15.12.2024

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Non tutti sanno che…
31 Gennaio 2014

Non tutti sanno che…

 

Il Timone n. 101 – anno 2011 –


 

“INDIFFERENTI”… COME GLI ANGELI

Nelle sue celebri conferenze spirituali, san Vincenzo de’ Paoli (1581-1660) spronava le suore Figlie della Carità, da lui fondate, ad esercitare una virtù di primo acchito “atipica”, ma senza la quale sarebbe stato impossibile tenere in vita la Compagnia: l’indifferenza. Con ciò, il santo intendeva la totale disponibilità a compiere la volontà di Dio, ordinata dai superiori, talora in modo militaresco, come si usava ai suoi tempi, senza discutere. Una Figlia della Carità “indifferente” è come un angelo, sempre pronta a fare ciò che Dio vuole. «E la somiglianza agli angeli – diceva san Vincenzo – sta nell’essere contenta degli uffici bassi quanto degli alti; nel far la volontà di Dio in qualsiasi maniera; nell’andare dall’uomo buono o dal cattivo». Proprio come gli angeli, che ovunque, in paradiso e fuori, sono sempre pronti a fare ciò che Dio vuole. Si legga il bel libro di Giovanni Burdese, San Vincenzo de’ Paoli e le figlie della Carità nelle conferenze spirituali (Jaca Book, 2010).


IL PRIMO DEGLI APOSTOLI

Il più antico degli apologisti di cui si ha notizia è san “Quadrato”, del quale ci parla il principale storico del cristianesimo primitivo, Eusebio, vescovo di Cesarea, all’inizio del IV secolo, nella sua celebre Storia ecclesiastica (basata su documenti originari, allora ancora in gran parte esistenti). Scrive: «Dopo Traiano ricevette l’impero Elio Adriano (dal 117 al 138, ndr). A questo monarca, Quadrato indirizzò e consegnò un discorso che egli aveva composto in difesa della nostra religione, perché gente malevola aveva cercato di recare molestia ai nostri. Questo libro si trova ancora presso molti dei fratelli e l’abbiamo pure noi». Citando letteralmente lo scritto di Quadrato – che Eusebio possedeva – lo storico di Cesarea ricorda che uno dei temi utilizzati a prova della verità del cristianesimo era dato dal fatto che molti di quelli che Gesù aveva guarito o risuscitato da morte furono visti da molti, vissero anche dopo la morte di Cristo e alcuni testimoni – sosteneva Quadrato – ai suoi tempi erano ancora vivi. Traiamo questa informazione dal bel libro di Vittorio Messori, Ipotesi su Maria. Fatti, indizi, enigmi (Ares, 2005).


VIRTÚ CARDINALI

Chi si preparava alla prima comunione studiando a memoria le domande/risposte del Catechismo di san Pio X – ma oggi dovrebbe essere lo stesso – apprendeva che le quattro virtù della prudenza, giustizia temperanza e fortezza si chiamano “cardinali”. Forse non tutti sanno che il termine “cardinale” deriva dal latino cardo, cardinis, il cardine della porta, sul quale la porta – appunto – si regge. Ed effettivamente, su quelle quattro virtù, come su dei cardini, poggia e si svolge tutta la vita morale e umana.


PROFUMO SOAVE
San Giuseppe da Copertino (1603-1663) aveva, tra molti altri, il dono soprannaturale del “profumo soave”, attestato da diversi testimoni. Tutti coloro ai quali il santo passava vicino sentivano quell’odore che durava anche quando egli si era già allontanato. La sua camera ne era impregnata, e tale odore si attaccava ai mobili e penetrava nei corridoi del convento. Era un profumo così penetrante che si comunicava per lungo tempo a coloro che toccavano il santo. Il P. Francesco da Levanto conservò quell’odore per 15 giorni dopo che aveva fatto visita nella sua cella. Questa cella conservò quel profumo per oltre 12 anni dopo che il santo non vi aveva più abitato. L’odore si attaccava talmente ai suoi vestiti che né il sapone né il bucato riuscivano a toglierlo e si comunicava anche agli indumenti sacri che egli indossava e agli armadi ove erano custoditi. Commenta A. Royo Marin nel suo Teologia della perfezione cristiana che Dio permette forse questo fenomeno come segno del “buon odore” delle virtù eroiche praticate da questi santi.

TENTAZIONI

Antonio Royo Marin (1913-2005), celebre predicatore spagnolo e teologo domenicano, autore del classico Teologia della perfezione cristiana, spiegava che di fronte alla tentazione la condotta di un cristiano si riassume in una sola parola: resistenza. Tale resistenza può essere “diretta” o “indiretta”. È diretta quanto si affronta la tentazione superandola facendo esattamente il “contrario” di quello che la stessa ci suggerisce. Per esempio: ci fa parlar bene di una persona quando avremo una gran voglia di criticarla; ci spinge a fare un’abbondante elemosina quando l’avarizia ci suggerisce il contrario; ci fa prolungare la preghiera quando il nemico suggerisce di abbreviarla; ci dà il coraggio di manifestare in pubblico la nostra fede quando il rispetto umano ci dice il contrario. Ora, questa resistenza diretta è sempre consigliabile, a meno che non di tratti di tentazioni contro la fede o la purezza. La resistenza “indiretta” ci induce invece a fuggire la tentazione, rivolgendo la nostra attenzione altrove. È consigliata nelle prove contro la fede e la castità, dove non è consigliabile la lotta diretta, essendo troppo pericolosa. Meglio, allora, in questi casi, impegnare con serenità e calma la memoria e l’immaginazione con altri pensieri.

 

 

 


IL TIMONE N. 101 – ANNO XIII – Marzo 2011 – pag. 25

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