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12.12.2024

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Opus Mariae Matris Ecclesiae
31 Gennaio 2014

Opus Mariae Matris Ecclesiae

 

 


La storia avventurosa di una realtà ecclesiale ancora piccola, ma vivace e promettente. Una fraternità sacerdotale fondata da don Pietro Cantoni, sacerdote e collaboratore del Timone

 

«La divina Provvidenza noi l’abbiamo sperimentata. Abbiamo creduto e conosciuto l’amore di Dio per noi non solo nella vita di tutti i giorni, quando ti accorgi che non sei stato tu a portare a termine un progetto o a riuscire a fare una cosa che andava oltre le tue forze, ma anche nella vita comunitaria, nella nostra Fraternità che la Madonna ha voluto e ci ha donato. Infatti, il 2 Luglio 2011 il nostro vescovo mons. Santucci ha eretto la nostra sezione distaccata del seminario diocesano. L’abbiamo intitolata al beato John Henry Newman, che ci sta a cuore per la nostra formazione teologica, spirituale e umana». Dietro a queste righe, prese da una lettera dello scorso dicembre agli amici della fraternità sacerdotale Opus Mariae Matris Ecclesiae, con sede a Filetto, suggestivo borgo medievale della Lunigiana, si nasconde un’avventura umana e ecclesiale che vale la pena di raccontare per sommi capi. Anche perché ha come protagonista un sacerdote e teologo ben noto ai lettori del Timone.
La storia inizia quando Pietro Cantoni – piacentino, classe 1950, già militante di Alleanza Cattolica, nonché fratello del fondatore della stessa associazione laicale – dopo essersi laureato in filosofia all’Università Cattolica entra nel 1975 nel seminario della Fraternità sacerdotale di San Pio X a Ecône, guidata da mons. Marcel Lefebvre. La cittadina della Svizzera francese era in quegli anni un approdo per diverse vocazioni maturate in seno ad Alleanza Cattolica, giovani che cercavano una formazione solida, fondata sulla Tradizione e al riparo dal caos post-conciliare. Ordinato sacerdote nel 1978, don Cantoni vive però in diretta anche l’irrigidirsi delle posizioni della Fraternità e il progressivo deterioramento dei rapporti con Roma, che porteranno alla clamorosa scomunica del 1988. Dopo un confronto diretto con Lefebvre, e dopo aver chiesto consiglio al cardinale Giuseppe Siri, nel 1982 don Cantoni lascia Ecône insieme a una decina di italiani. Il distacco da un fortilizio della fede come quello lefebvriano non è facile e in aiuto arriva un altro sacerdote con trascorsi in Alleanza Cattolica, incardinatosi nella diocesi di Massa Carrara-Pontremoli, don Ernesto Zucchini, che fa da tramite con l’ordinario locale, mons. Aldo Forzoni, il quale accoglie don Cantoni e i suoi con benevolenza. Molto meno benevolente è invece una parte del clero locale, che guarda con sospetto a quei “transfughi lefebvriani”, opponendo resistenza al loro sbarco in diocesi. Le critiche e i malumori arrivano alla Santa Sede che invia un delegato, mons. Andrea Pancrazio, a verificare la situazione. La visita apostolica si conclude con il consiglio dato al vescovo di allontanare i seminaristi “tradizionalisti”. Mons. Forzoni decide però di tenerli con sé, facendosi garante anche del loro progetto, quello di fondare una fraternità sacerdotale modellata su Ecône ma depurata dai tralignamenti teologici di quest’ultima. La protezione dura però poco, perché mons. Forzoni viene colpito da un ictus invalidante. Con la nomina del nuovo vescovo ausiliario con diritto di successione, mons. Bruno Tommasi, il clima peggiora. Viene impedita la costituzione dell’Opus Mariae. A nulla vale la nascita della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, che ha lo scopo di favorire il rientro in seno alla Chiesa dei lefebvriani e che si presenta più in generale come un punto di riferimento per i sacerdoti “tradizionalisti” o legati alla Messa in rito antico. Anche una lettera proveniente dalla Segreteria di Stato che per «venerato incarico », a nome cioè del Santo Padre, permette l’erezione della società apostolica non sortisce effetti. E a nulla vale anche la disponibilità di altri vescovi – mons. Casale a Foggia, mons. Piovanelli a Firenze – a ospitare la nuova fondazione: l’escardinazione di don Cantoni e dei suoi non viene permessa. Non solo, i membri del gruppo, mano a mano che vengono ordinati, vengono spostati e tenuti in parrocchie distanti, ostacolando quel sodalizio e quella vita in comune che stanno alla base del progetto dell’Opus Mariae. Una dolorosa impasse, insomma, che richiede molta pazienza e molta fede, e che si risolve solo dopo alcuni anni con l’arrivo di un nuovo vescovo, mons. Eugenio Binini, che prende le redini della diocesi toscana nel 1991. Il vento cambia e nel 1993 l’Opus Mariae viene approvata come associazione privata di fedeli. Nel 1995 le viene assegnata una grande casa di proprietà della curia per farne un centro di spiritualità e cultura cristiana. Nel 2002 arriva il riconoscimento di associazione pubblica. Scrive Marco Invernizzi in una bella storia di Alleanza Cattolica pubblicato nel 2004 da Piemme: «Attraverso un lungo periodo di vicissitudini all’interno della diocesi, spesso considerati come un tentativo di infiltrazione nella Chiesa italiana delle tesi del vescovo scismatico, i seminaristi poi divenuti sacerdoti che si accostarono al gruppo uscito da Ecône dettero vita a una realtà composta da chierici dedicati alla nuova evangelizzazione».
Oggi l’Opus Mariae Matris Ecclesiae conta 8 sacerdoti e 6 seminaristi, in due case, una a Filetto e una a Carrara: una comunità ancora piccola, ma diventata una risorsa importante per l’apostolato in diocesi. La pastorale dell’Opus Mariae è indirizzata infatti ad intra, con la gestione di 14 parrocchie, e ad extra, con la lectio divina e soprattutto gli esercizi spirituali predicati 8 o 9 volte all’anno, con la possibilità per chi vuole parteciparvi di pernottare nella casa di Filetto. Così la cura delle anime tipica del parroco si sposa al lavoro culturale, con iniziative come quelle dello scorso autunno sulla figura del Beato Carlo d’Austria, o conferenze come quelle recenti sull’ermeneutica del Concilio, tema a cui don Cantoni ha dedicato anche il suo ultimo libro, Riforma nella continuità. Vaticano II e anticonciliarismo. La cura per la liturgia – il Novus Ordo Missae come la forma straordinaria del rito romano – e l’educazione alla liturgia – con catechesi mirate, lo studio della musica sacra – sono alimento della vita contemplativa. Con un filo che lega tra l’altro l’Opus Mariae all’eremo di Minucciano, in provincia di Lucca, i cui fondatori facevano parte del gruppo con origini in Alleanza Cattolica uscito da Ecône.
Ma è anche o soprattutto la formula della fraternità a porsi come un modello di vita sacerdotale in sintonia con la riforma avviata dall’ultimo concilio ecumenico: preti che svolgono indipendentemente il proprio lavoro pastorale, ma che vivono in comunità sostenendosi umanamente, aiutandosi a rimanere saldi nella vocazione e a vivere una vita di pietà intensa. In ultimo, come spiegava la lettera aperta citata in apertura, è arrivato anche il riconoscimento della casa di Filetto come sezione distaccata del seminario diocesano. Seminario diocesano che purtroppo è attualmente chiuso: gli unici due seminaristi di Massa Carrara-Pontremoli stanno compiendo la loro formazione a Pisa. Il prossimo 29 giugno, uno dei due verrà ordinato diacono, l’altro verrà ammesso agli ordini insieme a due seminaristi di Filetto. Forse un segno della Provvidenza, pensando a chi voleva impedire alla nuova fraternità di vedere la luce.

 

 

IL TIMONE n. 112 – Anno XIV – Aprile 2012 – pag. 30 – 31
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