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12.12.2024

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Non dobbiamo temere

Non dobbiamo temere

 

 

 
 

Né avvilirci né adeguarci. Ma preparazione e coraggio per vivere oggi la nostra fede. L’esempio del passato glorioso della Chiesa.

 
 

 

Guardo qualche volta la televisione, soprattutto i dibattiti di costume, per rendermi conto di quale sia la cultura oggi dominante. Devo dire che ne traggo sempre una impressione penosa perché la visione cristiana, quella vera, è ormai del tutto assente. Non solo. Se, per caso, tra gli ospiti c'è qualche cattolico esplicito che espone la sua prospettiva, essa, soprattutto su alcuni temi morali, viene respinta con un furore e un'intolleranza che colpiscono.
Così, mentre si difendono come vere virtù sociali, come segno di maturità e di apertura, la scelta della omosessualità o della bisessualità, l'esercizio del diritto – dovere di por fine a un matrimonio quando finisce la "passione", identificata con l'amore, di abortire quando non ci sente pronti per un figlio, di sostenere la "dolce morte" per persone gravemente ammalate e cosi via, viene respinto come disumano, incomprensibile, inaccettabile qualsiasi tentativo di introdurre una prospettiva diversa che si rifaccia a quel Sopran-naturale che pure è stato fino a pochi anni fa il punto di riferimento di intere generazioni. Si continua così ad accusare la Chiesa di aver frenato la modernità, mentre permane verso la morale cattolica una sorta di sordo rancore, di reazione virulenta che impedisce di accettare la prospettiva cattolica in modo pacifico, anche solo come espressione di una minoranza. Perché dunque meravigliarci se l'Europa non accetta di menzionare esplicitamente le radici cristiane nella sua nuova Costituzione, se ogni battaglia sui temi morali finisce regolarmente con una sconfitta?
Da molti viene sostenuto che tra cattolici e laici è possibile un dibattito e un'intesa che parta dal riconoscimento del diritto naturale, su cui dovrebbero fondarsi la vita umana e le istituzioni che la riguardano come il matrimonio, la procreazione e così via. In teoria ciò è possibile. Nella pratica, mi pare, invece, che le esperienze degli ultimi decenni abbiano mostrato il contrario: ciò che ha finito per prevalere è sempre stata l'opinione di stampo laicista che ormai corrisponde al sentire della maggioranza. Il problema, in realtà, è più profondo perché, per riuscire a ravvisare le linee portanti del diritto naturale, è necessario capire davvero chi sia l'uomo e quale sia il suo destino e, senza l'aiuto della fede e della morale che ne deriva, spesso la ragione si arrotola su se stessa scambiando il male con il bene, come oggi sempre più spesso succede.
Perché parliamo di tutto questo in una rubrica di spiritualità? Per due motivi. Il primo è che non dobbiamo avvilirei e il secondo è che non dobbiamo adeguarci. La situazione attuale, dunque, ci espone a pericolose tentazioni e ci obbliga ad un serio esame di coscienza.
È comprensibile che, soprattutto chi, come molti tra noi, è nato e cresciuto in epoca di cristianità, sia dolorosamente colpito da questo "franare" della mentalità cattolica. Ma, per ritrovare la serenità e la fiducia nel futuro, basta guardare alla storia passata, nel corso della quale la Chiesa si è spesso trovata in situazioni che sembravano quasi disperate. Pensiamo alla crisi di fede, gravissima, provocata dall'arianesimo, superata solo per il coraggio e la determinazione di pochissimi vescovi rimasti fedeli alla vera dottrina riguardo a Gesù Uomo-Dio. O ancora, allo sgomento che attraversò tutta la cristianità all'epoca della Riforma per la profonda frattura che andava creandosi tra fratelli nella stessa fede. Al terrore che percorse le masse cristiane all'epoca della rivoluzione francese che distruggeva i conventi, uccideva i sacerdoti e i religiosi e minacciava l'annientamento fisico dei credenti. Momenti tragici, certamente di grande sofferenza per chi a suo tempo li ha vissuti. Eppure, nonostante tutto, la Chiesa è ancora presente nel mondo e noi che la conosciamo dall'interno sappiamo anche che è viva e vitale, forse proprio a causa delle crisi che ogni volta l'hanno rigenerata, perché l'hanno obbligata a tornare alle proprie motivazioni profonde, a rinnovare la fede nel Signore Gesù che l'ha fondata e le ha promesso l'assistenza dello Spirito fino al suo ritorno glorioso.
Consapevolezza della crisi attuale, dunque, ma nessun avvilimento. Il nostro stato d'animo deve essere piuttosto quello di chi capisce che occorre una adesione vera, motivata, al Vangelo. Oggi nessun cristiano può vivere di rendita. Deve, al contrario, avere una fede solida e ben formata se vuole resistere senza fanatismi o integralismi inopportuni, ma anche senza cedimenti, alla prospettiva laicista che continuamente gli viene proposta dal mondo in cui vive. Deve sapersi confrontare senza paura della verità della Rivelazione e degli eventi storici che l'hanno accompagnata ma insieme consapevole che questa verità non è un'arma con la quale distruggere gli avversari i quali, alla fine, sono fratelli nell'unico Padre. Sarà proprio questa serietà e serenità, questa maturità umana e spirituale, uno degli elementi che potranno fornire una testimonianza convincente anche a chi crede che i cristiani, e i cattolici in particolare, siano gli attardati della storia, coloro che non hanno voluto salire sul carro della modernità e della scienza, divenute le nuove e fagocitanti divinità.
Occorre subito dire che non è sempre facile mantenersi coerenti, perché la pressione al cambiamento è molto forte e perché spesso è facile prendere per cristianesimo la melassa che va per la maggiore. Credo che poche epoche come la nostra abbiano tanto parlato di amore, perdono, pace, solidarietà. Ma, al di là delle buone intenzioni di chi le proclama e che solo Dio può giudicare, in realtà si tratta di un guscio che al suo interno nasconde spesso un frutto bacato: che amore, che pace, che perdono sono quelli che accettano il partner solo fino a quando risponde ai loro bisogni, che non sanno far posto generosamente alla vita in tutte le sue manifestazioni, che antepongono sempre ad ogni altra cosa la realizzazione del proprio io? Questo "buonismo" non è cristianesimo autentico. Potremmo dire che è la traccia culturale che esso ha lasciato nel mondo occidentale, che tuttavia appare aver perso i suoi veri riferimenti. Ben diversa è la dinamica cristiana che non soffoca la persona ma, al contrario, la invita con l'aiuto di Dio, a raggiungere una libertà e un amore sempre più grandi. Per tutto questo occorre, però, munirci di quella che oggi viene chiamata una forte, precisa "identità" cristiana. Che cosa questo significhi lo diremo la prossima volta.

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«Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
(Mt 11 , 28-30).

IL TIMONE – N.41 – ANNO VII – Marzo 2005 pag. 56 – 57

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