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11.12.2024

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Niccolà I il grande
31 Gennaio 2014

Niccolà I il grande

“Bello nell’aspetto, decoroso nella persona, dotto nelle parole, umile nel parlare, chiaro nelle azioni, sempre intento nei digiuni e al culto divino, largo con i poveri…”: così il Liber Pontificalis ricorda Niccolò I, che per la sua opera si meritò il titolo di “Grande”

NOME: Niccolò
DATA DI NASCITA: intorno all’800
ELEZIONE: 24 aprile 858
DURATA PONTIFICATO: 9 anni, 6 mesi, 20 giorni
DATA MORTE: 13 novembre 867
SEPOLTO: basilica di S. Pietro
FESTA: 13 novembre
POSIZIONE CRONOLOGICA: 106

Con Niccolò I (858-867) il papato riprende il processo di affrancamento dal potere secolare iniziato, con Gregorio I Magno e che proseguirà con Gregorio VII e Innocenzo III, prendendo il Papa sempre più coscienza del proprio ruolo di rappresentante di Dio sulla terra. All’Imperatore è proibito interferire nelle attività ecclesiali, pur avendo l’obbligo di difenderle e di appoggiarle, giacché deve rendere conto all’autorità religiosa della propria carica politica.
Secondo Niccolò I, il Sommo Pontefice è posto direttamente da Dio a capo dell’unica attività veramente importante su questa terra: la redenzione dell’uomo. Pertanto può giudicare tutti, ma non essere giudicato da nessuno, essendo responsabile di tutta la Chiesa e, conseguentemente, di tutto il mondo. L’autorità del Papa, infatti, supera i particolarismi delle varie Chiese, compresa quella d’Oriente. Inoltre, i concili devono essere considerati come organi che ratificano le decisioni del Pontefice e devono essere convocati e approvati dal Papa e non più dall’Imperatore.
Con queste convinzioni Niccolò I porta avanti il suo ufficio, dominando i sovrani di tutto il mondo con severità, fermezza e alta moralità, rivelandosi tuttavia umile e sollecito con i vescovi e i fedeli ubbidienti.
L’alta concezione della carica pontificia non fa perdere di vista a Niccolò Ila propria fragile condizione umana. Al momento dell’elezione nella basilica di S. Dionigi, fugge nascondendosi in S. Pietro, ritenendosi indegno di tale mansione. Ma, riferisce il Liber pontificalis, “i presenti lo costrinsero a uscir fuori dalla basilica e lo introdussero nel Palazzo Lateranense tra sacre acclamazioni e lo posero sul trono”, consacrandolo Sommo Pontefice con una cerimonia particolarmente solenne e carica di gioia.
Dopo quest’augusta celebrazione, l’Imperatore Ludovico II, gran sostenitore dell’elezione di Niccolò, lascia Roma.
Durante il viaggio accade un episodio esplicativo di come saranno i rapporti tra Papa e Imperatore. Quando si trova nella zona dell’attuale Tor di Quinto, Ludovico II riceve la visita di Niccolò I.
L’imperatore va incontro al Pontefice e per un tratto di strada, prima di ospitarlo nella propria tenda, conduce per le briglie il cavallo del Papa.
Con questo atto simbolico l’Imperatore dimostra la sua sottomissione alla riconosciuta autorità pontificia.
L’impostazione accentratrice di Niccolò I nel governo della Chiesa si scontra ben presto l’arcivescovo di Ravenna, Giovanni, che amministra la sede metropolitana più importante dopo Roma come fosse propria e in completa autonomia: infligge scomuniche, impone tasse gravose fino a proibire alla popolazione di recarsi a Roma in pellegrinaggio.
L’intervento risolutore di Nicolò I è fermo e determinato. Scomunica (861) l’arcivescovo e lo obbliga a recarsi a Roma in pellegrinaggio una volta all’anno, imponendogli di rinunciare a tutti gli eccessi se vuole essere reintegrato nella piena comunione con Roma.
Nella controversia con l’autoritario arcivescovo Incmaro di Reims, Niccolò I riafferma in modo netto ed energico che “tutte le questioni di maggior importanza sono di competenza del Papa”.
Nicolò esercita la propria plenitudo potestatis anche in questioni più “mondane”.
Interviene con estrema decisione nella vicissitudine matrimoniale di Lotario II di Lorena, fratello dell’Imperatore Lodovico, il quale voleva la dispensa dal suo matrimonio legittimo, ma sterile, con Teutberga, per poter sposare l’amante Valdrada, da cui ha già avuto tre figli.
Lotario convoca a Metz un Sinodo in cui fa dichiarare nullo il matrimonio, riuscendo a strappare un’ammissione d’incesto a Teutberga con l’aiuto dei metropoliti di Colonia e Treviri, desiderosi di rompere la dipendenza da Roma.
Ma il Papa è di tutt’altro avviso: condanna la nuova unione e scomunica gli arcivescovi di Treviri e Colonia, i quali non trovano altra soluzione che quella di chiedere aiuto all’imperatore Ludovico II.
L’imperatore si reca personalmente a Roma per cercare di dirimere la questione, insieme ai due arcivescovi scomunicati. All’arrivo del corteo imperiale, Niccolò si ritira in Laterano in preghiera, mentre in tutta la città si snodano processioni salmodianti come per esorcizzare una grave minaccia.
Con la preziosa mediazione dell’imperatrice Engelberga, il Papa risolve la questione, costringendo Lotario a riconoscere Teutberga sua legittima sposa.
Con questa vicenda Niccolò imprime un’importante svolta nei rapporti con il potere secolare: per la prima volta un Papa giudica un re minacciandolo di scomunica.
Ma è con Bisanzio che lo scontro si fa grave.
L’imperatore Michele III depone nell’858, in seguito a una congiura di palazzo, il legittimo patriarca ortodosso Ignazio sostituendolo con il laico Fozio, molto erudito ed energico, con una personalità pari a quella di Niccolò I.
Per poter prendere possesso della sede patriarcale, Fozio è consacrato ai vari livelli ecclesiastici in poco più di un mese, in contrasto con le più elementari norme religiose, suscitando la reazione dei sostenitori di Ignazio.
Il Papa, consapevole di essere il solo che poteva stabilire l’allontanamento di un vescovo e a cui spettava un primato sia d’onore che di giurisdizione anche sulla Chiesa d’Oriente, invia i sui legati per fare luce sull’intricata questione.
Purtroppo, i legati si fanno corrompere, passando dalla parte di Fozio. Per tutta risposta, Niccolò I nell’863 convoca un sinodo a Roma in cui afferma che Ignazio è stato destituito a torto e che Fozio è scomunicato e non può prenderne il posto.
A questi gravi motivi di tensione, si aggiungono anche le contestazioni di Fozio su alcune pratiche della Chiesa romana: il digiuno del sabato, il celibato dei sacerdoti e soprattutto l’uso del termine Filioque nel Credo, ad indicare che lo Spirito Santo procede sia dal Padre che dal Figlio.
Ulteriore causa di frizioni è la conversione al cristianesimo dei Bulgari, una popolazione turbolenta stanziata ai confini dell’Impero bizantino, con il conseguente allontanamento dei missionari greco-ortodossi poiché solo alla Chiesa di Roma è riconosciuta l’autorità morale e spirituale. Fozio risponde scomunicando a sua volta il Pontefice, dando così inizio allo scisma “foziano” .
La lettera di scomunica di Fozio però non raggiunge Niccolò I, poiché questi muore il 13 novembre 867.
Qualche tempo dopo anche Fozio morirà in una cella di un monastero, dopo che una sommossa riporterà Ignazio alla sua legittima sede.
RICORDA
“Quanto a coloro che si rifiutano di accogliere il bene del cristianesimo,… non possiamo scrivervi altro che li convinciate della giusta fede, nel senso che essi pensano vanamente, più con ammonizioni, esortazioni e ragionamenti, che con la forza”.
(Niccolò I, Risposte ai Bulgari, in Denzinger, n. 647).
BIBLIOGRAFIA
Romualdo Paolucci, v. Niccolò I, in Enciclopedia Cattolica, vol. VIII, coll. 1823-24.
F.Gligora – B. Catanzaro, Storia dei Papi. Da S. Pietro a Giovanni Paolo II, Panda Edizioni, Noventa Padovana 1989, vol. I, pp. 297-302
O. Vartolomeev, I responsi di papa Niccolò I alle questioni sollevate dai Bulgari, in Atti dell’VIII Congresso internazionale di Studi sull’ Alto Medioevo, Spoleto 3-6 novembre 1981, Spoleto 1983.

IL TIMONE N. 26 – ANNO V – Luglio/Agosto 2003 – pag. 56 – 57

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