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13.12.2024

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Non solo doveri
31 Gennaio 2014

Non solo doveri


Chi è ossessionato dall’ansia di rispettare un obbligo dopo l’altro, sul piano psicologico rischia la frustrazione e persino la nevrosi. La logica di comportamento che raggiunge il vertice morale è l’amore


Siete persone con uno spiccato senso morale, avvertite un forte senso del dovere e passate le vostre giornate a rispettare obblighi, imperativi, comandamenti, ecc.? Se vivete così, c’è qualcosa che non va. Anzi, siete a rischio di frustrazione e, in certi casi, di nevrosi.

Esistono doveri assoluti
Intendiamoci: i doveri, gli obblighi morali, i comandamenti ci sono e vanno osservati. In particolare, esistono dei doveri morali assoluti perché (come ho argomentato in G. Samek Lodovici, Azioni sempre malvagie, «il Timone», 68 [2007], pp. 32-33, reperibile anche su www.iltimone.org) esistono alcune azioni che sono sempre malvagie, in qualunque situazione, qualunque sia la conseguenza della loro omissione (ancorché chi le compie possa avere delle attenuanti, che ne attenuano la gravità). È il caso, per esempio, della schiavizzazione, dell’assassinio, della pedofilia (ma anche dell’aborto, della fecondazione artificiale, della clonazione, ecc.): qualunque sia l’effetto del loro compimento, nessuno deve mai compiere queste azioni. Per esempio, è sempre malvagio uccidere un uomo innocente e non combattente, anche se la sua uccisione fosse l’unica strada per salvare la vita di un milione di persone (per chi fosse interessato all’argomento, rimando all’articolo citato e a G. Samek Lodovici, L’utilità del bene. Jeremy Bentham, l’utilitarismo e il consequenzialismo, Vita e Pensiero 2010). Pertanto esistono dei doveri assoluti: quelliche appunto vietano le azioni sempre malvagie.

Propensioni e azioni
Ma esistono azioni che è sempre moralmente bene compiere, in qualsiasi momento, in qualsiasi circostanza? Esistono azioni che è sempre doveroso compiere?
Per tentare di rispondere bisogna anzitutto distinguere le azioni dagli atteggiamenti- propensioni. Un atteggiamento è una propensione a comportarsi in un certo modo, un modo abituale di agire e reagire. È una sorgente di azioni, ma non è un’azione. Ad esempio, un atteggiamento cortese è sorgente di azioni gentili, un atteggiamento accogliente è principio di azioni empatiche, un atteggiamento aggressivo è foriero di atti violenti, l’avidità è principio di azioni avide, ecc. Dal punto di vista etico, le propensioni possono essere virtù oppure vizi.
Ora, è vero che ci sono alcuni atteggiamenti- propensioni che sono forieri di azioni tendenzialmente buone. Ma, in primo luogo, non è detto che ogni azione che da loro promana sia effettivamente buona: durante una battaglia con un soldato nemico non è proprio il caso (purtroppo) di essere cortesi (questo non significa che in guerra sia tutto moralmente lecito).
In secondo luogo, propriamente parlando, la moralità è una proprietà delle azioni, non degli atteggiamenti- propensioni e delle virtù: ciò che è dotato di qualità morale – propriamente parlando – è l’esercizio attivo della virtù, l’azione che essa promuove.

Non esistono azioni sempre doverose
Ciò detto, torniamo alla domanda precedente: esistono azioni sempre buone? Potrebbe sembrare che lo siano azioni come amare, soccorrere, curare e simili.
In realtà, però, ci sono dei momenti in cui è moralmente sbagliato persino compiere queste azioni, perché capita che in talune occasioni sia doveroso compierne altre. Ad esempio, erra moralmente un medico che cura un paziente quando dovrebbe invece salvare suo figlio che sta affogando in mare.
E anche amare gli altri, a volte, può essere cattivo. Non già perché ci sia qualcuno che non merita di essere amato: infatti, amare significa, principalmente, volere e cercare il bene dell’altro, e bisogna volere il bene a tutti gli esseri umani, in forza della loro dignità (anche se talvolta è molto difficile riuscirci, particolarmente quando si tratta di volere il bene di un nemico; peraltro, volere il bene di un nemico non significa desiderare il suo successo a nostre spese: significa anzitutto desiderare il suo bene morale, desiderare che sia buono, e significa soprattutto desiderare per lui la comunione con Dio). Ma a volte può essere cattivo persino compiere atti di amore verso gli altri perché ci sono dei momenti in cui (per esempio) bisogna fare altro, per esempio mangiare per autoconservarsi, per non morire di fame (e per poter così continuare ad amare).
E persino compiere atti di amore di Dio non è sempre una cosa moralmente buona. Infatti, ci sono momenti in cui non bisogna per nulla agire, bensì è doveroso dormire, dato che è un dovere morale autoconservarsi (a patto di non farlo compiendo atti malvagi: per esempio non devo uccidere nessuno per cibarmi del suo corpo, anche se stessi morendo di fame). È vero che l’azione di mettersi a dormire può essere fatta per amore di Dio e dunque può essa stessa essere un atto di amore di Dio, dato che Dio vuole la nostra autoconservazione; ma, poi, dormire non è più agire. E come non esistono azioni buone in ogni circostanza, similmente non bisogna pensare che ci siano doveri che incombono su di noi in ogni momento. Più precisamente, mentre è sempre un dovere omettere certe azioni, precisamente quelle che sono sempre malvagie (per esempio quelle menzionate all’inizio di questo articolo), per contro non è sempre un dovere compiere delle azioni, e inoltre ci sono diversi momenti della vita in cui compiamo azioni buone che tuttavia non sono doverose. Anzi, le azioni supremamente eccellenti dal punto di vista morale (per esempio offrirsi al posto di un ostaggio sequestrato per prenderne il posto e così farlo rilasciare, oppure dare la propria vita per gli altri) non sono doverose (quando padre Kolbe si offre di andare nel “bunker della fame” – dove sa che morirà appunto di fame – al posto di un padre di famiglia, fa una scelta di amore supremo, che non è un suo dovere morale compiere). Ma, anche senza fare questi esempi di azioni estreme, molte altre azioni sono buone e tuttavia non doverose: pensiamo a molti atti di amicizia, a molti atti di gentilezza, a molti atti di cura nei confronti degli altri. Ma anche camminare, ascoltare musica, divertirsi, leggere, eccetera, possono essere (più o meno spesso) azioni buone, pur essendo solo a volte (più o meno spesso) azioni doverose.

La santità non è doverismo
Nemmeno la santità è doverismo o perfezionismo: anche i santi si riposano, si svagano, e così via. È importante sottolinearlo, perché chi imbastisce la vita soltanto ed esclusivamente come una sequela di incessanti doveri, colui che vive a colpi di senso del dovere, che trascorre le sue giornate ossessionato dall’ansia di rispettare un obbligo dopo l’altro, sul piano psicologico rischia la frustrazione e finanche la nevrosi, come dicevamo all’inizio.

L’amore al vertice

Inoltre, la logica di comportamento che attinge veramente il vertice morale non è quella del dovere, bensì quella dell’amore. Per esempio, posso andare a lavorare per molti motivi e, sul piano etico, posso farlo per dovere (visto che a una certa età bisogna guadagnarsi da vivere e non bisogna comportarsi da parassiti approfittando di altri), oppure per amore (della mia famiglia, della società, di Dio). Se lavoro solo per dovere, è chiaro che o il mio lavoro è già di per sé interessante, oppure rischio, a lungo andare, di sentirmi interiormente frustrato. Viceversa, se lavoro per amore, da un lato compio anche il mio dovere, dall’altro però la motivazione che mi guida mi rende molto più lieve la fatica e talvolta me la rende persino gradita, perché tutto ciò che facciamo per amore ci costa meno, o addirittura, talvolta, ci risulta gioioso.
Anche nei riguardi di Dio, una sana vita morale (nonché una sana vita spirituale: ma qui non mi addentro) è quella governata dalla logica dell’amore di Dio e non dalla logica del dovere. Nella logica dell’amore si ama Dio e perciò non solo si rispettano i suoi comandamenti, ma si compiono diversi atti buoni anche se non sono comandati, atti che non sono doverosi, proprio per compiacerlo (del resto, Dio si compiace del nostro rispetto dei comandamenti perché trasgredendoli facciamo il nostro male, non certo il suo: ma sarebbe un lungo discorso…). È quello che fa un figlio che rispetta le regole del padre non già perché le regole in quanto tali vadano seguite, bensì per affetto nei confronti del padre.
D’altra parte, in ultima analisi, il cuore dell’etica cristiana e dell’etica filosofica di ispirazione cristiana (per esempio, l’etica filosofica di Tommaso d’Aquino) è proprio l’amore: «amerai il Signore Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze e il prossimo tuo come te stesso» (Mc 12,30-31). Tutti i comandamenti derivano dall’amore, come esemplifica anche S. Paolo, relativamente ai comandamenti che tutelano il prossimo: «il precetto: non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: amerai il prossimo tuo come te stesso. L`amore non fa nessun male al prossimo» (Rm 1, 13,8-10).


Per saperne di più…

Giacomo Samek Lodovici, La felicità del bene. Una rilettura di Tommaso d’Aquino, Vita e Pensiero, 2002, pp. 3-24, 89-125, 159-183.
Giacomo Samek Lodovici, L’emozione del bene. Alcune idee sulla virtù, Vita e Pensiero, 2010, pp. 110-146, 151-176.
Servais Pinckaers, Le fonti della morale cristiana. Metodo, contenuto, storia, Ares, 1992.
Servais Pinckaers, La Via della Felicità. Alla riscoperta del Discorso della Montagna, Ares, 1997.

IL TIMONE N. 119 – ANNO XV – Gennaio 2013 – pag. 30 – 31

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