POTENZA DELL’EUCARESTIA
Quando san Giovanni Maria Vianney arrivò nel piccolo e sperduto paesello di Ars, nel febbraio del 1818, qualcuno gli disse con amarezza: «Qui non c’è più nulla da fare». Il santo rispose: «Dunque c’è tutto da fare». E cominciò così: si alzava alle due di notte e si metteva in preghiera nella chiesa tutta buia. Recitava l’Ufficio divino, faceva la meditazione, si preparava per la Messa, dopo la Messa faceva il ringraziamento, poi restava ancora in preghiera fino a mezzogiorno: sempre in ginocchio sul pavimento, senza appoggio, la corona del Rosario fra le mani, lo sguardo fisso al Tabernacolo. Fece “tutte queste cose” per un po’ di tempo. Ci pensò il buon Dio a mandargli così tante anime che la chiesetta non riusciva a contenerle e il confessionale del Curato d’Ars era costantemente affollato da file interminabili di penitenti. Il santo prete fu così costretto a confessare per dieci, quindici, diciotto ore al giorno! Questo è il frutto della potenza divina che irradia dall’Eucaristia, spiega P. Stefano Maria Manelli nell’ottimo libricino “Gesù Eucaristico Amore” (Casa Editrice Mariana, 2005).
ANIMA CREATA
Nella Somma teologica, san Tommaso spiega così perché l’anima spirituale deve essere stata creata: a) l’anima spirituale è una sostanza, e dunque deve necessariamente cominciare ad esistere. Deve essere “prodotta”; b) ma non può essere prodotta da una preesistente sostanza “materiale”, perché l’anima è superiore alla materia; c) nemmeno può essere prodotta da una preesistente sostanza “spirituale”, perché le sostanze spirituali non si trasmutano. Ne consegue che l’anima deve essere stata prodotta dal niente, cioè creata. E solo Dio può creare.
PECCATO MORTALE: ORRORE
Quanto è grave il peccato mortale? Nel suo Teologia della perfezione cristiana, Antonio Royo Marin (1913-2005) richiama alcune verità, purtroppo dimenticate. Il peccato mortale deve essere un male gravissimo, dal momento che Dio lo punisce con tanto rigore. Infatti, nonostante la sua infinita giustizia e la sua sconfinata misericordia, Dio, per un solo peccato mortale: a) mutò gli angeli ribelli in demoni ributtanti per l’eternità; b) cacciò dal paradiso Adamo ed Eva e sommerse l’umanità in un mare di lacrime, di malattie e di morte; c) destinò all’inferno per l’eternità coloro che sarebbero morti in peccato mortale; d) quando Gesù volle redimere l’uomo, si sottopose ai tormenti della passione. E non solo: il peccato mortale causa all’anima di chi lo commette: a) la perdita della grazia santificante, delle virtù infuse e dei doni dello Spirito Santo; b) la perdita della presenza della SS Trinità; c) la perdita di tutti i meriti acquistati prima di commetterlo; d) una bruttissima macchia che rende l’anima orribile; e) la schiavitù di satana, il rafforzamento delle cattive inclinazioni e i rimorsi della coscienza; f) la pena eterna dell’inferno, se non confessato. Chi oggi ci ricorda più queste verità?
MASSONERIA E FASCISMO
È cosa risaputa l’avversione del Fascismo per la Massoneria. Pare che Mussolini ce l’avesse a morte con le Logge perché, secondo alcuni, non tollerava poteri superiori al suo. Il Duce non credeva più di tanto al potere occulto che viene attribuito ai “fratelli” con il grembiulino. Un giorno – ricorda Rino Cammilleri nel suo I mostri della ragione /2 (Ares, 2005) – Mussolini fu sentito dire: «Sulla potenza della Massoneria e sulle sue famose occultissime propaggini io ho i miei riveriti dubbi: ha essa non dico impedito, ma soltanto saputo di un incontro che io ho avuto pochi giorni fa col cardinale Gasparri? Eppure questo incontro c’è stato!». Ce lo immaginiamo il Duce mentre gonfia il petto, sporge il mento, appoggia le mani ai fianchi e fissa con sguardo minaccioso chi stava ascoltando le sue parole. All’incontro, delicatissimo, da tenere dunque riservato, Mussolini s’era fatto accompagnare soltanto dal fedelissimo deputato Giacomo Acerbo. Solo che il Duce non sapeva, evidentemente, che Acerbo era massone.
IL TIMONE – Marzo 2014 (pag. 25)
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