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12.12.2024

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Non tutti sanno che…
31 Gennaio 2014

Non tutti sanno che…

Il Timone n. 109 – anno 2012 –


CONSIGLI PER IL CIELO

La storica Cristina Siccardi, nota ai lettori del Timone, nel suo bel libro Giuseppe Cafasso. Un santo del Risorgimento (Paoline, 2011), ci ricorda che il grande santo (1811-1860) per tutta la vita pensò, insegnò e agì mantenendo fermi quattro punti: 1. fare ogni cosa come la farebbe nostro Signore; 2. farla in quel modo come vorremmo averla fatta, quando ne sarà domandato conto al tribunale di Dio; 3. come se fosse l’ultima della vita; 4. come se non se ne avesse un’altra da compiere. Non solo, ma per non perdere mai di vista la meta finale alla quale tutti siamo destinati, che è il Cielo, a ogni giorno della settimana il Cafasso aveva assegnato un fine speciale di santificazione: la domenica bisognava vivere di fede; il lunedì di speranza; il mercoledì di contrizione per i peccati; il giovedì di zelo per la conversione di un peccatore, per la salvezza di un moribondo e per la liberazione di un’anima del purgatorio; il venerdì per la contemplazione di fronte al Crocifisso e il sabato era consacrato alla Madonna. Consigli preziosissimi e alla portata di tutti…

FATIMA E LA RUSSIA

Come è noto, apparendo a Fatima nel 1917, la “Regina del Rosario” aveva chiesto la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato. Diversamente, quel Paese avrebbe sparso i suoi errori nel mondo, la Chiesa sarebbe stata perseguitata, il Santo Padre avrebbe sofferto molto. Non essendo stata ascoltata la celeste richiesta, tutto ciò, con il comunismo, si è puntualmente verificato. Rimediò il 25 marzo 1984 Giovanni Paolo II, consacrando a Roma il mondo intero al Cuore Immacolato. Pochi sanno che il giorno prima, a Mosca, il vescovo slovacco Pavel Hnilica (già ordinato clandestinamente, poi fuggito dalla persecuzione del regime comunista) riusciva a entrare nella ex-cattedrale del Cremlino e vi celebrava di nascosto la Messa, utilizzando poche gocce di vino portate in un tubetto e con l’ostia avvolta in un nylon. Lì, il vescovo ripeteva anche la stessa formula di consacrazione recitata poi dal Papa polacco a Roma. Di questo, e di molto altro, parla il bel libro di Giovanni Frassanito, Mariologia della storia (Secop Edizioni, 2010).

LODARE DIO

Dio, Creatore e Signore di tutte le cose, merita di essere lodato. San Tommaso d’Aquino, nella Somma Teologica, spiega che dobbiamo lodare il Signore non però come facciamo con gli uomini, che lodiamo o per incoraggiarli o per eccitare altri ad imitarli. Dio, invece, lo lodiamo per eccitare noi stessi a venerarlo con maggiore intensità. Quindi, non si loda Dio per suo vantaggio e profitto (nessuno può aggiungere qualcosa alla perfezione di Dio), ma lodandolo ne siamo avvantaggiati noi.

IMPERATORE BEATO

Il 1° aprile 1922 moriva in esilio l’ultimo sovrano dell’Impero Austro-ungarico, Carlo I d’Asburgo. Aveva solo 35 anni. Romana de Carli Szabados, nel suo Finis Austriae. La santità dell’ultimo imperatore (Fede & Cultura, 2011) narra che il giovane imperatore, ormai stremato e giunto alla fine dei suoi giorni, volendo ricevere la santa Comunione, esclamò: «Era qualcosa di straordinario oggi con la santa Comunione, allorché udii il Confiteor provai la sensazione come se il Redentore stesse vicino a me e dicesse. “Viene impartita la Comunione”. E poiché non volevo capire, ripeté: “Io voglio che tu ti comunichi, non c’è tempo da perdere, non esiste nessun impedimento”». Dovendo rispettare il digiuno eucaristico, nella notte rifiutò perfino di prendere una semplice aspirina, che avrebbe compromesso il suo anelito a ricevere il Corpo di Cristo. Al mattino del giorno stesso della morte, nel pieno di sofferenze e dolori, fu udito sussurrare: «Davvero è bene che esista la fiducia al cuore di Gesù. Altrimenti non si potrebbe sopportare il tutto». Così moriva questo grande e santo imperatore, beatificato da papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 2004.

DON CALABRIA


Secondo certi criteri umani, Giovanni Calabria (1873-1954), al di là di tanta buona volontà, non aveva i normali requisiti per farsi sacerdote: era povero economicamente e quindi impossibilitato a sostenere le spese degli studi e il pagamento della retta del seminario (e questo fatto pesava molto, ai suoi tempi); era timido, con tanti condizionamenti di carattere nell’affrontare persone e situazioni; aveva una salute precaria, sempre malaticcio e con fenomeni che potevano determinare l’interruzione del suo cammino verso il sacerdozio e, da ultimo, presentava difficoltà notevoli, praticamente una vera e propria difficoltà scolastica nel seguire i corsi normali sia di liceo che di teologia. Insomma, a vista umana, c’era poco da sperare. Ma “a vista di Dio” le cose stavano diversamente: Giovanni Calabria divenne sacerdote, visse all’insegna del motto «O santo o morto», compì opere straordinarie e fu proclamato santo nel 1999. Si legga il bel libretto di don Gino Gatto, Il cammino di santità di don Giovanni Calabria (Fede & Cultura, 2011).


IL TIMONE N. 109 – ANNO XIV – Gennaio 2012 – pag. 25

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