi degli Stati Uniti d’America in visita ad limina lo scorso gennaio. Se le verità morali proposte dal Vangelo non cambiano mai, ha rintuzzato il pontefice, esse sono allora anche «la chiave per la felicità umana e la prosperità sociale». Si tratta di una netta affermazione anche politica di grande peso che non è affatto un’ingerenza indebita, ma una doverosa priorità etica. Di politica fondata sulla morale parla del resto anche la “lettera aperta” diffusa qualche giorno prima da una quarantina di capi di Chiese e di denominazioni cristiane, più alcune congregazioni ebraiche, per ricordare che l’offensiva in atto negli Stati Uniti contro il matrimonio naturale è una grande violazione della libertà religiosa. Tra i firmatari di tale importante documento vi sono quattro vescovi capitanti da mons. Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale statunitense. Nella lettera, commentata da Marco Respinti per La Bussola Quotidiana (20/01/2012), si legge: «La promozione e la protezione del matrimonio – l’unione di un uomo e di una donna che divengono marito e moglie – è una questione di bene comune e serve il benessere della coppia, dei figli, della società civile e di tutto il popolo. Il significato e il valore del matrimonio precedono e trascendono tutte le società, i governi o le comunità religiose particolari. Il matrimonio è un bene universale ed è l’istituto che fonda ogni società. Esso è tutt’uno con la natura della persona umana in quanto uomo e donna, ed è tutt’uno con quell’essenziale compito che è mettere al mondo i figli e allevarli».
LA BUSSOLA VINCENTE
La Bussola Quotidiana (BQ) vola e a gennaio ha superato i 10mila contatti al giorno. Il quotidiano online è ormai sempre più punto di riferimento del mondo cattolico che desidera confrontarsi con criteri chiari per giudicare le vicende e i fatti del giorno. «Un taglio originale che punta, nelle vicende quotidiane, a tenere gli occhi fissi su ciò che davvero conta», dice il direttore Riccardo Cascioli. Come nel caso dello spettacolo teatrale “Sul concetto di volto del Figlio di Dio” andato in scena a Milano che tante polemiche ha suscitato per i suoi contenuti blasfemi. «BQ ha dato un chiarissimo giudizio negativo sullo spettacolo e rivendicato la legittimità delle proteste, ma ha anche colto l’occasione per riproporre la bellezza del Volto di Cristo come la storia dell’arte cristiana ce la testimonia e la speranza che suscita anche per l’uomo disperato di oggi», prosegue Cascioli, «perché quello che ci sta a cuore è aiutare i cattolici, davanti a ciò che accade, a rendere ragione della propria fede, e sfidare chiunque a confrontarsi con questo sguardo sulla realtà». Ed è questa una linea che paga, se è vero che in poco più di un anno BQ ha più che raddoppiato i suoi lettori: oggi sono oltre 120mila gli utenti unici al mese, e le pagine lette ogni giorno sono oltre 30mila, mentre gli utenti registrati – che ricevono quotidianamente la newsletter – crescono costantemente e sono arrivati intorno ai 3.500. Inoltre, la veste rinnovata e l’arricchimento di contenuti ha reso ancora più popolare il Magazine di BQ, ovvero l’edizione del fine settimana, che propone una serie di approfondimenti culturali sui temi di attualità.
MONS. SAKO: IRAQ, SITUAZIONE GRAVE
«L’Iraq non avrà futuro senza dialogo e riconciliazione. Nel Paese è tutto politicizzato, anche la religione, ed è un grande limite. Il futuro iracheno deve essere costruito da tutti, nessuno escluso. L’unione dei gruppi politici, a riguardo, potrebbe fare molto»: è quanto dichiarato dall’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako, che in un’intervista al SIR riferisce dell’assemblea dei vescovi iracheni svoltasi questa settimana (gennaio) ad Ankawa. Nel corso dell’incontro i vescovi, oltre a trattare temi di natura pastorale, hanno discusso della situazione politica interna e della condizione dei cristiani, lanciando, in una nota finale, un appello al dialogo e alla riconciliazione. «Il ritiro Usa – dice mons. Sako – ha aggravato la situazione, il rischio di attacchi ora è più alto, ed evidenziato profonde spaccature politiche. Mai come ora il rischio di frammentazione dell’Iraq è alto. Le divisioni tra sunniti, sciiti e curdi sono chiare, per questo, come comunità cristiana, abbiamo lanciato questo appello alla riconciliazione, alla partecipazione e al dialogo ». Per il vescovo caldeo, infatti, «i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di amore, di pace, di convivenza. Nel Paese ci sono tantissime persone, musulmani, intellettuali, leader non politicizzati che credono nel dialogo e vogliono costruire un Iraq nuovo e giusto. Con loro camminiamo». (SIR, 20/1/2012).
PAKISTAN: L’ISLAM E LE DONNE
«In Pakistan le donne imparano fin dalla tenera età che gli uomini hanno il diritto di picchiarle e maltrattarle. E si considerano degli oggetti». Suor Nazreen Daniels opera in un centro della diocesi di Faisalabad – sostenuto in parte da Aiuto alla Chiesa che Soffre – che assiste ragazze, donne e perfino bambine vittime di violenza. La religiosa, appartenente all’istituto della Beata Vergine Maria, racconta: «Qui non c’è futuro per una ragazza che è stata violentata. Nessuno la vorrà». In una società fortemente islamizzata come quella pachistana è infatti inconcepibile che una donna non arrivi illibata al matrimonio. Per le vittime di violenza non vi è alcuna giustizia. Occorrono molti testimoni oculari per denunciare uno stupro: una richiesta ovviamente impossibile da soddisfare. E spesso gli aggressori costringono le donne al silenzio servendosi della legge antiblasfemia, introdotta nel 1986, che prevede l’ergastolo per chiunque profani il Corano e la pena di morte per chi insulta Maometto. E l’accusa di aver offeso il Profeta – che a differenza dello stupro non richiede troppe prove – costituisce un valido motivo per tacere. «Qualsiasi cosa accada – continua la religiosa – è colpa delle donne. Sono colpevoli di aver subito violenza e colpevoli del fallimento del proprio matrimonio». Se una coppia non ha figli l’uomo è autorizzato a sposarsi una seconda volta e la prima moglie «è trattata come una schiava, a volte perfino costretta a dormire nella stalla assieme al bestiame». Numerosi i casi di maltrattamento, omicidio e mutilazione per motivi d’onore: a molte giovani è stato tagliato il naso o bruciato il viso con l’acido perché hanno rifiutato di contrarre matrimonio. «E le violenze domestiche non sono l’eccezione, sono la regola». La Chiesa cattolica difende strenuamente la dignità delle donne in Pakistan, attraverso scuole, corsi di cucito e concreti aiuti alle vittime di stupro. «Ma soprattutto – afferma Suor Nazreen – cerchiamo di diffondere la consapevolezza che siamo tutti esseri creati da Dio, con uguali diritti». (Zenit, 16/01/2012).
CINA: VESCOVI “SPARITI”
L’Agenzia AsiaNews lancia una campagna di sensibilizzazione a favore di due vescovi cattolici perseguitati dal regime comunista cinese. Il primo è mons. Giacomo Su Zhimin, quasi 80enne, vescovo di Baoding (Hebei), arrestato nel 1997. Da allora nessuno conosce né l’accusa, né se vi sia stato un processo, né dove sia detenuto. Nel novembre 2003 è stato per caso scoperto in cura in un ospedale di Baoding, circondato da poliziotti. Dopo una breve visita dei parenti, la polizia lo ha fatto scomparire ancora fino ad oggi. Prima dell’ultimo arresto, mons. Su Zhimin ha passato a fasi alterne almeno 26 anni in carcere o ai lavori forzati, bollato come “controrivoluzionario” solo perché si è sempre rifiutato di aderire all’Associazione patriottica, che vuole edificare una “chiesa” nazionale staccata dal Papa. Nel ’96 – da un luogo nascosto perché ricercato – era riuscito a diffondere una lettera aperta al governo cinese perché rispettasse i diritti umani e la libertà religiosa del popolo. In tutto ha già speso 40 anni in cattività. Il secondo è mons. Cosma Shi Enxiang, di 90 anni, vescovo di Yixian (Hebei), arrestato nel 2001. Di lui non si sa nulla, anche se i suoi parenti e fedeli continuano a domandare alla polizia qualche notizia. Mons. Shi Enxiang è stato incarcerato dal 1957 fino al 1980, costretto ai lavori forzati agricoli nell’Heilongjiang, fino a fare il minatore nelle miniere di carbone dello Shanxi. È stato incarcerato per altri tre anni nel 1983, poi ha subito tre anni di arresti domiciliari. Nell’89 viene ancora arrestato e rilasciato nel ’93, fino al suo ultimo arresto nel 2001. In tutto egli ha passato 51 anni in prigione. C’è il timore che il regime cinese li faccia morire sotto le torture, come in passato è avvenuto per altri vescovi cinesi imprigionati (mons. Giuseppe Fan Xueyan nel ’92; mons. Giovanni Gao Kexian nel 2006; mons. Giovanni Han Dingxiang nel 2007. (AsiaNews, 30/12/2011).
Commentando per l’agenzia Asia- News la situazione del mondo arabo dopo le recenti rivolte (14/12/2011), il gesuita padre Samir Khalil Samir, profondo conoscitore del mondo islamico, ha ricordato che il rifiuto del Cristianesimo in Europa «rende ambiguo il rapporto degli europei con le altre religioni nel mondo». E ha fatto un esempio: «Se la Francia nega la sua identità storica cattolica, non saprà più come trattare con le altre religioni. Di fatto vediamo una schizofrenia che va dalla secolarizzazione delle feste cristiane, alla valorizzazione delle altre religioni (meno il cristianesimo)». È così: il dialogo con le altre religioni è autentico solo a partire da una forte identità cristiana.
La Messa (Card. Malcolm Ranjith)
In una lettera inviata alla 20° Assemblea Generale di “Una Voce Internazionale”, tenuta a Roma nell’estate scorsa, il cardinale Malcolm Ranjith, Arcivescovo di Colombo, nello Sri Lanka, e noto per essere estimatore della messa tridentina, ha scritto: «La liturgia è il mezzo con cui vengono sollevati gli esseri umani fino al livello del trascendente e dell’eterno: luogo di un incontro profondo tra Dio e l’uomo. Per questo motivo, non può mai essere qualcosa che l’uomo crea. Perché se noi esercitiamo il culto a nostro piacimento e fissiamo noi stessi le regole, allora corriamo il rischio di ricreare il vitello d’oro di Aronne. Dovremmo insistere di continuo sulla liturgia come partecipazione a ciò che Dio stesso compie, altrimenti rischiamo di cadere nell’idolatria». Parole preziose per tanti sacerdoti…
IL TIMONE N. 110 – ANNO XIV – Febbraio 2012 – pag. 10 – 11
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