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15.12.2024

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Nicolas Malebranche
31 Gennaio 2014

Nicolas Malebranche

 

 

Filosofo e sacerdote. Esaltò l’onnipotenza di Dio, considerandolo la nostra unica luce: Dio solo può illuminarci e lui solo ha la potenza di agire. Tra fede e ragione esiste un accordo essenziale.

 

 

 

 

«La filosofia di Malebranche ci appare dunque come uno sforzo di ripensare la fede cristiana in funzione d’un razionalismo che si ispira da un lato alla tradizione platonica, raccolta da Agostino, e dall’altro alle concezioni fondamentali della scienza moderna, rappresentata ai suoi occhi dal cartesianismo»: questo giudizio del professor Joseph Moreau, già docente dell’Università di Bordeaux, sintetizza bene il significato dell’opera di un pensatore non sempre adeguatamente conosciuto, ma sicuramente meritevole di essere studiato con attenzione.
Nicolas Malebranche, ultimo di numerosi figli di una famiglia di funzionari regi, nacque a Parigi nel 1638. Influenzato dalla forte religiosità materna, nel 1660 entrò a far parte della Congregazione dell’Oratorio, fondata in Francia una cinquantina di anni prima dal cardinale Pierre de Berulle sul modello inaugurato in Italia da San Filippo Neri. Nel 1664 venne ordinato prete e nello stesso anno scoprì la filosofia di Cartesio, che lo affascinò profondamente. A partire dal 1674 cominciò a pubblicare i suoi scritti, tra cui spiccano le Meditazioni cristiane del 1683, scritte in forma di dialogo tra il Verbo eterno e il suo discepolo, sul modello dell’Imitazione di Cristo, che costituiscono l’esposizione più compiuta e interessante del suo pensiero. Malebranche si trovò più volte al centro di polemiche (famosa è la sua disputa con il giansenista Antoine Arnauld, originata dalla pubblicazione del Trattato della natura e della grazia) e alle sue tesi vennero mosse numerose obiezioni. Morì a Parigi nel 1715.
Ciò che della filosofia di Cartesio colpì particolarmente Malebranche fu l’affermazione della spiritualità dell’anima, contrapposta al materialismo e al meccanicismo che, al contrario, per Cartesio, dominano i corpi e le loro funzioni. La sottolineatura di questa importante dottrina permetteva a Malebranche di collocare il cartesianesimo all’interno dello spiritualismo cristiano e di porlo (ma perdendo la capacità di mantenere l’unità tra l’ani-ma e il corpo) sulla scia del pensiero di Sant’Agostino, che veniva molto studiato e stimato negli ambienti oratoriani. A questo riguardo afferma ancora Joseph Moreau: «La filosofia cartesiana sembrava accordarsi perfettamente con la spiritualità cristiana: il suo meccanicismo, escludendo il dinamismo delle cause seconde, esaltava l’onnipotenza della causa prima e conduceva al teocentrismo, e l’idealismo faceva riconoscere in Dio la nostra unica luce. Dio solo può illuminarci e lui solo ha la potenza di agire; sono queste le due tesi fondamentali della filosofia di Malebranche». In tal modo, però, Malebranche cadeva nell’errore di negare la libertà umana.
Secondo il filosofo parigino esiste un accordo essenziale tra fede e ragione, e tale certezza lo colloca sulla linea di San Tommaso; ma mentre l’Aquinate faceva riferimento a una razionalità di stampo aristotelico, Malebranche guarda alla ragione cartesiana come allo strumento che meglio può armonizzarsi con la verità cristiana, il che è discutibile. Tuttavia, la filosofia di Malebranche e quella di Cartesio manifestano pure notevoli differenze, soprattutto per quanto concerne l’impostazione generale e la finalità ultima. Ha sostenuto a questo proposito Nicola Abbagnano: «Per Cartesio Dio non è un principio religioso, ma un principio filosofico: esso non ha altra funzione che quella di garantire l’immutabilità delle verità eterne e dei principi fondamentali della natura. Cartesio è mosso prevalentemente dall’interesse filosofico e scientifico, e ricorre a Dio unicamente per trovare nella sua volontà immutabile una garanzia dei principi della filosofia e della fisica. All’opposto, predomina in Malebranche l’interesse religioso: il compito della sua filosofia non è quello di trovare garanzie e principi scientifici e filosofici, ma piuttosto quello di condurre l’uomo a una chiarezza razionale intorno a Dio e alle verità della fede». In effetti, Cartesio aveva separato nettamente fede e ragione, mentre Malebranche si dimostra vivamente interessato alla loro cooperazione. A suo giudizio, soltanto la fede può spiegare lo stato di depravazione della natura umana mediante il dogma del peccato originale e sempre soltanto la fede ci fa credere nella redenzione operata da Cristo. Dunque, se l’uomo vuole veramente comprendere sé e il mondo, deve fare ricorso alla verità cristiana. Tuttavia, ciò non esclude che la ragione possa e debba impegnarsi proficuamente per avvicinarsi quanto più possibile ai misteri salvifici.
È in questo contesto che Malebranche sviluppa profonde e complesse riflessioni sulla grazia divina, colta nel suo delicato rapporto con la libertà e la volontà umane. A motivo del peccato di Adamo, il volere dell’uomo è trascinato verso i piaceri sensibili e senza l’intervento della grazia esso finirebbe col soccombere alle cattive inclinazioni. Afferma Malebranche: «Coloro che si lasciano travolgere da passioni violente e non so-no abituati a resistervi sono meno liberi di coloro che le hanno coraggiosamente combattute e sono morigerati per natura». È Cristo che per mezzo della redenzione ci ha ottenuto la grazia. All’uomo spetta il compito di corrispondere a tale dono e di servirsi della propria libertà in modo retto: «Bisogna ora considerare – scrive Malebranche – che il principale dovere dello spirito è quello di conservare e aumentare la libertà: ciò che infatti fa meritare la felicità allo spirito è il buon uso che esso può fare di questa libertà».

Bibliografia


Nicolas Malebranche, Colloqui sulla metafisica, la religione e la morte, San Paolo, 1999.
Leonardo Verga, La filosofia morale di Malebranche, Vita e Pensiero, 1964.
Amalia De Maria, Storia, Sacra Scrittura e tradizione nel pensiero di Malebranche, Rosenberg-Sellier, 1997.

IL TIMONE – N.65 – ANNO IX – Luglio/Agosto 2007 pag. 30-31

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