Il Timone n. 65 – anno 2007 –
I BENEDETTINI E L’EUROPA
San Benedetto da Norcia (ca 480 – ca 580), fondò un ordine religioso che nel giro di alcuni secoli si sparse per tutto il continente riempiendolo di monasteri, consolidando in tal modo quelle radici cristiane che la cultura laicista vorrebbe dimenticare. Naturalmente, i soli dati statistici non possono rendere che una pallida giustizia dei grandi risultati conseguiti dai benedettini, ma giova ricordare che all’inizio del Trecento l’ordine aveva procurato alla Chiesa ventiquattro papi, duecento cardinali, settemila arcivescovi, quindicimila vescovi e millecinquecento santi canonizzati. All’apice del suo splendore, l’ordine benedettino poteva vantare trentasettemila monasteri. Sul finire del Trecento nell’ordine erano entrati una ventina di imperatori, dieci imperatrici, quarantasette re e cinque regine. In altre parole: un gran numero dei più potenti uomini d’Europa aveva deciso di abbracciare l’umile vita e il regime spirituale dell’ordine benedettino.
VALDO
Valdo (ca 1140 -ca 1217) diede origine a quella comunità nota con il nome di Valdesi, differenziatasi dalla Chiesa di Roma in molti punti della dottrina cristiana, non ultimo il Primato del romano Pontefice. Prima di separarsi da Roma, ed essere scomunicato da papa Lucio III nel 1184, lo stesso Valdo prestò giuramento in un sinodo tenuto a Lione tra il 1179 e il 1181, dinanzi al cardinale Enrico di Marcy, vescovo di Albano, rappresentante del Papa. Come formula del giuramento probabilmente si usò quella che successivamente Durando de Osca o Huesca, un valdese ritornato alla Chiesa cattolica nel 1207, mise per iscritto in una lettera del 1208 all’arcivescovo di Tarragona, ove si legge: «Con il cuore crediamo e con la bocca confessiamo una sola chiesa, non di eretici, ma la santa romana cattolica e apostolica, al di fuori della quale noi crediamo che nessuno si salva». Come è noto, Valdo non si attenne a ciò che aveva giurato.
GEOVA E IL FÜHRER
I testimoni di Geova accusano la Chiesa cattolica e le comunità ecclesiali cristiane di essersi compromesse con il nazismo, mentre loro avrebbero mantenuto una fiera opposizione. Se migliaia di loro pagarono con la vita l’oppressione nazionalsocialista, non così si può dire di tutti i loro capi. I quali, il 25 giugno 1933 radunarono cinquemila seguaci a Berlino per leggere una Dichiarazione da diffondere poi in tutta la Germania. Vi si leggeva: «Invece di schierarci contro i princìpi sostenuti dal governo tedesco, noi prendiamo decisamente parte a loro favore e sottolineiamo che Geova Dio mediante Gesù Cristo farà sì che tali principi giungano a completa realizzazione». La notizia è tratta dal bel libro Emporio cattolico (Sugarco), scritto da Vittorio Messori.
LA FIGLIA DI STALIN
La figlia di Stalin si è convertita alla fede cristiana ed è entrata nella Chiesa cattolica a Londra, il 2 dicembre 1972. Svetlana Alleluieva, nata nel 1926, ebbe una esistenza funestata da lutti e tragedie, a cominciare dal suicidio della madre, seconda moglie di Stalin, quando Svetlana aveva sei anni. Anche per questo, la sua testimonianza è ancora più efficace sulla natura dell’ideologia comunista e la qualità della vita dell’Unione Sovietica, che abbandonò nel 1967 chiedendo asilo politico in Occidente. Alcune sue parole sono una vera e propria professione apologetica: «La fe-de cattolica romana è la grande speranza del mondo intero perché abbraccia tutti i paesi, tutti i popoli, tutte le razze e tutte le nazioni. Il nostro grande Viaceslav Ivanov (che adoro) [si tratta di un celebre poeta russo anch’egli convertito al cattolicesimo, battezzato a Roma il 17 marzo 1926, ndr] ha mostrato la sua saggezza quando si è unito al cattolicesimo romano». La lettera è del 21 luglio 1987 ed è riportata nel bel libro di Antoine Wenger, La persecuzione dei cattolici in Russia 19201960. Gli uomini, i processi, lo sterminio. Dagli archivi del KGB, San Paolo, 1999.
MARTIRE PER LA FEDE
Si chiamava Stepan Erojan e il suo nome non ricorda nulla a nessuno in Occidente o in Russia, dove è stato assassinato, se non forse nella comunità armena, alla quale apparteneva. Questo è un motivo in più per ricordare questo sacerdote cattolico, di rito armeno, nato nel 1897 nel governatorato di Tbilisi, ordinato nel 1921, quando la Rivoluzione bolscevica era agli inizi e le popolazioni di quella che sarà l’Urss non avevano ancora assaporato la pienezza della repressione. Esercitò il suo ministero presso la chiesa cattolica della città nativa, ma nel 1929, il 26 novembre, viene arrestato e condannato a dieci anni di campo di concentramento. Viene internato nel tristemente celebre monastero trasformato in gulag, nelle isole Solovki, dalle quali ha preso il nome. Qui, nonostante fosse detenuto da sette anni, prima subì un nuovo arresto, e poi fu condannato alla pena capitale, sentenza eseguita il 3 novembre dello stesso anno. Ricordiamolo almeno noi, dando un volto al suo martirio, accanto a quello dei tanti confessori della fede ricordati da Irina Osipova, Se il mondo vi odia… Martiri per la fede nel regime sovietico (La casa di Matriona, 1997).
IL TIMONE – N.65 – ANNO – Luglio/Agosto 2007 pag. 25